Che cos’hanno in comune Kenneth Koch (poeta della scuola newyorkese che negli anni 70 avviò i bambini delle borgate romane e dei sobborghi della “grande mela” alla poesia, esperienza pubblicata nel libro “Desideri, sogni, bugie…”) e Sabina Ferro, moglianese dall’incedere veneziano, da anni protagonista della “medicina narrativa”?
Hanno in comune la parola. La forza della parola. L’energia evocativa della parola. Il ritmo della parola quando s’incrocia con altre parole.
Talvolta, il potere salvifico della parola.
Stiamo parlando della parola “scritta”, quella che s’imprime, nero su bianco, o anche a colori su bianco, su una superficie piana, un foglio, una foglia, un sasso, un muro. Perché le parole scritte fissano per sempre quello che si agita dentro di noi, certe volte emergono dalle nostre profondità e reclamano di essere scolpite per transitare nei solchi della nostra mente, a volte prendendo il volo.
È lo stesso procedimento di quando si leggono le storie popolari ai bambini, piene di draghi e di creature deformi. Loro le ascoltano e le vogliono sempre riascoltare perché poi si liberano di quei mostri fissandoli nel foglio con i loro infuocati disegni: fanno pulizia, vuotano il sacco.
Sabina Ferro svolge da anni questa missione, da quando ha deciso di lasciare il reparto ospedaliero in cui lavorava per dedicarsi a questa intuizione, al valore adiuvante della parola scritta. È un “mestiere” che richiede grande energia inserendosi nel delicato percorso terapeutico del paziente, nella fragilità della sua condizione che facilmente conduce alla depressione o alla negazione della relazione.
È precisamente in questa fase che interviene Sabina con il suo laboratorio della parola, stimola le persone con input narrativi o poetici (come faceva Koch con i bambini) a frugare nella propria interiorità, a tirar fuori “desideri, sogni, bugie”, a fissarli sulla carta e a condividerli con altri aprendosi nuovamente all’armonia relazionale.
Instancabile e poetica animatrice, Sabina Ferro! In questi anni ha risollevato lo spirito di decine e decine di persone (pazienti, famigliari, personale infermieristico e medico) e molti altri incontri ha già in agenda per i prossimi tempi, a testimonianza dell’importanza complementare della “medicina narrativa” nella vita del paziente. E chi ha vestito o veste questi panni sa quanto essenziale sia per la sua salute mentale.
La speranza è che il “racconto di sé” possa entrare a pieno titolo nella “comunicazione medica”: aiuterebbe gli stessi medici, gli infermieri, i pazienti e i loro famigliari soprattutto, ad avvalersi di un’altra “buona medicina” per affrontare gli impervi scogli della malattia.
Molto interessante, Lucio: le parole non sono soltanto parole.
Treviso 12 11 2022
Grazie per questo contributo molto interessante ed istruttivo… Gianni Milanese
Fiera di te 🤗
Grande donna, grande Amica ❤️
Sabina è una persona straordinaria per la sensibilità e l’empatia che trasmette con naturalezza, sono grata a Giovanni D’Alfonso per averci messo in contatto.