Questo porco mondo, questa sfera sbilanciata, non cambia mai: le teste sono sempre le stesse, eguale la povertà di argomentazioni, identica la strumentalizzazione che si fa con la gente meno accorta! Perdonate: questa intemperanza mi è affiorata per aver partecipato nel Veneto e anche fuori regione a un paio di pranzi tipo prima comunione, o battesimo: quando si beve qualche bicchiere e cadono le inibizioni, anche i più tordi rivelano il proprio sentimento “politico”, e addio. Insomma, ho ascoltato l’avemaria ridondante ripetuta a pappagallo dai commensali, forti della consultazione dei propri telefonini, dove imperversano certi spot video: il tema è la carenza di personale che sembra attraversare drammaticamente il Paese.
In uno stato, l’Italia, che vanta alcuni milioni di disoccupati, pure non si trovano più camerieri, cuochi, artigiani, operai specializzati, medici, e via cantando. Ma ecco spiegato il motivo, secondo una certa vulgata popolare, ringalluzzita appunto dai post di scaltri leader politici in cerca di consensi: è tutta colpa del governo e del maledetto reddito di cittadinanza che esso ha approvato. Adesso, secondo quella balzana teoria, milioni di scansafatiche riposano sul divano davanti alla tv, invece di andare a guadagnarsi il pane sacrosanto, perché viziati dall’assegno gratuito che gli risolve i problemi…
Suvvia, siamo seri e lasciamo le favole ai bambini! Facciamo due conti: una persona che viva sola può ottenere fino a 500 euro + 280 se paga un affitto; bisogna avere una famiglia di 4 persone, mettiamo una coppia con due figli di cui uno maggiorenne per ottenere fino a 1.000 euro+ 280 se paga un affitto (ripartiti a testa verranno massimo poco più di 300€). Naturalmente lo stato concede i soldi in presenza di un reddito considerato sotto il livello di sopravvivenza, e secondo alcuni parametri che qui sarebbe troppo lungo enumerare (esempio limitazione al possesso di altri beni immobiliari o monetari).
Dunque, ammettendo che ci sia chi approfitta indebitamente (siamo pur sempre il Paese che ha inventato la mafia, e quello dell’evasione fiscale, no?), non possiamo dimenticare che, specie in tempo di covid, sono stati falcidiati i posti di lavoro, specie nel settore turistico. Quelli a casa senza stipendio che pure dovevano mangiare, semplicemente han cercato altrove. Per farla breve: non si può addossare la colpa della mancanza di personale a un mezzo di sostentamento, che pur con i suoi limiti, almeno ha attutito il colpo della drammatica situazione economica in cui versavano troppi italiani. L’indice di povertà, misurato dall’ISTAT, dice che le persone in povertà assoluta nel 2005 erano 1,9 milioni circa ed oggi sono 5,6 MILIONI: dunque il numero impressionante è triplicato. Senza affidarsi alle fredde statistiche, basta andare a visitare i centri di assistenza come Caritas, Leva civile, eccetera, per constatare quale sia la situazione reale: vi si appoggiano molte famiglie italiane, un tempo economicamente indipendenti, che senza sussidi morirebbero letteralmente di fame.
Dunque il reddito di cittadinanza, come già prima il modesto contributo adottato dal governo Renzi, sono lo sforzo di una società che vuol definirsi civile, verso chi soffre incolpevolmente.
Parliamo però anche di egoismo degli italiani brava gente. Certi imprenditori col pelo sullo stomaco non dicono delle condizioni di sfruttamento assurdo riservate alla propria manodopera specie nei settori alberghieri o agricoli: contratti fasulli, paghe da 6 euro all’ora, straordinari non riconosciuti, affitti esagerati che scoraggiano a trasferirsi. Qualcuno l’ha chiamata anche la rivolta degli schiavi: pare proprio di assistere al film (comico?) COSE DELL’ALTRO MONDO di Patierno del 2011, quando in una specie di dantesca pena del contrappasso i migranti, mal sopportati, esaudiscono il desiderio di tanti xenofobi. Lasciano improvvisamente tutte le fabbrichette, i campi, i negozi sguarniti di personale: via tutti, spariti. Un dramma, un’apocalisse. In un Veneto che si considera spocchiosamente primo in tutto (recitando il mantra a cui ci ha abituato la studiata comunicazione di Zaia), invece non è più pensabile l’autosufficienza per quelli col sangue razza Piave. Le future generazioni di tecnici, di operai, ma anche di personale specializzato mancheranno per carenza di serie politiche per la famiglia, di orientamenti scolastici e di figli da mettere al mondo.
A scanso di equivoci, vorrei chiarire che io stesso considero il reddito di famiglia un tampone: come tutti i cerotti sotto di sé porta ancora i segni delle ferite inferte al corpo sociale dalle puntuali crisi economiche che lo affliggono, o le storture dei sistemi politici.
Del resto, fin dal 1795 l’economista Thomas Paine aveva posto l’esigenza di un sussidio, chiamiamolo reddito minimo universale, per integrare il reddito dei più fragili, senza sovvertimenti sociali di tipo comunista. Oggi in Francia è presente un Reddito di Cittadinanza che mira a sostenere chi ha più di 25 anni e non ha un salario o si trova al di sotto della soglia di povertà. Varia dai 565,34 euro per una persona a 1187,21 euro per una coppia con due figli; anche in Lussemburgo, Cipro e Spagna è presente un Reddito per l’inclusione sociale, ed in Germania, invece, è stato avviato uno studio triennale per valutare l’impatto. Fuori d’Europa sono rilevanti, tra gli altri, anche i casi dell’Alaska, che per prima nel 1982 ha stabilito un reddito di cittadinanza. Nel nostro Paese se ne era cominciato a parlare fin dai tempi di Romano Prodi premier, nel lontano 1997 (commissione Onofri).
Riterrei dunque, prima di gettare il solito bambino con l’acqua sporca, di apportare, se del caso, dei correttivi a questo istituto, per sanzionare gli abusi, ma non di appiattirsi sulle provocazioni dei soliti furbastri che aizzano “i poveri imprenditori e le cosiddette partite i.v.a. a coalizzarsi per risolvere il problema della carenza di personale con misure reazionarie: avremmo forse più medici, rimuovendo il reddito di cittadinanza? I problemi complessi non si risolvono con le scorciatoie, o soluzioni approssimative tagliate con l’accetta come fossero meloni…
Sappiamo che il poeta romano vernacolare Trilussa aveva ben chiarito come a volte le statistiche siano bugiarde e penalizzino sempre i più deboli. In una società che si definisce moderna e democratica non è il caso di battere sulla schiena dei soliti poveracci; se qualcuno può mangiarsi due polli, qualcuno non ne mangia nessuno. Non basta la media di un pollo a testa o l’osservazione banale, a scaricarci la coscienza, che i ristoranti sono sempre pieni di clienti. Un verso antico dice molto di più che non la propaganda:
...... Me spiego: da li conti che se fanno seconno le statistiche d'adesso risurta che te tocca un pollo all'anno: e, se nun entra nelle spese tue, t'entra ne la statistica lo stesso perch'è c'è un antro che ne magna due.