La libertà finalmente riconquistata nell’aprile del 1945, acquistò un pieno significato solamente nella primavera successiva, quando agli italiani vennero riconsegnate anche le chiavi della “scelta”. Il 2 e 3 giugno 1946 a Mogliano Veneto si recarono a votare ben 8125 elettori su 9004 aventi diritto (il 90,25%). Si trattò, come era logico attendersi, di una partecipazione di massa, in linea con quanto avvenne a livello nazionale: su 28 milioni di aventi diritto, gli elettori furono quasi 25 milioni. Dopo vent’anni di fascismo e cinque di guerra i cittadini tornarono ad esercitare quel diritto che non era stato formalmente negato, bensì “violentato” dal partito unico e da forme di elezioni plebiscitarie che ben poco avevano a spartire con la democrazia. E, per la prima volta, le donne diventarono a pieno titolo “cittadine” e acquisirono, in quel momento almeno per il voto, la parità.
Intanto in quelle due giornate gli italiani vennero chiamati a scegliere tra la Monarchia e la Repubblica: tra una istituzione largamente compromessa con il regime fascista, ma comunque rassicurante per buona parte del Paese, e una forma di Stato completamente diversa e che appariva ancora come un oggetto sconosciuto. La vittoria della Repubblica, che oggi sembra scontata, non lo fu affatto nei numeri: 2 milioni di voti di differenza (54% a 46%) e 1,5 milioni di schede non valide tra bianche e nulle. A Mogliano l’affermazione della Repubblica fu invece molto netta: 5305 voti contro 2185 (71% a 29%), ben superiore anche alla media della provincia di Treviso (61% a 39%).
Diversi rispetto al livello nazionale, e soprattutto a quello provinciale, furono a Mogliano anche i risultati per l’elezione dell’Assemblea Costituente. Quattro moglianesi su dieci votarono per la Democrazia Cristiana (3005 voti, 40% contro il 35% a livello nazionale e il 53% a livello provinciale). I socialisti del PSIUP raccolsero 1953 voti (26% contro il 21% a livello nazionale e provinciale), mentre il Partito Comunista 1483 voti (19,7% come a livello nazionale, ma ben oltre l’8% a livello provinciale). Quindi i tre grandi partiti di massa lasciarono alle altre liste (repubblicani, azionisti, liberali, cristiano-sociali) solamente le briciole: appena il 15%, poco più di un migliaio di voti. Uno scenario che ebbe a ripetersi due anni dopo, nelle elezioni del 18 aprile 1948, ma in quadro politico destrutturato dalla guerra fredda e fortemente ideologizzato. A Mogliano si confermò un’altissima partecipazione (91%) e ancora più evidente fu l’affermazione della Democrazia Cristiana (4431 voti, 52,3%). Socialisti e comunisti, che si presentarono assieme nel Fronte Democratico Popolare, non andarono oltre il 28,6% (2423 voti) e scontarono la scissione – la prima di tante altre nella storia della sinistra – dei socialdemocratici che registrarono un lusinghiero 13% (1098 voti). Tutte le altre liste (repubblicani, liberali e i neofascisti del Movimento Sociale Italiano) raccolsero, nella migliore delle ipotesi, un “uno virgola”.