Pompilio Domeneghetti era nato il 12 settembre 1894 a Villamarzana in provincia di Rovigo, terra dei primi oppositori al fascismo, che con Matteotti furono un esempio di lotta nel rodigino contro le rappresaglie del nascente squadrismo nero, sostenuto dai latifondisti della bassa padovana che si macchieranno di gravi delitti.
Macchinista delle ferrovie dello stato, partecipò alla Prima Guerra mondiale nei reparti del genio ferrovieri. Nel 1921 aderì alla nascita del Partito Comunista Italiano. Con l’affermarsi del regime fascista questa fede gli costerà cara, e come molti altri antifascisti verrà licenziato dalle ferrovie.
Ciò nonostante, in pieno periodo della clandestinità, la sua azione militante non si fermerà, ma anzi darà vita nel 1935 a Mogliano Veneto alla prima cellula del Partito Comunista.
Quando le sorti della guerra volsero al peggio, in seguito all’arresto del duce nel luglio del 1943, Domeneghetti fu tra i primi ad organizzare la Resistenza. Come ebbe modo di ricordare Stelio Cocconcelli, Pompilio Domeneghetti partecipò attivamente all’attività della brigata partigiana “Negrin”, che operava nei comuni a sud di Treviso e il cui nucleo più importante era costituito da moglianesi.
La presenza in zona di reparti tedeschi rese particolarmente rischiosa l’attività dei partigiani. A seguito di una precisa denuncia di una spia fascista, una pattuglia delle “SS tedesche” si recò nella sua abitazione per arrestarlo. La moglie, sempre vigile, accortasi dell’arrivo della camionetta tedesca stracciò in fretta l’elenco nominativo dei partigiani e riuscì a gettarlo nella fognatura. In quel preciso istante entrarono in casa i tedeschi, ma non vi trovarono il Domeneghetti. Allora, nonostante accorate suppliche, presero in ostaggio la figlia Leda, con la minaccia di non rivederla più se il Domeneghetti non si fosse consegnato spontaneamente al comando tedesco.
Consapevole del pericolo, senza alcuna esitazione, d’accordo con la moglie, Pompilio Domeneghetti si presentò ai tedeschi per ottenere la liberazione della figlia.
Così il 30 aprile del 1944 fu imprigionato nelle carceri giudiziarie di Santa Maria Maggiore a Venezia e vi rimase fino al 27 luglio del 1944.
In quei tre mesi di detenzione fu sottoposto a continue torture e minacce di morte da parte delle “SS tedesche”, nella speranza di ottenere preziose informazioni sulla consistenza della brigata “Negrin”, dei suoi comandanti e delle azioni di sabotaggio.
Non riuscendo ad ottenere alcuna informazione, fu caricato su un carro merci e inviato al campo di concentramento di Mauthausen.
Nel periodo di prigionia in Germania, essendo macchinista abilitato a condurre caldaie a vapore, fu utilizzato per questa sua competenza, riuscendo così a salvarsi la vita.
Nel giugno del 1945, tornò a Mogliano al seguito della Croce Rossa. Ripresosi dal lungo periodo di prigionia, ritornò al suo lavoro di macchinista e ad occuparsi di politica nelle file del partito comunista di Mogliano Veneto, ricoprendo anche la carica di Assessore ai lavori pubblici.
Morì il 26 gennaio del 1965 e fu sepolto con rito civile.
Per molti anni la sezione del PCI di Mogliano Veneto fu intitolata al suo nome.