“Quelle di questo settembre potrebbero essere le prime elezioni politiche dove il tema della crisi climatica ricoprirà una posizione quantomeno rilevante” ha scritto Samuele Campello qualche giorno fa. Concordo.
L’appello alla politica promosso da molti intellettuali tra cui il premio Nobel Giorgio Parisi, perché i politici mettano al centro dei loro programmi la crisi climatica, in vista delle elezioni, ha superato le 130.000 firme in pochi giorni.
È probabile che questo aumento della preoccupazione per il riscaldamento globale sia dovuto agli effetti ad esso collegati, che in questo 2022 sono stati talmente evidenti e disastrosi da non poter essere, come al solito, nascosti o minimizzati dalla potente macchina informativa delle multinazionali del fossile e delle combustioni. Temperature eccezionali prima mai viste; fusione di ghiacciai ad una velocità crescente, con quello della Marmolada crollato a travolgere molte vite umane; incendi devastanti sempre più estesi; diffusione di malattie prima presenti solo nelle zone tropicali.
L’elenco dei disastri provocati dall’effetto serra dovuto alle emissioni e da tutte le attività umane sempre più irrazionali, negli ultimi decenni, potrebbe continuare. Quello che ha più impressionato è forse la prolungata siccità, con molti fiumi ridotti di portata fino al disotto del minimo vitale, i più piccoli addirittura del tutto prosciugati. Questo ha provocato danni enormi alla produzione agricola, per la quasi impossibilità di irrigare i campi. La bassa portata dei grandi fiumi ha poi prodotto l’estremo accentuarsi di un altro fenomeno, il cosiddetto “cuneo salino”, cioè l’ingresso dell’acqua salata del mare attraverso la foce fino a risalire per molti chilometri. L’acqua del Po risulta salata addirittura per più di 40 Km dalla foce, con un ulteriore danno all’agricoltura, alla pesca e alla produzione delle vongole.
Tutto questo si è sommato alla crisi dovuta alla guerra in Ucraina, per cui tutti, andando al supermercato, abbiamo potuto osservare il grande aumento dei prezzi dei generi alimentari.
È in questo contesto che ci si è resi conto di come tutte quelle produzioni agricole e industriali basate su un grande consumo d’acqua vadano assolutamente abbandonate e riconvertite. In particolare, è balzato all’evidenza come gli inceneritori di rifiuti non siano proponibili come soluzione, anche in relazione a questo aspetto, e non solo perché dannosi per la salute umana e produttori di gas climalteranti.
Gli inceneritori, così come le centrali nucleari e a carbone, hanno bisogno di moltissima acqua per funzionare, e dunque il loro impatto sull’ambiente si moltiplica soprattutto in situazioni di criticità come quella in cui stiamo vivendo. Per questo motivo si è dovuto chiudere l’inceneritore di Padova, e anche a Fusina è solo questione di tempo, vista la situazione del fiume Brenta dal quale le acque devono essere derivate, oltre a quelle dell’acquedotto.
Per l’inceneritore di Fusina si può entrare nel dettaglio. Emerge che dai dati dichiarati per il 2021 da Ecoprogetto, la società di Veritas che gestisce l’impianto attuale e che propone il suo allargamento su tre linee, il consumo d’acqua è molto superiore alle previsioni dichiarate per ottenere l’autorizzazione. In fase di Via (Valutazione di impatto ambientale) era stato previsto un consumo di 261.614 metri cubi all’anno per quanto riguarda l’acqua derivante dal Naviglio del Brenta e 29.950 mc all’anno di acqua di acquedotto per tutto il polo integrato comprensivo delle tre linee. Invece nel 2021, con l’attuale linea di trattamento al 62% della capacità produttiva, i consumi di acqua risultano 259.727 mc annui per quanto riguarda la derivazione dal fiume e ben 30.789 dall’acquedotto.
Sono dati che dimostrano un consumo idrico insostenibile. È un elemento in più, che dovrebbe far capire a tutti che per il trattamento dei rifiuti non c’è alternativa a diminuirne la produzione e a riciclare.
A questo proposito: non si capisce perché, in un’epoca in cui si dice giustamente che occorre tener conto dell’opinione degli scienziati, per esempio in tema di pandemia, non si dovrebbe fare altrettanto per gli inceneritori di rifiuti, quando ormai tutti gli studi scientifici ne dimostrano la pericolosità, tanto che i Paesi nordici come la Danimarca ne stanno programmando l’abbandono. Non si capisce, inoltre, perché nel sistema informativo venga dato ampio spazio a opinionisti che sugli inceneritori sanno poco o nulla, e che però non esitano a definirli innocui e necessari, e nessuno spazio a esperti come Mario Tozzi, che è anche un popolare conduttore televisivo, che, dopo una seria valutazione sulla pericolosità delle diossine e delle polveri sottili anche se al disotto dei limiti di legge, conclude: “…questi impianti convengono solo a chi li costruisce.”
La campagna mediatica per la costruzione di inceneritori è ormai martellante purtroppo ed è inquietante il ripetersi di incendi nelle discariche abusive e non.
La Terra dei Fuochi e Mafia Capitale insegnano che sui rifiuti la criminalità organizzata può facilmente lucrare. L’attenzione sui cosiddetti “termovalorizzatori” dovrebbe essere massima anche per questo: ambiente e giustizia vanno spesso insieme!
Bel comunicato, lineare ed efficace !!