Nei giorni scorsi tra la gente comune si sono accesi fior di dibattiti e ho assistito a opposte reazioni dei contendenti: c’era chi, da moderno Solone, soddisfatto nell’avere conferma di quanto il mondo sia corrotto, ribadiva un tragico assioma caro a tutti i negazionisti morali: “si sa, nessuno muove la coda per niente”; altre anime belle – invece – stringevano addolorate le labbra, come se avessero dovuto sopportare un nuovo lutto in famiglia.
Più o meno tutti, o quasi, abbiamo commentato il brutto scivolone fatto da Aboubakar Soumahoro: non è stato salvato dai vistosi stivali di gomma che il neoeletto aveva indossato, entrando molto fieramente in Parlamento per la prima volta, e così è precipitato improvvisamente, come si dice, dalle stelle alle stalle (dove, comunque, gli stivali sono più utili delle scarpe).
Io sono tra quelli che sono rimasti delusi. Non è facile accettare l’incoerenza che sa di inganno, dopo aver tifato per veder plasticamente realizzato un sogno di riscatto sociale non solo del protagonista, ma a favore della comunità dei soccombenti di ogni epoca, che intendeva rappresentare.
La magistratura farà il suo dovere e qui non è il caso di esprimere un pregiudizio irritato: dunque mi astengo.
Ritengo opportuno, piuttosto, mettere in evidenza alcune conclusioni tratte da qualche leader di partito, anche nella stessa sinistra, che giudico se non proprio sbagliate, quantomeno dettate da dietrologica prudenza.
Veniamo al punto: visto come sembrano mettersi le cose per Aboubakar, è stato affermato che c’è stata leggerezza nel candidarlo, deducendone – ci mancava- una specie di regola universale: non è mai giusto erigere a modelli politici dei singoli personaggi, per farne degli eroi di comportamento. La ricetta semplificata, sosterrebbe che è molto più importante far crescere nel popolo la convinzione di essere rappresentata non da una singola persona speciale, ma da un gruppo coerente di impegno politico – magari meno appariscente – ma di sostanza. Bella considerazione, questo è proprio l’uovo di Colombo: come non averci pensato prima?
La tesi qui esposta mi sembra una di quelle bellissime utopie che tanto piacciono soprattutto a certa sinistra collettivista e penitenziale, ma che non corrisponde né ai meccanismi psicologici della gente, né appartiene alla storia occidentale. Certo anche un tale Brecht sosteneva un concetto analogo, nella sua opera Vita di Galileo, riassunto dalla famosa frase: “Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi”, ma il contesto era ben diverso. Parlava di chi era costretto a sacrificarsi da eroe di guerra, cioè Brecht rinnegava la stupidità di ogni guerra, visto che produce soltanto dei morti, poi chiamati ipocritamente eroi.
Ma immaginare di liberarsi come da pulci indesiderate, nelle competizioni elettorali, di alcuni modelli riconosciuti, non è realistico in una società moderna che si nutre di icone. E non è nemmeno opportuno. L’Italia pullula, per fortuna, di brave persone impegnate nel sociale, gli esempi si sprecano. Sono eroi silenti e sconosciuti che impreziosiscono con la propria dedizione le associazioni di volontariato o le istituzioni e ne costituiscono l’ossatura più sana. Però…però quando si tratta di chiedere ad una nazione intera di far confluire i propri voti su un simbolo, non c’è partita vinta se non viene incluso, accanto ai meritori sherpa, anche qualche testimonial conosciuto e dunque riconoscibile, sotto il cui ombrello identificarsi.
E del resto questa non è una conseguenza malata della moderna civiltà vilipesa dell’immagine: tutti i nostri libri di storia, l’attualità di sempre, così come l’alta letteratura dai tempi ancora prima di Omero, da che mondo è mondo hanno valorizzato l’esempio di personaggi divenuti famosi. Chi ambisce al potere se ne serve, in modo non necessariamente sleale. Tutti loro, nel proprio ambito, sono circondati da un’aura di eccezionalità o anche di esclusività che ne arricchisce il potenziale di adesioni al messaggio che incarnano. Ritengo che, accanto ai seminatori di bene che rimangono in ombra, non disgusta se talora emergano, vere rarità, dei buoni maestri riconosciuti. È una vera fortuna, quando le congiunzioni astrali rivelano una qualche nuova stella, se portatrice di energia positiva e pulita.
Essendo noi adulti, sappiamo che talvolta tali personaggi mitizzati possono nascondere un bluff e deludere, ma dobbiamo considerarli alla stregua di incidenti di percorso inevitabili, che non debbono scoraggiare.
L’esempio di certe figure come Gino Strada, don Luigi Ciotti o anche Greta Thunberg sono uno sprone e un marchio di garanzia, nel loro rispettivo ambito, per convogliare la gente comune a credere in qualche ideale umanitario e genuinamente politico. Dunque non è il caso di spargersi il capo di cenere, o peggio di vedere come fumo negli occhi la crescita di figure emblematiche. La varietà, la ricchezza contengono in sé la complessità dell’esistenza e non esistono soluzioni semplici, a problemi complessi.
Importante non è diffidare a priori, ma mantenere un presidio per stroncare tempestivamente gli abusi di credibilità, quando si rilevano.
Aboubakar è stato messo immediatamente nella condizione di sganciarsi dal partito nel quale è stato eletto, in attesa della chiusura delle indagini che ci auguriamo, per lui e per noi, siano assolutorie.
Osservo, senza voler bilanciare il male con altro male, che ci sono altre formazioni politiche dove militano impunemente personalità discutibili, o addirittura a suo tempo condannate per gravi reati. Talvolta non solo non vengono censurate ma, nei giochi pericolosi di partito che si fanno in giro, sono proposte anche alle più alte cariche dello stato. Questo sì, il volersi incaponire in malafede, rinnegando le evidenze, è immensamente pericoloso per la democrazia.
Treviso 06 12 2022 – Concordo in pieno con la tua analisi…