Sono trascorsi otto anni – e decine di altre tragedie del mare – dall’ecatombe del 3 ottobre 2013 di fronte alle coste di Lampedusa, quando 368 migranti persero la vita a causa dell’incendio scatenatosi sul ponte del barcone che li avrebbe dovuti trasportare verso la speranza di un futuro migliore. Per non dimenticare quella strage è utile rileggere la bellissima poesia che Alda Merini scrisse nel 2008, un anno prima della morte, in occasione dell’inaugurazione della Porta d’Europa, il monumento dell’artista Mimmo Paladino. Una poesia, “Una volta sognai”, dedicata a Lampedusa, e a ciò che rappresenta, ovvero la porta dell’Europa verso il Sud del mondo. Ma il paradosso è che dietro quella porta l’Europa non c’è. Non c’è nemmeno l’Italia con le sue leggi sbagliate, la sua commozione a intermittenza. Dietro quella porta ci sono solo gli abitanti di Lampedusa che soccorrono i vivi e contano i morti. Davanti a quella porta ci sono i corpi inghiottiti dal mare che giacciono nella fossa comune del Mediterraneo.
Una volta sognai
di essere una tartaruga gigante
con scheletro d’avorio
che trascinava bimbi e piccini e alghe
e rifiuti e fiori
e tutti si aggrappavano a me,
sulla mia scorza dura.
Ero una tartaruga che barcollava
sotto il peso dell’amore
molto lenta a capire
e svelta a benedire.
Così, figli miei,
una volta vi hanno buttato nell’acqua
e voi vi siete aggrappati al mio guscio
e io vi ho portati in salvo
perché questa testuggine marina
è la terra
che vi salva
dalla morte dell’acqua.