“Ah che due Maroni quest’ Italia, io ci ho fame amico mio una gran fame di contrade e sentieroni, di ferrate, di binari, di laghetti, di frontiere e di autostrade ok…” Sono forse queste le parole migliori, tratte dal capitolo “Autobhan” di: “Altri libertini” per potere definire un album che ha le caratteristiche di un vero e proprio viaggio in cui parole e musica si alternano cariche di rimandi e significati, al fine di mescolarsi alchemicamente, con esiti che vanno oltre il senso della semplice ispirazione da un testo letterario e della sua inevitabile e più o meno originale rinvenzione.
Tutto questo accade perché la full immersion degli “Emily” e, non di meno del cantante Nicola Pulvirenti è stata metabolizzata attraverso una sublimazione progressiva del materiale in prosa, che nella trasposizione in versi condensa e rielabora in modo non meno energico ed evocativo la carica umana e artistica presente nel testo tondelliano. Il risultato è quello di scomporre in tanti tasselli dei contenuti che trasformano il vissuto artistico dello scrittore in una prospettiva policroma e al tempo stesso distopica.
Dall’ odiosamata “Rez” ( Reggio Emilia) che si estende nota dopo nota sino all’ America, all’ Oriente e all’ Europa del Nord e mitteleuropea in senso lato, quello che si percepisce nel disco è una specie di girotondo psichedelico che sembra a tratti rimandare ai deserti di Borrougs, ai sotterranei di Kerouac e, non di meno alla apocalittica e misticheggiante città di Mahagonny di brechtiana memoria, ben più nota al grande pubblico per le celebrazioni che a suo tempo ne hanno i Doors[1] e David Bowie[2]
A partire dalla già citata: “Autobhan”, dove la musica in bilico tra corali refrain beatlesiani alterna la ritmica dura e graffiante degli strumenti, facendo galleggiare parole cariche di tensione visionaria:
Fuggo da una vita che mi vuole inseguire// cerco un autogrill dove poterla lasciare //vomito speranze di un minuto di sole resto nella gabbia /&e cerco l’aria del mare Ah! Non ho mondi da salvare! // ma cazzate da ingoiare per ora…// Che importa? Che m’importa? Quando la speranza è morta // Seguo le curve di una vita storta che non sa più se riesce o se vuole svegliarsi. // Odori da investire sull’Autobahn… // Amori da inventare sull’Autobahn… Parole da ingannare sull’Autobahn…. Cerco il mio odore lo troverò tra mille e più chilometri o forse mi fingo l’immagine
https://youtu.be/mi4ui0qLBKA?list=OLAK5uy_lex1VLQkIYZcBwxcVgj_ZqDL5vgFltyMY
Dall’ immaginazione si passa poi alle coloriture garbate e a tratti raccapriccianti del brano “ Del Lavoro” dove i suoni martellanti si metaforizzano tra il grigio sporco delle vita quotidiana ed un permanente desiderio di fuga, che è già nostalgia e solitudine: “Fare zuppa nel fango per dar gusto al pane// Ed un mese di affanno Ogni tre settimane// Ogni sogno è blando Portami via Portami via da qui // Mi ripagherò con la nostalgia // Portami via da qui Sciolti i ricordi di un uomo in fiamme Fantasie sconvenienti Occhi sul cassetto”. Il desiderio di viaggi e assenze si evolve trai martellamenti di basso e batteria e i sinuosi addentellati della chitarra elettrica in “Posto ristoro” “Tiro giù i santi e spero per riportare i conti a zero//. Nero come un momento vero, sporco di merda ed ero. // Tiro giù i santi e spero per riportare i conti a zero. // Disciolti nel vapore di questa pianura tra tasche e cuore// , un vuoto che non rassicura. La testa e la speranza sotto tiro e quando la tua favola è un respiro
Si prosegue su una falsariga più o meno analoga con il brano: “Emily Sporting Club” caratterizzato da vere e proprie evaporazioni esistenziali, dal sapore inequivocabilmente “etilico”. Sino alla sequenza di oggetti descritti in bilico tra il crepuscolare ed il trash malinconico di “Hangover” dove i battiti in levare e sincopati della musica fanno scivolare ricordi di amori dolorosi e surreali: “Tra una birra evaporata e due mele scure passavamo le serate tra spaghetti e mandolini// Ritrovando nella cena pure tre calzini // Dormivamo da fachiri su lattine messe male Un lenzuolo mai cambiato che si poteva pettinare// Poi dormire sotto un’auto dopo un’epica bevuta// O smarrire in mezzo a un prato una gioia da fumare Seminavo il cuore a spaglio in ogni volto nuovo germinavano le voglie.
https://youtu.be/tvfKSireyB0?list=OLAK5uy_lex1VLQkIYZcBwxcVgj_ZqDL5vgFltyMY
Il viaggio procede con i “Piedi inversi” tra “Boy” e date di intimistica memoria come in “2 Mars”, sino alla lucida, consapevole ed umoristica disperazione di “Più di così non se ne può”, brano che sembra sottindere in filigrana una delle riflessioni finali del romanzo di Tondelli: “Cercatevi il vostro odore eppoi ci saran fortune e buoni fulmini sulla strada. Non avrà importanza alcuna se sarà di sabbia del deserto o di montagne rocciose, fossanche dell’incenso giù nell’ india o quello un po’ più forte tibetano o nepalese…. Forza è ora di partire, forza tutti insieme incontro all’avventuraaa !!!”. E non si può dire certo che gli Emily Sporting Club abbiano per il momento voglia di fermarsi.
[1] “ Alabama Song” Wisky Bar) dall’ Albun: “ The Doors”, Elektra, 1967;
[2] Bertolth Brecht’s Baal, RCA, 1982.