Quando ragioniamo sul tema AMBIENTE E SALUTE entriamo in pieno nel concetto fondamentale di PREVENZIONE delle malattie.
“Prevenire è meglio che curare” è diventata una frase che tutti ripetono come un luogo comune o uno slogan, sul quale non varrebbe la pena di soffermarsi più di tanto. Invece il significato profondo di questa frase è fondamentale e, se il concetto che esprime fosse applicato con rigore, molti dei malanni che ci affliggono potrebbero essere evitati, compreso quello epocale che sconvolge il mondo da un paio di anni. Infatti, siamo ormai tutti coscienti che la pandemia da coronavirus, che ci sta perseguitando con varie ondate, non è nata come flagello improvviso e inaspettato: era stata ampiamente prevista, perché non mancavano certo i segnali, tutti legati appunto al degrado ambientale. Non si può asserire che tutto sia scoppiato solo per l’imprudenza o il dolo di una parte ben individuata, la Cina, mentre il resto del mondo avrebbe solo innocentemente subito, perché chi aveva individuato i pericolosi fattori di degrado ben descritti, già nel 2012, da David Quammen nel libro “Spillover”, prevedeva che il “salto di specie” dei virus poteva succedere in qualsiasi parte del mondo.
Ecco, allora, che il concetto di prevenzione interroga le autorità politiche e sanitarie, quelle che hanno (dovrebbero avere) la responsabilità della tutela della salute pubblica e che, invece, nel caso della pandemia da Covid-19, si sono dimostrate impreparate a prevedere e ad arginare un’emergenza per la quale c’erano tutti i segnali.
Parlando di degrado ambientale e di responsabilità dei decisori politici in campo sanitario abbiamo inquadrato alcuni concetti della PREVENZIONE PRIMARIA, che si occupa dell’individuazione dei fattori dannosi per la salute, per eliminarli prima che si instauri la malattia. Diversa dalla PREVENZIONE SECONDARIA, che invece tende a individuare nella popolazione i segni precoci della malattia già in atto, per poterla curare con più efficacia.
La prevenzione primaria assegna una grande importanza alla qualità dell’aria, dell’acqua potabile e degli alimenti, ma anche alla qualità dei nostri comportamenti individuali come, per esempio, se fumiamo o assumiamo troppi cibi grassi, zuccheri ecc.
Nelle nostre zone l’attenzione principale deve andare all’aria che respiriamo e all’acqua che esce dai rubinetti, senza per questo dimenticare l’importanza degli altri aspetti che, del resto, sono tutti collegati. L’aria: è ormai assodato come la Pianura Padana sia la zona più inquinata d’Europa dalle polveri sottili, per cui l’Italia ha ricevuto ripetute condanne dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. L’acqua: il disastroso inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), estremamente dannose per la salute, ha rovinato per sempre una delle falde sotterranee di acqua potabile più estese al mondo, sotto le province di Vicenza, Padova e Verona, avvelenando decine di migliaia di persone, anche qui con un esecrabile ritardo di intervento da parte delle autorità preposte.
Come si può pensare, in un contesto simile, di aggiungere nuove fonti inquinanti, costruendo mega inceneritori? È ormai certificato che non esistono inceneritori puliti, anche se vengono chiamati “termovalorizzatori di nuova generazione”, i filtri lasciano passare le polveri ultrasottili, quelle più pericolose perché riescono a entrare nel sangue attraverso i polmoni, veicolando nel corpo veleni di ogni tipo, PFAS compresi. La combustione dei rifiuti non può essere una soluzione, tanto meno qui nella Pianura Padana.