Treviso è una città cinta da mura già in epoca romana. Gli attuali quattro chilometri delle mura sono manufatti costruiti, ampliati e modificati nel corso dei secoli. Tra il XV e il XVI secolo, la Serenissima amplia e potenzia le fortificazioni esistenti. Viene costruito un terrapieno ricoperto all’esterno da un massiccio muro di mattoni. La cinta muraria viene attorniata da un largo fossato alimentato dai fiumi Sile e Botteniga. Vengono demolite tutte le case per un miglio attorno alla città e per non intralciare i movimenti dei mezzi militari, vengono abbattuti tutti gli edifici lungo il perimetro interno delle mura. In caso di assedio, le opere idrauliche realizzate consentono di allagare la campagna circostante. Così, la Urbs Picta di Treviso diventa una fortezza veneziana, al suo interno ricca di acqua e provvista di mulini, orti e un porto fluviale.
Questa, nonostante il drammatico bombardamento americano del 7 aprile 1944, è la Treviso che in parte possiamo ancora vedere.
Tuttavia, esiste anche un’altra Treviso. L’esistenza di una Treviso sotterranea era solo una ipotesi fondata su racconti e leggende. Oggi è una realtà sostenuta da documenti e reperti paleoveneti, romani e medievali, nonché cunicoli, cantine, cisterne, antiche discariche e tombe.
Scrive Giorgio Garatti, “Treviso, già alla fine del 1100, aveva la sua cinta muraria a forma rotonda ed il suo Castel Vecchio, e in epoca scaligera (1332-1338) contava 15 porte, ciascuna delle quali compresa fra due torri. Porte e torri erano unite tra loro per via sotterranea e collegate alle sedi delle guarnigioni e ai palazzi dei nobili. … la Casa del Comune comunicava attraverso un corridoio sotterraneo al palazzo dei Trecento”.
Il 21 aprile 2022, ore 20.30, al Collegio Astori, lo speleologo e ricercatore storico Roberto Stocco ci guiderà in un affascinate e misterioso viaggio nella storia delle mura di Treviso e dei relativi ambienti sotterranei superstiti. Ad organizzare l’incontro sono il Gruppo Ricerca Storica Astori e l’Associazione Culturale Mojan, da sempre attivi nel recupero della storia locale.
Anche nella tradizione popolare moglianese si parla dell’esistenza di gallerie tra l’abbazia ed i confini dell’antico centro abitato, del quale sappiamo poco o nulla.
L’occasione per studiare l’argomento era la tanto discussa area ex MACEVIS, che prima dell’intervento sul Brolo del 1999 e della Cadoro del 2019 era archeologicamente ancora vergine. L’area si trova tra l’antico complesso abbaziale e il tracciato del Terraglio vecchio, oggi via Verdi. Non sappiamo cosa c’era prima della costruzione dell’abbazia e possiamo solo immaginare la forma del primitivo cenobio benedettino. Tuttavia, alcune voragini apertesi nel tempo, hanno svelato la presenza di gallerie che in apparenza partono dall‘abbazia e si dirigono verso la campagna. Nel 1980, uno di questi cedimenti è stato documentato dal Gruppo Ricerca Storica Astori. Le fotografie mostrano un manufatto in mattoni, con soffitto a volta. Le ipotesi sono tante. Chi dice possano essere vie di fuga o rifugi delle monache. Altri propendono per una necropoli. Sono certo ipotesi suggestive, ma … oggi il danno è stato fatto e poco possiamo fare.