Nel sagrato della chiesa una Mogliano stratificata si guarda, si saluta e si riconosce in Luciano.
Luciano Laconi, il caro Lucky per tutti, ci ha lasciato in punta di piedi. Dopo un anno di sofferenza, di alti e bassi, la malattia ha vinto lasciando Anna, la moglie, e tutti noi senza fiato.
Durante il funerale, in chiesa e fuori, molti moglianesi si rincontrano e si salutano timidi perché Luciano è stato un collante per tante persone e tante occasioni. C’è il gruppo dei giovani degli anni ’70, come molti di quella generazione, che sognava la rivoluzione, ragazzi che adesso sono diventati posati pensionati, tutti turbati dalla scomparsa di Luciano, uno di loro che già allora però si era distinto dalla diffusa, chiamiamola così, verbosa euforia adolescenziale.
Altra compagnia sono i musicisti, si avvicinano e si ricordano i concerti, l’onda rock attiva anche nel decennio successivo dove la musica, forse consolatoria, sostituisce la passione politica. A Luciano piaceva, fino all’ultimo concerto di Eric Clapton, l’anno scorso. Ma c’erano per Luky anche la fotografia, la montagna, la storia…
E poi i tanti amici che sempre gli hanno riconosciuto quella tranquillità e quella solidità propria di una persona su cui puoi sempre contare, una persona che non si mette mai in mostra, che fa un lavoro serio e se ne assume le pesanti responsabilità, che partecipa alla vita pubblica, sociale, culturale, con curiosità e passione. Ma queste cose le sanno tutti quelli che lo hanno conosciuto e lo sa soprattutto Anna.
Osservo sul sagrato il figlio Andrea, la somiglianza è impressionante, e mi hanno detto che anche il nipotino Giovanni ha lo stesso ovale e il sorriso di Luciano.
La Mogliano gentile ti saluta.