Non è facile ragionare, in questi tempi di guerra, di problemi nazionali e locali. Ma ci proviamo, consapevoli che un nuovo mondo non può che germinare da una nuova consapevolezza delle comunità territoriali.
Prendendo a prestito l’esclamazione di un famoso sassofonista, potremmo dire che la crisi della politica in Italia (intesa come eclissi dei partiti in rappresentanza degli interessi pubblici dei cittadini) “it’s a long, long story”. Si manifesta con il crollo del Muro di Berlino e Mani Pulite nei primi anni ’90 (ma i prodromi si potevano cogliere già lungo tutto il Novecento) e da allora non si è più ripresa, dando vita a formazioni ancor più stressate dall’individualismo e dal leaderismo. Possiamo far risalire a quegli anni anche la nascita delle liste civiche, la risposta che gruppi di cittadini organizzati hanno dato a livello locale e regionale per tentare di inaugurare un nuovo modo di amministrare i territori e di colmare il corrosivo vuoto politico che ancora ci caratterizza.
Di fronte a questo scenario che dura ormai da più di trent’anni mi permetto tre brevi considerazioni.
Primo. Sono convinto che la necessaria riconfigurazione della politica in Italia sia ancora bloccata dal distacco che si è creato fra le classi dirigenti e le popolazioni, alimentato da linguaggi spareggiati. Ciò che tuttora manca è quell’empatia politica che sola può favorire il senso di appartenenza. Come riconquistarla? La fase storica in cui siamo entrati, quella della transizione ecologica, è una ghiotta occasione che tuttavia potrebbe andar sprecata se non ci si impegna a ristabilire un dialogo ravvicinato e strutturato con le varie realtà del Paese.
Secondo. In questo contesto, le Liste Civiche potrebbero giocare un ruolo ancor più determinante nel futuro, quale effettiva cerniera di collegamento fra il centro e la base, per una reale trasformazione della qualità della vita nei nostri territori. Ho usato il condizionale perché non è detto che ciò avvenga, perché troppo spesso diverse Liste Civiche in questi anni hanno agito come un surrogato delle formazioni politiche stesse, minate da medesimi contrasti interni, ambizioni e interessi di parte, assenza di una vera vision di valori e prospettive condivisi.
Terzo. Perché ciò avvenga, a parer mio, è necessario che le varie espressioni civiche intraprendano una nuova strada. Unitaria. Anche a Mogliano. Che sappiano cioè far sintesi di tutte quelle realtà associative che oggi costituiscono il vero serbatoio di contenuti per una nuova politica. Mi riferisco, ad esempio, a Libera (per combattere l’espansione di tutte le mafie, le cui infiltrazioni ben conosciamo anche nella nostra regione) a Legambiente (presidio per la salvezza del nostro ambiente: pensate a Legambiente Piavenire, di Maserada, che da anni conduce una lotta ostinata contro i predoni del sacro fiume Piave; o, in sede locale, al Comitato per la rigenerazione delle ex cave di Marocco in parco della Biodiversità) a Slow Food (quarant’anni di impegno a livello mondiale per la difesa della biodiversità e la trasformazione del sistema industriale agroalimentare) a Emergency (e alle tante altre associazioni che portano servizi vitali per le popolazioni sofferenti nelle aree depauperate del pianeta) alle associazioni del volontariato e della Protezione Civile (le uniche che stanno prodigandosi per ridisegnare un nuovo stato sociale), alle associazioni culturali (che ci ricordano che il mondo non cambierà mai senza la bellezza e la poesia) e a quelle della solidarietà (come non ricordare cosa ha fatto e sta facendo la Caritas moglianese per tanta gente umiliata dalle difficoltà, o le strutture che si occupano delle ragazze e dei ragazzi disabili) alle associazioni, anche imprenditoriali, che sostengono un progetto di economia civile come nuovo e possibile modello di sviluppo e di lavoro per il futuro dei nostri giovani. E poi tante, tantissime altre.
Ecco, il mio augurio (e saluto) è che a Mogliano possa iniziare un serio confronto su questi temi e saperi sostanziali fra le varie liste civiche che rappresentano una parte consistente della popolazione, superando i particolarismi e diventando il referente unico di un manifesto politico-amministrativo capace di riavvicinare i cittadini alla progettazione e alla gestione della cosa pubblica, coinvolgendo in primis i nostri giovani strenuamente impegnati per dare un orizzonte al loro domani. Sarebbe, io penso, un bene per tutti. Per fortificare il ruolo delle liste civiche, l’originaria funzione degli stessi partiti, la vitalità della cittadinanza attiva, mettendo finalmente da parte le frasi fatte o le trovate per qualche voto in più.