Indimenticabile la grande mostra monografica retrospettiva di tutta la sua carriera, nel 2019, a Venezia, alla Giudecca, nella “Casa dei Tre Oci”.
Ha fotografato il male. Ha fotografato la violenza del potere, il dolore, l’ingiustizia, la corruzione ha dato volto e parola ad una popolazione a cui è stata tolta la voce. Letizia Battaglia con le sue foto in un lancinante bianco e nero scuote le coscienze, spinge ad uscire dalla connivenza e dall’indifferenza. Testimone del suo tempo.
“Combattete per qualcosa” è l’invito che Letizia Battaglia rivolge alle donne.
Nata a Palermo nel 1935, nei primi anni Settanta inizia a fotografare per il quotidiano “L’Ora” e documenta con i suoi scatti i delitti di mafia. “L’odore del sangue non mi ha più abbandonata”. È lei a documentare con le sue immagini, per prima, la scena del delitto di Piersanti Mattarella, ucciso dalla mafia il 6 gennaio del 1980. Unica donna.
Non solo fotografa di mafia. Racconta la “sua” Palermo da cui si allontana più volte per ritornarvi poi definitivamente, in un complesso rapporto di amore e odio. Splendore e miseria di una città di cui descrive i quartieri, le strade, gli sguardi di bambine e donne. “Non fotografo quasi mai gli uomini (non mi vengono bene) fotografo le donne, questo sì, anche perché in loro ritrovo me stessa”.
È stata la prima donna europea insignita a New York del Premio “Eugene Smith”.
Cofondatrice nel 1979 del centro di documentazione “Giuseppe Impastato” è stata consigliera comunale per i Verdi, assessora comunale con la giunta Orlando, deputata all’assemblea regionale siciliana.
Dirige dalla fondazione la rivista bimestrale realizzata da donne, “Mezzocielo”, insieme a Simona Mafai «un giornale rivolto a tutti, ma pensato e realizzato da donne» con un gruppo di altre donne importanti per la vita della città.