Gli scioperi della fame sono fra le prime azioni che ci vengono in mente pensando alle battaglie nonviolente. Dalle suffragette a Gandhi, da Bobby Sands a Marco Pannella, lo sciopero della fame è stato intrapreso da moltissimi attivisti disposti a lottare delle volte fino alla morte per la causa in cui credevano. Le testimonianze del passato mostrano che questi scioperi hanno buone probabilità di portare a proteste e mobilitazioni di massa. Un esempio è proprio il caso estremo di Bobby Sands: la sua morte nel 1981 (dopo 66 giorni di sciopero della fame contro il governo britannico) diede un forte impulso al movimento nazionalista irlandese.
Negli ultimi anni, lo sciopero della fame sta venendo intrapreso anche da un gran numero di attivisti climatici, pure in Italia. Qui riporto i casi più significativi, che sfortunatamente hanno avuto scarsa risonanza mediatica.
Nel settembre 2020 Daniele Quattrocchi, un padre di 54 anni, ha sostenuto uno sciopero della fame di 16 giorni. Chiedeva al comune di Bologna la dichiarazione di emergenza climatica ed ecologica, la diffusione di questa nel sito comunale, la modifica dello statuto comunale in modo da rendere possibili delle assemblee cittadine deliberative e infine la sospensione di tre progetti particolarmente impattanti per il territorio. Tutte le richieste tranne quest’ultima sono state accettate e realizzate.
Nel novembre 2021 Guillermo Fernandez, svizzero di 47 anni, ha iniziato uno sciopero della fame per chiedere che il parlamento svizzero venisse istruito da un gruppo di esperti sul tema della crisi climatica. Guillermo sin dall’inizio si era detto “disposto a morire per il futuro dei propri figli”. Fortunatamente, dopo ben 39 giorni di sciopero, il parlamento accolse la sua richiesta.
Lo scorso gennaio, Ruggero Reina, 27 anni, ha scioperato per chiedere alla regione Piemonte un consiglio regionale straordinario e aperto per affrontare il tema della crisi climatica e il piano di decarbonizzazione della Regione. Sono serviti 8 giorni perché la sua richiesta venisse accolta.
Poche settimane fa Beatrice (28 anni), Laura (27 anni) e Peter (35 anni) hanno fatto uno sciopero della fame per chiedere un incontro pubblico con i ministri Cingolani, Giorgetti, Patuanelli, Carfagna e Orlando (dei dicasteri più strettamente legati alla crisi climatica) dove discutere delle azioni che il governo dovrebbe intraprendere affinché quella attuale non sia “l’ultima generazione di italiani” e dove proporre l’istituzione di assemblee di cittadini per il clima. All’undicesimo giorno gli scioperanti hanno accettato la proposta di un incontro pubblico solo con il ministro Cingolani, ed hanno quindi interrotto lo sciopero. Questo incontro sarà mercoledì 2 marzo alle ore 18 (invitiamo, chi può, a seguirlo!).
Dunque, da un lato è impossibile non riconoscere la potenza di questa strategia nonviolenta per richiedere azioni urgenti alle istituzioni; dall’altro dobbiamo osservare che tramite gli scioperi della fame è possibile portare avanti solo richieste molto circoscritte e facilmente realizzabili, e non si hanno garanzie che chi è al potere onori gli accordi raggiunti.
Personalmente apprezzo molto queste iniziative, prima di tutto perché gli scioperanti, facendo sacrifici così grandi, danno visibilità e sottolineano l’urgenza della causa per cui lottano. Tuttavia, questo sacrificio non sarà vanificato solamente se ad essi si uniranno altre centinaia, migliaia di persone a far sentire la propria voce con altrettanta determinazione.