Provate a digitare su un motore di ricerca “affitto terreno per fotovoltaico”, usciranno decine di aziende pronte ad aumentare la redditività del vostro terreno installando impianti di produzione di energia rinnovabile; i criteri delle proposte sono più o meno simili, alcune si distinguono perché evidenziano soprattutto le necessità tecniche (vicinanza alle principali linee elettriche), altre entrano nel merito della tipologia del terreno, alcuni più virtuosi direzionano la ricerca verso quelli che sono i principi delle norme: … preferibilmente ubicati in aree degradate … siti industriali, cave, discariche.
Vi avviso che, a seguito di questa ricerca, diventerete grandi proprietari terrieri e sarete subissati di annunci pubblicitari in tutti i social in cui siete presenti!
La constatazione da fare è che, quindi, lo sviluppo del fotovoltaico nel nostro paese, dipende essenzialmente dalle opportunità che riescono ad individuare le aziende che lavorano in questo business virtuoso delle energie rinnovabili.
Perché allora offrire resistenza a questo tipo di iniziative?
Ci sono sempre state, in particolare in Veneto, delle cause “nobili” e delle norme compiacenti che hanno favorito il degrado della nostra regione.
La ricerca dell’emancipazione economica ha portato al fenomeno del “capannone e del furgone”, condannandoci al primato del consumo di suolo, insensato e privo di logica.
Il sogno della casa di proprietà e la necessità di sostenere il comparto dell’edilizia, ha comportato il fenomeno dell’urbanizzazione diffusa che ha devastato il paesaggio e demolito irreversibilmente, residenze + capannoni, la cultura profonda del nostro paesaggio, le nostre stesse radici.
Si è diffusa poi una logica che possiamo definire “al contrario”: laddove è stata inferta una ferita, da cui è derivato un degrado, invece che pensare alla cura e ai rimedi, è stata resa lecita la deriva infinita. Se c’è una discarica, se ne può fare un’altra, se c’è un’autostrada, si possono fare capannoni per la logistica e centri commerciali, e così via.
Voti e business hanno sempre trovato la strada spianata da norme che favoriscono o che lasciano spazi di manovra e discrezionalità infiniti.
La metafora perfetta è l’industria che inquina ma che genera lavoro e posti di lavoro.
Alla politica inadeguata è stata corrisposta una classe imprenditoriale inadeguata.
Questo gioco alla rovina del nostro territorio si sta perpetuando: la norma consente, l’imprenditore specula.
Per questo motivo sarebbe importante, vista la cronica inefficacia delle norme, che l’imprenditore applicasse nelle sue azioni concetti di etica e responsabilità sociale.
Cito sull’argomento una frase del professor Lorenzo Caselli, professore emerito di etica economica e responsabilità sociale delle imprese:
“Responsabilità è la capacità di fornire risposte. In questo senso la responsabilità sociale diventa la capacità delle imprese, e delle organizzazioni in genere, di fornire risposte alle istanze della società, o per essere più precisi dei portatori d’interesse. È l’etica che conferisce senso alla responsabilità, costituendone il fondamento ultimo. Se l’etica è definita come la scienza della condotta, l’etica nell’impresa è l’applicazione di principi, valori, orientamenti volti a illuminare e guidare – in termini di buono e di giusto – la vita e l’operare degli uomini e quindi degli imprenditori e dei manager”.
Il nuovo business sono le rinnovabili, possiamo definirle nobili rispetto quanto sopra descritto, ma non per questo possono andare bene ovunque.
Il progetto della Sicet a Mogliano ne è l’esempio: c’è una bretella che ha rovinato il paesaggio, insieme ad un campo di coltivazione intensiva. Allora che problemi ci facciamo, tanto vale infierire! Non si considera l’ennesima deturpazione rispetto ai valori del nostro territorio: le ville venete, la campagna con le siepi ed i filari alberati, il Terraglio che da strada monumentale delle ville, è stato trasformato in affaccio privilegiato di supermercati e rivendite di automobili, il fiume Zero, etc.
Le alternative, invece, ci sono e certo questi imprenditori non hanno mostrato alcuna intenzione di valutarle.
Evidenzio infine che questi non sono temi riguardanti categorie, non è un problema dei giovani, tutti stiamo subendo i fenomeni dei mutamenti climatici e tutti rischiamo di perdere definitivamente quelli che sono i valori importanti della nostra cultura e del nostro paesaggio, è un argomento trasversale a tutte le età.
Al di là dei facili calcoli che dimostrano l’utilità, oggi più che mai, delle energie rinnovabili, bisogna alzare lo sguardo un po’ oltre, alcuni amministratori di regione lo stanno facendo, alcuni imprenditori lo stanno facendo, è giusto pretenderlo anche dai nostri.
Al Comune di Mogliano l’arduo compito di difendere il proprio territorio, almeno in questo, il Consiglio Comunale si è espresso unanime, dimostrando una apprezzabile sensibilità.
La necessità è quella di moltiplicare gli sforzi, anche a livello locale, per favorire l’impegno nel contrastare l’emergenza climatica con ogni mezzo possibile, favorire anche a livello locale lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile, ad esempio riprendendo con forza la progettualità legata al PAESC, da troppo tempo fermo con le quattro frecce.