La pandemia, purtroppo, non ci ha ancora lasciato, ma cominciamo a vedere la luce in fondo al tunnel. L’approssimarsi dell’estate e la campagna vaccinale in atto, ci danno speranza di potere presto riaprire le sale e rincontrare il nostro pubblico. Ma non possiamo far finta che niente sia cambiato.
Forse, non tutto quello che è accaduto in questi mesi va buttato. Il mondo sta cambiando e non dobbiamo sottrarci ai cambiamenti del mondo. Finalmente la presenza potrà tornare, ma questo non dovrà spingerci a rinunciare ai vantaggi e alle possibilità che il digitale ci ha dischiuso…
Il teatro presto tornerà nelle nostre vite. La comunità si potrà ritrovare. Ma quegli strani spazi sospesi regno della virtualità, unica dimensione possibile di confronto nei mesi che ci siamo lasciati alle spalle (ci riferiamo – naturalmente – agli spazi digitali), forse potrebbero continuare ad esistere, in dialogo con lo spettacolo dal vivo, come spazi di risonanza, di approfondimento, di reinvenzione e dilatazione, di ricerca del nuovo. Spazi di una nuova libertà tutta da esplorare, non per negare la presenza, ma per evocarla e rileggerla sotto nuove angolazioni. Spazi di grande libertà che ci consentiranno, speriamo, anche di allargare la nostra comunità.
Il teatro tornerà, gradualmente, ad essere un luogo di contatto, di fisicità, di persone vive in carne e ossa, ma il teatro, come tutte le arti, non potrà più trascurare l’evolversi della tecnologia, le straordinarie evoluzioni nelle tecniche del linguaggio. Citando Benjamin: “A un certo punto il clavicembalo è diventato pianoforte” …
Il digitale, l’informatica, l’innovazione tecnologica, se ben usata, potrà aprire nuovi orizzonti di espressione e creatività che certamente non riusciranno mai a sostituire la poetica fragilità dell’attore vivo in scena, ma potranno farci allungare lo sguardo e offrirci nuovi stimoli per comprendere questo nostro mondo e immaginarne un altro, possibilmente “nuovo” e migliore.
È necessario quindi attrezzarsi per questo viaggio, abituarsi a questa nuova forma di navigazione per arrivare con serenità a nuovi approdi.
Il Teatro Busan sta facendo investimenti sul versante della digitalizzazione dotando il teatro di attrezzature che permetteranno di ridefinire il modello di fruizione degli spettacoli teatrali, rendendo possibile una veloce virtualizzazione, produzioni snelle e fruibili sia in contesti di presenza tradizionale di pubblico che in modalità digitale.
Il Teatro Busan intende sviluppare l’utilizzo di scenografie virtuali in tempo reale. Si tratta di un’innovativa tecnica di costruzione di una scenografia che abbiamo studiato e sviluppato in collaborazione con 4 DODO, un gruppo di lavoro di creativi e specialisti nell’ambito della programmazione informatica.
Assieme alla 4 DODO durante il primo lockdown ho vissuto, la straordinaria avventura di realizzare un video di un mio testo, “La Figlia di Shylock”, prodotto dal Teatro Stabile del Veneto, (140.000 visualizzazioni!) interamente realizzato “a distanza”. All’interno di un ambiente scenografico digitale tridimensionale abbiamo inserito un’attrice ripresa “a distanza” autonomamente grazie ad un sistema e un’infrastruttura di remote production che permetteva la gestione in tempo reale delle riprese e delle inquadrature da remoto.
Sempre durante questa pandemia ho curato la regia in diretta streaming dell’opera “Rigoletto”, al Teatro Mario del Monaco di Treviso, utilizzando una scenografia interamente virtuale. Ma mi sono anche divertito a girare un video del mio testo “Ludwig van” interamente ambientato in un teatro (il Teatro Verdi di Padova) completamente vuoto…
Questo tempo così difficile mi ha insegnato che bisogna reagire. Essere audaci. Mettersi in gioco. Scoprire nuovi strumenti per continuare a creare. Ho capito che il digitale ci offre infinite possibilità. Tuttavia, dobbiamo stare attenti. Le sofisticate soluzioni digitali non devono farci dimenticare che l’emozione è, e deve restare, “l’effetto speciale” per eccellenza.
Le moderne tecnologie aiutano a realizzare “fantasie virtuali”. Ma la tecnologia è pur sempre uno strumento, un attrezzo, un materiale modellabile come il legno, la stoffa, il colore, che non avrebbe alcun senso e ragion d’essere senza la mano d’un artista a muoverla.
Il computer è l’ultimo, in fatto di tempo, di questi nuovi ‘attrezzi’ ad aver visto le sue potenzialità messe al servizio della rappresentazione scenica. Grazie al computer non solo un artista musicale è in grado di riprodurre un’intera orchestra, o dieci orchestre e mille altri suoni, voci, rumori una volta irriproducibili, ma può addirittura crearne di nuovi, inimmaginabili fino a prima dell’era elettronica.
Così, grazie al computer, anche l’artista visivo adesso ha nelle proprie mani infiniti materiali ed infiniti colori per ricreare ciò che il suo immaginario contempla. Si possono quindi ricreare tutte quelle immagini che prima si disegnavano con carta, legno tela e pennelli oppure ciò che si poteva immortalare solo mediante la fotografia tradizionale, avendo ovviamente la necessaria sensibilità per catturare in un momento ciò che lo sguardo attraversa rapido, spesso senza discriminazioni.
Grazie alla grafica tridimensionale ed il computer è possibile ricreare interi mondi reali e fantastici in cui gli attori si possono immergere per fondersi ancora di più nella loro nuova identità.
La computer-grafica è l’ultima frontiera delle tecnologie scenografiche ed è diventata ormai fondamentale anche nella produzione cinematografia. Eppure, nonostante renda praticamente illimitate le possibilità creative, questo non significa che renda il complesso processo creativo più semplice o più rapido da attuare.
Nella maggior parte dei casi, infatti, è esattamente l’opposto. La creazione digitale richiede oltre ad una estesa creatività nelle forme, nei colori, nei concetti, nell’applicazione ed addirittura rielaborazione ed ideazione delle tecniche elettroniche, anche e soprattutto una grande quantità di capacità tecniche ad alto livello e di una buona dose di pazienza nonché “tempo” per metterle in pratica…
Il tempo… Il tempo della nuova tecnologia apparentemente “veloce”, a volte, sembra sfidare il tempo della “lenta” artigianale manualità…
A volte, mi piace pensare che sperimentare la scenografia virtuale può farci tornare la nostalgia di illuminare una scena completamente vuota con un semplice lampadario pendente… o con una piccola ribalta composta (perché no?) di lumi ad olio o con semplici candele accese…