“La scuola è una gran cosa, soprattutto se ti insegnano ad amare i capolavori del passato, però è un peccato che tu non li puoi vedere né toccare…”, non so perché, ma quando mi capita di ricordare Ivan Graziani, le prime parole che mi ritornano in mente sono queste, lui le cantava in uno dei suoi brani più celebri: “Monna Lisa”, brano pilota dell’Album: “Pigro” (1978). Quando l’ascoltai per la prima volta frequentavo la terza Media, ero in gita scolastica destinazione Trieste- Venezia e non avrei mai potuto pensare che un giorno a organizzare viaggi di istruzione sarei stato io, come insegnante, ma soprattutto, che prima ancora di fare l’insegnante avrei avuto l’opportunità di conoscere Ivan, oltre che come cantautore, come uomo e artista poliedrico ( era anche scrittore, pittore e disegnatore di fumetti).
Anche il nostro primo incontro, presso la sede regionale di Rai3 di Pescara, successivamente al Teatro: “Gerini” di Roma, dove stava provando nell’ormai lontano 1989 l’album “Ivangarage”, avvenne come se tra una chiacchierata e l’ altra, ci fosse in sottofondo “Monnalisa”, canzone tuttora proposta da molti artisti in bilico tra Cover e Tribute band, tra gli altri: il cantautore Mario Venuti (già fondatore del gruppo catanese i “Denovo”, ai quali Battiato era molto legato), Federico Poggipollini (poliedrico chitarrista dei Litfiba e poi di Luciano Ligabue), Danilo Sacco, celebre e storica voce dei Nomadi del periodo post- Daolio.
Una cosa che va subito detta è che: se “Monna Lisa” è un brano riproposto spesso perché da un lato è un buon banco di prova per chiunque voglia misurarsi con il repertorio di Graziani per via delle sua inimitabile voce in falsetto, “ nebbiosa come un picco del Gran Sasso”, come diceva scherzosamente lui. Dall’ altro l’insistenza con cui viene riproposto risulta al tempo stesso un po’ riduttiva, rispetto a pezzi non meno validi del suo repertorio, (tra gli altri: “Lupi”, “Motocross”, “Palla di Gomma” e “Ugo L’ Italiano”, solo per citarne alcuni)
Ma Torniamo a “Monna Lisa”, in merito alla quale Ivan diceva spesso nelle interviste “L’ho scritta per esprimere l’invidia che provo dinanzi a chi è riuscito a creare un capolavoro, il capolavoro suscita desiderio di imitazione e l’imitazione è un po’ furto. Ecco io ho voluto celebrare con questo brano la bellezza che nessun artista riesce ad esprimere come vorrebbe, e magari proprio per questo la ruba”.
Una dichiarazione sicuramente spiazzante e autoironica, di quelle che di solito Graziani (noto come il Woody Allen del nostrano Rock& Roll) era solito fare, ma che aveva sempre qualcosa di più profondo, sicuramente riconducibile alla sua natura di “intellettuale prestato alla strada”, come amava definirsi non senza una punta di capzioso distacco.
Infatti: “Monna Lisa” si ispira ad un fatto realmente accaduto, il furto della Gioconda di Leonardo al Louvre, che vide protagonisti: Vincenzo Peruggia, imbianchino e maldestro mercante d’ arte, e un Gabriele D’ Annunzio, dal quale Graziani ( abruzzese DOC ) attingeva spesso a piene mani per scrivere i propri testi, in maniera decisamente coraggiosa, per un’ epoca in cui celebrarlo equivaleva a farsi processare , senza attenuanti di sorta (e chi ha vissuto il clima dei concerti negli anni ‘ 70- ’80 lo sa bene) come fascista.
Ma proviamo a ricostruire la più che possibile genesi della canzone, a partire da inizio- testo: “Sì Vorrei rubarla, vorrei rubare quello che mi apparteneva//Si vorrei rubarla e nasconderla in una cassa di patate. Il custode parigino / che spiava le bambine dell’asilo, ora ha la bocca piena di biglietti del museo!”.
