Il 2 agosto 1980 alla stazione centrale di Bologna esplode una bomba. Nell’attentato rimangono uccise 85 persone e oltre 200 rimangono ferite.
Il 23 novembre 1995 la sentenza definitiva della Corte di Cassazione condanna all’ergastolo, come esecutori dell’attentato, i neofascisti dei NAR Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro (che si sono sempre dichiarati innocenti, pur avendo apertamente rivendicato vari altri omicidi di quegli anni). Vengono condannati a 10 anni, per il depistaggio delle indagini, l’ex capo della loggia massonica “P2” Licio Gelli, l’ex agente del SISMI Francesco Pazienza e i due alti ufficiali Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte. Nel 2007 viene condannato a 30 anni per l’esecuzione della strage anche Luigi Ciavardini, condannato anche per l’omicidio del giudice Amato che indagava sui Nar.
Mambro e Fioravanti attualmente sono in libertà. Restano ignoti i mandanti della strage.
Nel novembre del 1974 Pier Paolo Pasolini scrive per il Corriere della sera un articolo in cui, riferendosi alla strage di piazza Fontana a Milano del 12 dicembre 1969 alla strage sul treno Italicus del 4 agosto 1974 e alla strage di piazza della Loggia a Brescia del 28 maggio 1974, denuncia le responsabilità politiche di questi attentati.
Un monito alla coscienza di tutti, valido ancora oggi.
”IO SO” è un monito contro l’indifferenza e il silenzio che ci rendono complici.
Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe” (e che in realtà è una serie di “golpe” istituitisi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974*.
Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di “golpe”, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti.
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Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l’aiuto della Cia (e in second’ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il ’68, e in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del “referendum”.
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista).
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Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere.
Il nome di Maria Fresu
E il nome di Maria Fresu
continua a scoppiare
all’ora dei pranzi
in ogni casseruola
in ogni pentola
in ogni boccone
in ogni
rutto – scoppiato e disseminato –
in milioni di
dimenticanze, di comi, bburp.
Andrea Zanzotto ricorda con questa poesia Maria Fresu, l’unica vittima di cui non venne ritrovato il corpo perché disintegrato.