Ogni volta che mi soffermo a guardare uno dei numerosi piccoli fiumi che solcano trasversalmente i terrazzi alluvionali della Bassa Pianura Veneta mi si stringe il cuore. Sì, l’espressione è appropriata: mi si stringe il cuore e mi chiedo come sia possibile e quanto noi umani siamo stupidi e auto lesivi, per averli ridotti nelle condizioni in cui si trovano.
Già, ma in quali condizioni si trovano i piccoli fiumi che, percorsi storicamente da acque sorgive, hanno determinato la geografia dell’insediamento e delle attività economiche proto-industriali nella nostra terra?
Per non accorgersene si dovrebbe essere ciechi; ma forse non basta, perché anche l’olfatto, alle volte, può rivelare il dissesto in cui versa la qualità delle loro acque. Da vene di vita e da risorsa potabile, garante dell’igiene sociale, fonte di energia pulita e produttori di risorse alieutiche, i piccoli fiumi sono stati trasformati, nell’Antropocene veneto e in particolare negli ultimi tre-quattro decenni, in canali di scolo di acque reflue. Acque “ricche di nutrienti”, si dice in questi casi nel linguaggio tecnico dei controllori della qualità delle acque e degli amministratori; il che, tradotto nel linguaggio popolare, significa semplicemente “acque piene di merda”.
E pazienza se si tratta di piccole quantità di “merda organica” e dunque di reflui da deiezioni animali, perché questi tutto sommato possono essere inertizzati con un’adeguata diluizione. Se invece si tratta di “merda inorganica” e dunque chimica, dovuta a scarichi urbani o di attività produttive, non c’è diluizione che possa risolvere il problema. Se poi, e questo è il caso più diffuso, le due forme di inquinamento si sommano, è il disastro ecologico.
Un disastro ecologico che, come si diceva poc’anzi, è una costante nella realtà territoriale del Veneto di Pianura. Una realtà con cui si convive tranquillamente e senza porsi troppe domande su responsabilità e misure di soluzione del problema o su come prevenirlo. L’inquinamento idrico, insomma, fa parte del nostro quotidiano di “uomini tecnologici” ricchi, evoluti, democratici, qualunquisti e amanti dei Social.
Tutto questo, ovviamente, non considera il danno notevole che la comunità umana insediata sulle sponde di un corso d’acqua subisce a causa del suo degrado. Eppure tale danno non solo esiste, ma incide in misura appunto notevole sulla qualità della vita dei cittadini. Nel senso che le conseguenze dell’inquinamento idrico si riflettono sulla salute, sulla sicurezza, sull’economia, sulla cultura: in altre parole, su tutto.
Certo qualcuno penserà, a questo punto, che una volta i ragazzini facevano il “bagno sociale” in questi corsi d’acqua e se ora non è più possibile, pazienza; tanto ci sono le piscine, che sono anche più sicure e riscaldate. Il punto però non è questo, ma c’è dell’altro. Lungo questi piccoli fiumi, anche se in un diverso territorio e in altri tempi, chi scrive ha imparato non solo a nuotare, ma anche a pescare. E in questo territorio, nel secolo scorso, ha portato i bambini a pescare; attività appassionante e autentica scuola di natura, di ecologia e d’ambiente, se svolta con spirito non competitivo. Ora però non è più possibile, semplicemente perché i pesci sono ridotti a poche specie alloctone e resistenti alle acque anossiche; e inoltre perché, se un ragazzino malauguratamente scivola in acqua, rischia di contrarre il Tifo, la Leptospirosi, l’Epatite o altro ancora.
Poi c’è l’aspetto naturalistico e paesaggistico, da non confondersi con quello ricreativo-sportivo-salutista che induce centinaia di persone d’ogni sesso ed età a correre e a sudare lungo arginature e strade, senza guardarsi intorno. Una passeggiata lungo le sponde del piccolo fiume rivelava, infatti, un universo vivente che testimoniava con la propria presenza lo stato di salute ecologica delle acque, delle sponde e dell’intero ecosistema acquatico e dunque del territorio. Consentiva pertanto di capire e di imparare, oltre che di godere di una bellezza semplice e gratuita, ma tale da arricchire le conoscenze e da stimolare la curiosità delle persone sensibili.
Forse è stato proprio l’aver dato tutto questo per scontato o, meglio, per superfluo, che ha determinato il deserto inquinato e popolato da nutrie che oggi distingue la realtà dei nostri piccoli fiumi.
Treviso 18 11 2022 – Grazie per questo articolo di sensibilizzazione per la salvaguardia dell’ambiente naturale. Sono diventato la “favola” del mio quartiere perche dedico mezz’ora al giorno per pulire le strade vicine da cicche di sigarette, cartacce, plastica… Gianni Milanese
Faccio i miei complimenti più sinceri all’autore di questo articolo, Michele Zanetti. Finalmente leggo un discorso schietto e senza ipocrisie sulla devastazione dell’ambiente e del paesaggio veneto. Devastazione imputabile in tutto e per tutto al nobile popolo veneto che quotidianamente si vanta delle sue “nobili tradizioni” e nello stesso tempo distrugge spietatamente l’anima delle tradizioni medesime. Le nuove generazioni che non hanno mai visto i piccoli fiumi quando erano “chiare fresche e dolci acque” non potranno mai più godere di questo splendido e gratuito spettacolo. Ed è un gran peccato. Mi permetto di invitare Michele Zanetti (che non ho il piacere di conoscere) a insistere su questo tema. Forse c’è ancora qualcosa che può essere salvato delle splendide meraviglie dei nostri piccoli fiumi.
grazie, sollecito dritte per reagire socialmente e non solo individualmente con comportamenti corretti, necessari ma evidentemente non sufficienti