È il momento che la politica, anche quella locale, cominci a battere qualche colpo d’ala con una visione al futuro non mortificato dall’eterna prossima scadenza elettorale. Non è il caso di spendersi in proiezioni mirabolanti da romanzetto fantascientifico, dove le auto sono sostituite magari da strani oggetti volanti come insetti, tanto per dire una cosa strampalata. Ma ci sono alcuni cardini che bisogna rinserrare. A Mogliano un privato eleva un palazzo, affacciato sul Terraglio, con una parvenza timida ma volenterosa: pallida imitazione del bosco verticale alla Boeri. Vabbè: il viale del Terraglio, un tempo stupendo, nella fantasia di qualcuno dovrebbe ancora rappresentare un boulevard, ma intanto stanno sparendo via via i platani secolari e pare non esista un serio programma di ripiantumazione su tutto l’asse. Sorgono invece i distributori di benzina e si intensificano le operazioni commerciali che porteranno a percorrerlo non delle romantiche carrozze, ma vetture in coda e altri camion (vedi ennesima struttura commerciale nell’ex area Nigi). Diceva bene Zanzotto: abbiamo costruito un hotel sull’abisso. La tanto decantata campagna veneta intorno è prossima dall’essere sfregiata con l’installazione di superbi impianti di fotovoltaico su terreno agricolo; l’ultimo esempio è quello tracciato – Dio ce ne scampi – tra via Bianchi e via Cavalleggeri, in corso di approvazione, e che prevede una copertura di ben 9 ettari: per capirci 9 ettari sono poco meno di 13 campi di calcio da serie A, tutti vicini. E se qualcuno si prende la briga di andare su Google si renderà conto di quante allettanti proposte vengono fatte ai proprietari di terreno agricolo, per sostituire magari le banali pannocchie o la soia con nuovi e redditizi impianti solari: insomma “coltivando” degli innocui pannelli fotovoltaici che, tra l’altro, inquinano quasi niente. Qui si rischia di diventare schizofrenici: perché anche gli ambientalisti seri (non quelli che dicono sempre no per partito preso) sono contrari alla proliferazione senza regole di queste installazioni? Ma siamo pazzi? E dove va la transizione ecologica, senza i pannelli solari? E il clima avvelenato dalle centrali che vanno a carbone? Bisogna fare chiarezza: le trasformazioni comportano sempre un prezzo, ma è necessario calcolare prima, senza paraocchi ideologici, le convenienze in termini non solo reddituali. Come si dice: il diavolo si nasconde nei dettagli. E conta anche la qualità della vita, di cui il paesaggio è indice, specie nel Veneto mummificato dal cemento. Nel caso dei pannelli solari su aree agricole: non è forse più logico pensare a ricoprire i tetti dei capannoni? Secondo un calcolo abbastanza attendibile di Confartigianato Veneto, realizzato in collaborazione con la Regione e con l’università Iuav, più o meno nel Veneto c’è un capannone ogni 54 abitanti. Non male. Per capirci, oltre quarantunomila ettari coperti. E i capannoni dismessi in regione sono ben 11mila (fonte Sole 24ore economia del 10 marzo 2019). Ma installare i pannelli fotovoltaici su tali strutture è certo meno profittevole che invadere la terra sana. Gli imprenditori fanno gli imprenditori, mica i moralizzatori e il loro mestiere è di calcolare innanzitutto il vantaggio economico. Qui sta il punto: dovrebbe soccorrere la legge, a indirizzare l’economia, cioè dovrebbe provvedervi la politica. Ma ancora una volta il Veneto gioca la propria partita in ritardo: non ha ancora approvato il progetto di legge n.97 del 2021 (già affossato per sospetta incostituzionalità il precedente progetto n.41 del 25 marzo 2021) che porrebbe un freno alla devastazione. Il Comune di Mogliano Veneto, dalla sua, non ha ancora individuato le aree ufficialmente ritenute inidonee agli impianti. La sovrintendenza ha armi limitate di competenza. Dunque in questi buchi normativi si infiltrano le allettanti proposte, quasi inarrestabili, di convertire campi agricoli in campi solari fotovoltaici.
In attesa di qualche normativa più stringente e riparatoria, che urge sollecitare, occorre fare comunque quel che si può. Se si vuole davvero affrontare la transizione ecologica, perché allora non valutare in sede di realizzazione, a partire dalle opere pubbliche, quelle idonee a ospitare i pannelli? Si pensi ai parcheggi: utili pensiline frangisole potrebbero essere integrate con applicazione dei fotovoltaici, come già avviene, per altro in alcuni centri commerciali. Per esempio, tanto per essere propositivi: sul parcheggio dietro il cimitero o, ultimo nato, nel parcheggio tra via Roma e via Selve. Si chiede dunque che la politica non sia soltanto un contenitore colabrodo delle istanze della società civile, ma divenga un motore di indirizzo per progettare il futuro delle nostre città, nella necessaria riconversione. Nel frattempo i cittadini interessati e le associazioni sono parte attiva per tentare di frenare, con dispendio di mezzi propri, ciò che la politica non ha la forza o l’iniziativa di coordinare tempestivamente. Così le iniziative e la petizione delle Mamme Zero Consumo Suolo su change. org, sostenuta anche da Coldiretti, col titolo Stop fotovoltaico su suolo agricolo. Lanciata nell’aprile scorso, ha già consegnato in Regione 24.000 firme ed è ripresa. Così i 3500 disegni dei bambini. È una battaglia civile di molti contadini che, a onor del vero, non trova riscontro nella posizione di altri, specie latifondisti, i quali invece si schierano a favore dei nuovi impianti. Come sempre è questione di interessi e la politica dovrebbe dirimerli con saggezza. A noi preme sottolineare il sincero atteggiamento dei primi che elargiscono tanta profusione di amore sincero per la propria Regione e la sua ricchezza immateriale: anch’esse meritano di essere coltivate con cura.