Ciò che è accaduto il 31 marzo è noto a tutti e l’abbiamo ampiamente documentato in queste pagine. Ci preme, a questo punto della storia, oltre a ribadire la nostra totale solidarietà e vicinanza alle donne bersagliate da questa ripugnante invasione, fare qualche riflessione su questa vicenda. Perché ne siamo scossi? Perché ha suscitato tanta inquietudine? Beh, innanzitutto per l’aggressività dell’intrusione, un’entrata a gamba tesa dentro una discussione fatta di riflessioni su esperienze vissute e problemi da risolvere per dirigere il futuro verso una reale parità di genere. Poi perché ci sono parole, toni e immagini che arrivando con violenza inaspettata ci feriscono in profondità, violano la nostra anima, entrano nella nostra intimità e bollano la nostra pelle con tatuaggi difficilmente removibili: ci sentiamo come davanti a un cassetto rovistato e messo a soqquadro a nostra insaputa. Ma soprattutto ci ha turbato, e continua a turbarci, perché percepiamo l’eco del vuoto che contraddistingue chi tali gesti li compie, la totale assenza, o addirittura rimozione, di memoria della nostra storia, dei dolori che l’hanno attraversata (specialmente le atrocità del secolo scorso, che dovrebbero essere tuttora vivissime nel ricordo), del sacrificio di tanti uomini e donne che ha dato origine a nuove forme di convivenza, di relazione, di sentimenti umani.

Com’è possibile, ci chiediamo, che oggi, all’alba del terzo millennio, esistano ancora uomini che non siano in grado di elaborare l’umano che è nell’uomo, sprovvisti di quella cognizione del dolore che è propedeutica alla cultura della saggezza, fonte di vero sapere, come ha recentemente ben spiegato il filosofo Vito Mancuso? Siamo convinti, a maggior ragione ora, che questi interrogativi di fondo vadano affrontati con un confronto approfondito, finalmente libero da quelle scorciatoie e semplificazioni populiste che tanto male hanno fatto all’educazione e alla cultura di questi ultimi trent’anni. Da qui urge ripartire, dalla necessità di creare una controffensiva civile, culturale e comunitaria contro coloro che continuano a vedere la donna come un incombente pericolo, il simbolo di un nuovo modo di vivere la vita e di coltivare l’umano che è in noi, e che perciò, con inaudita volgarità, si ostinano ad attaccarla per umiliarla e violarne l’anima.

Non sottovalutiamo e non dimentichiamo: è questo il nostro augurio più grande in questi giorni di Pasqua.

Lucio Carraro
È nato a Mogliano Veneto il 3.6.1954. Ex insegnante, è stato Assessore alla Cultura, Pubblica Istruzione e Commercio del Comune di Mogliano Veneto. Scrittore, ha al suo attivo numerose pubblicazioni. Collabora con varie Associazioni culturali e sociali.

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