Era mio padre. E molti sicuramente ancora se lo ricordano, che girava in bici per la città o che partecipava, vestito nei modi più disparati, a vari eventi moglianesi: consiglio comunale, assemblee di quartiere, palio dei quartieri, carnevale in piazza o all’Ovest, scuola (in classe o nel “boschetto”).
Era arrivato nella città dei suoi genitori quando aveva 10 anni; aveva subito imparato l’italiano, si era stabilito nel quartiere Ovest, e aveva poi conosciuto Graziella. Era una persona umile: raramente l’ho sentito incensarsi per una delle tante cose che anche lui ha contribuito a realizzare attraverso le sue battaglie civili. Piuttosto continuava a prepararsi per poter aiutare anche lui, nel suo piccolo, a migliorare la vita della sua comunità.
Il suo habitat naturale era diventato il quartiere: ed era ovvio, perché è una delle migliori espressioni moglianesi di partecipazione attiva ma volontaria. Ed era ovvio anche perché lì si sentiva a casa e lì sapeva che poteva fungere da interlocutore privilegiato per portare più in alto le istanze dei cittadini. E’ stato consigliere indipendente nelle fila del PCI ma non ha mai compiuto il salto che avrebbe potuto fare, anche se glielo avevano chiesto: e, visto quello che è stato anche il panorama politico moglianese, chissà se non sarebbe potuto essere utile. Perché era una persona che aveva tre doti abbastanza rare: sapeva ascoltare, mediare le varie istanze ma anche decidere.
Era un insegnante di Educazione Tecnica: per mantenere un certo equilibrio nella sua vita aveva deciso di rimanere a lavorare a Casale, dopo essere stato trasferito lì dalle ex scuole Rossi; la distanza prospettica, almeno nel lavoro, gli consentiva di focalizzarsi maggiormente su Mogliano quando ce n’era bisogno.
Ho ricordi nitidi del telefono di casa che squilla spesso e del campanello che suona, delle moltissime persone che lo fermavano per strada per parlare delle più svariate tematiche, delle innumerevoli riunioni in quartiere, al CRCS, in comune, a scuola o nei vari gruppi di volontariato di cui faceva parte.
Aveva un innato senso del dovere: se faceva qualcosa, doveva portarlo sino in fondo e non poteva mollare a nessun costo: avevo 8 anni, mio fratello 3, ed eravamo in vacanza in Puglia, e lui ha preso il treno ed è tornato a Mogliano per partecipare ad un Consiglio Comunale dove si sarebbe approvato il Piano Regolatore, e poi è tornato da noi. E poi ricordo le battaglie sulla chiusura del passaggio a livello dell’Ovest e sulla realizzazione del sottopassaggio, solo pedonale, di via Roma, per cui ha ricevuto moltissime critiche e, solo dopo, plausi; la farmacia, da lui e dal quartiere voluta ad ogni costo, e le poste… Ne esistevano solo due a Mogliano, e la terza l’hanno posizionata all’Ovest.
Di lui mi ricordo le feste in quartiere, vestito da cowboy, o piuttosto il vestito da paggio bianco e azzurro con il quale era solito sfilare al Palio per portare il gonfalone dei quartieri. Ricordo quando è stato persino accompagnatore della squadra di calcio del CRCS Ovest-Ghetto e del suo impegno anche in quella associazione, dalla Pedalata Ecologia alla Festa d’Estate a moltissimo altro. Ricordo quel viaggio in Croazia, a Lipovljani, con l’allora Sindaco Bottacin, per inaugurare il pozzo artesiano donato dalla città di Mogliano a quella piccola cittadina croata appena uscita da una terribile guerra civile. E gli incontri della Rete Radiè Resch, della solidarietà verso il suo continente di nascita, che non ha mai dimenticato.
E mi ricordo che “attaccava bottone anche col palo”, come eravamo soliti dire a casa: parlava con tutti, era estroverso e piacevole da ascoltare. Grandissimo appassionato di montagna, spesso si recava con gli Amici della Montagna a fare varie ferrate la domenica, partendo all’alba; o andava a sciare di fondo perché, diceva, lì rispetto alla discesa “bisogna farsi il ‘fondo’ sul serio”. Anche la bicicletta era una sua grande amica: chilometri e chilometri avanti e indietro, spesso vicino alla laguna ma, più in generale, ovunque valesse la pena andare. Non parlerò del papà più privato, ma non era molto diverso da quello che ho descritto. Uomo sobrio, agli hotel e agli agi preferiva il campeggio e le tende, era felice di ciò che aveva e non si è mai lamentato di non avere qualcosa.
Non sopportava le ingiustizie: era molto pacato, ma quando percepiva la sopraffazione o l’inganno non riusciva a trattenersi. Il suo senso di giustizia non gli permetteva di scendere a compromessi su questo.
L’abbiamo salutato molti anni fa; l’unica cosa che so per certo è che il suo ricordo continua a vivere in noi, i suoi amici e i suoi colleghi.
Perché, alla fine, sarai ricordato per la persona che eri e per ciò che hai fatto, ed evidentemente papà era una persona buona, onesta e corretta, che ha lasciato un segno profondo negli ambiti che più amava: la famiglia, la scuola e la sua comunità.