Il conflitto tra Russia e Ucraina dura ormai da quasi cinque mesi. È un tempo lunghissimo per una guerra contemporanea.

Abbiamo ascoltato, visto, parteggiato. Abbiamo cercato di trovare un senso a quanto sta avvenendo. Ma ce l’ha un senso?

No, una guerra non può averlo.

Ma dopo essere entrata nelle nostre case e nella nostra quotidianità, ci siamo abituati al fatto che la guerra ci sia.

Nelle home page dei giornali on-line e nei quotidiani la guerra scivola sempre più in basso. E’ rimasto un rumore di sottofondo. In fondo la comunicazione funziona così. Le notizie vanno “sparate”, con titoli sempre più ad effetto, con maratone che si ripetono, con un nucleo di esperti che sembra una compagnia di giro: assistendo così ad un macabro spettacolo.

Ma poi subentra l’assuefazione, direi la noia. E subentrano nuove emergenze. Del resto, già prima venivamo dalla pandemia, che non è sparita, è solo relegata nelle pagine interne, anche se si continua a morire per il covid. E in queste ore il teatrino della politica italiana salirà alla ribalta e già sono partiti gli speciali.

La guerra è un elemento che si alimenta e si autoalimenta solo di fronte all’orrore. Per alcune settimane – le prime – non si parlava d’altro. Tutti ci chiedevamo fino a che punto potesse arrivare il nostro grado di sopportazione rispetto all’orrore di un conflitto che, giustamente, sentivamo vicino. Anche se questo non giustifica la nostra distrazione verso tutti i conflitti in atto, non potenziali, in giro per il mondo.

Ma adesso la guerra è diventata un fatto ordinario come tanti altri. Non è cambiato nulla: aumentano i morti sia civili, sempre più numerosi come è sempre successo nelle ultime guerre, che militari, aumenta la distruzione delle città.

Eppure, questo conflitto sembra non riguardarci più. Certo, ne stiamo misurando le conseguenze economiche, quelle che toccano direttamente le nostre tasche e i nostri stili di vita. Ma anche a queste ci stiamo abituando. Come ci siamo abituati alla propaganda, anzi alle opposte propagande delle parti in guerra del resto si dice che la prima vittima della guerra sia la verità; come ci siamo abituati agli orrori pensando ogni volta che fosse l’ultimo o che non ce ne sarebbero stati di peggiori; come ci siamo abituati a vedere i palazzi in fiamme colpiti dai missili russi; come ci siamo abituati a vedere le lunghe teorie di sfollati; come ci siamo abituati a riconoscere e a stabilire le vittime e i carnefici, gli aggrediti e gli aggressori; come ci siamo abituati a discutere se è etico inviare armi all’Ucraina. Ci siamo abituati a tutto questo.

Perché alla guerra, purtroppo, ci si abitua, lasciando un insopportabile ronzio di sottofondo.

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