Sono parole che rimandano alla già citata impresa del Peruggia, che nell’ Agosto del 1911 riuscì a sottrarre la Gioconda dal Louvre, cosa che indusse tra indagini e malintesi da un lato all’ arresto di Pablo Picasso e Guillaume Apollinaire, poi riconosciuti come estranei ai fatti, dall’altro all’ auotoaccusa del furto da parte di Gabriele D’Annunzio, che all’epoca era a Parigi in un momento di ribasso rispetto al modo “ supergettonato” con cui veniva considerato dai mass media .
L’ accusa ovviamente non poté essere provata e divenne un aneddoto leggendario, che non poteva non colpire a distanza di anni, la fantasia del nostro Graziani, che amava D’ Annunzio tanto da farne una caricatura in salsa misto- Trash nell’ omonimo brano: “ Gabriele ha il naso a tubo di stufa e le calze le cambia a Natale, lavarsi non serve, il maschio ne perde è la sua teoria…” (“Gabriele D’Annunzio”, da: “Pigro”, 1978).
Da questo punto di vista la sua canzone, anche al di là del successo commerciale che ha avuto ed ha tuttora, è una provocazione che, come già detto trae spunto da quella astutamente ingegnata da D’Annunzio, specie quando ascoltiamo parole come: “Di sotto stanno urlano certamente mi dicono di uscire// il Francese non lo afferro// per questo me ne sto ancora un poco qui a pensare// a pensare…”.
Il resto come sappiamo è storia, puntualmente revocata da varie Cover e Tribute band, che tendono però ad andare un po’ a rilento nel rilancio del repertorio dell’artista, se si pensa che quelle più “ avanti” hanno da poco scoperto: “ Fuoco sulla Collina” ( dall’ Album: “Agnese Dolce Agnese”, 1979), altro brano magistrale, dall’ impianto decisamente innovativo per l’ epoca in cui è stato scritto e che ben si presta a moderne rivisitazioni musicali di spessore.
Al di là di questo però tolto il figlio Filippo, che per più che comprensibili ragioni esegue il repertorio paterno, e un doppio CD uscito nel 2012 per la Sony Music, a cura delle giornalista Maria Laura Giulietti, poi anche in versione singola su l supplemento “XL” di Repubblica dello stesso (nel quale sono intervenuti con ottime interpretazioni tra gli altri i Marlene Kuntz, Angela Baraldi e Massimo, Zamboni, Simone Cristicchi , I Tre allegri ragazzi morti, band di Pordenone e molti altri artisti ), tutto sembrerebbe dimostrare che i tempi per un adeguato rilancio della musica di Graziani non sembrerebbero ancora maturi.
Per quel che posso ricordare di Ivan credo che sarebbe molto contento se venissero eseguite almeno due Cover del suo repertorio, dal vivo, una delle quali è sicuramente: “ Lontano dalla paura” ( nel CD eseguita da Zamboni e Baraldi) e “ Fango”, brano non ancora oggetto di interpretazioni di rilievo, per quanto ricco di atmosfere acide ed elettriche, un po’ alla Neil Young, e il confronto con il cantautore canadese è tutt’ altro che arbitrario, non tanto per la voce in falsetto e per l’ anima elettroacustica che entrambi hanno , ma perché entrambi hanno meravigliosamente metabolizzato agli esordi della loro carriera gli insegnamenti del Rocker Eddie Cochran.
Non meno interessante risulterebbe poi qualche rivisitazione in più del brano “Lontano dalla paura” (già colonna sonora del film: “Il grande ruggito” di Noel Marshall; 1981), perché il cucciolo braccato dai battitori, e il tema della caccia mi ricorda una cosa che spesso Ivan ripeteva: “il cucciolo è la parte migliore dell’ uomo, quella che non perde mai la curiosità di conoscere e di rischiare, anche al di là delle convenzioni che la società delle cosiddette persone cresciute ci impone!“.
Una riflessione che non può non risultare interessante nel suo anticonformismo, e non di meno per comprendere la coerenza di un cantautore, che un po’ per il suo temperamento da Outsider, un po’ perché non si è mai avvalso di nessun paravento ideologico, sosta purtroppo da troppo tempo nel limbo del dimenticatoio, rischiando di finire negli inferi dello stesso.