Per un elettore di sinistra la questione morale non è un mero dettaglio: è centrale, o almeno dovrebbe esserlo, nella vita democratica. Registro invece che per molti dirigenti di partito la vicenda di corruzione che sta e coinvolgendo alcuni europarlamentari è quasi normale. E questo a dispetto della gravità delle accuse e della perdita di consenso che sta punendo, a mio parere ingiustamente, il principale partito di opposizione.
C’è in realtà un equivoco di fondo: a sinistra la questione morale è sempre stata sottovalutata pensando, a torto, che riguardasse solo gli “altri”. La superiorità morale della sinistra, infatti, non è mai esistita e, ogni volta che è stata sbandierata, ci ha pensato la realtà a smentirla. A casa mia un ladro è un ladro: non c’è differenza tra destra e sinistra. Ma se è di sinistra mi arrabbio ancora di più.
In questa vicenda specifica c’è poi un tradimento forse ancora più grave per chi, come me, ha una certa idea di sinistra e dei valori che, da sempre, dovrebbe rappresentare e difendere: il tradimento dei diritti umani, dei diritti delle donne, dei diritti dei lavoratori.
Ora, senza andare a scomodare l’intervista di Enrico Berlinguer ad Alfredo Reichlin del 7 dicembre 1980 (“La questione morale esiste da tempo. Ma oramai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico”) e quella ben più famosa a Eugenio Scalfari del 28 luglio 1981 (“I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune”), inizio queste mie riflessioni sul tema con un piccolo episodio personale, che solo apparentemente non c’entra con la politica.
In una delle mie vite precedenti mi ritrovai ad allenare, o meglio a seguire come responsabile tecnico, le partite di calcio di una squadra di ragazzi di 12 anni della categoria esordienti.
Stavamo partecipando a un torneo organizzato in casa e inopinatamente eravamo arrivati in finale contro la squadra che tutti ritenevano la favorita per la vittoria.
C’era grande attesa per quell’evento. Avevo messo insieme il gruppo di quei ragazzi in poche settimane e gli allenamenti li avevo tenuti nelle pause del mio lavoro. Il primo tempo della finale finì 1-1 e nel secondo poteva accadere di tutto. Durante l’intervallo un dirigente mi si avvicinò riferendomi che uno noto produttore di prosecco della zona, padre di un ragazzo che era rimasto in panchina, aveva fatto recapitare quattro casse di vino. Si aspettava, e non serviva che lo chiedesse esplicitamente, che suo figlio entrasse in campo. Quel ragazzo, in realtà, non era particolarmente portato per giocare a calcio e sicuramente non lo avrei utilizzato nel secondo tempo, a maggior ragione con il risultato ancora in equilibrio.
Lo dovevo a quei ragazzi che si stavano battendo con impegno e ce la stavano mettendo tutta. E così fu. Poi ci pensò la squadra avversaria a fare giustizia: negli ultimi dieci minuti beccammo due gol. Nello stesso momento terminarono la partita, il torneo e la mia breve carriera di allenatore. Vado a memoria: era il 1992, l’anno di Tangentopoli.
Treviso 02 01 2023 – Il pensiero di Enrico Berlinguer è di “drammatica” attualità. Mia madre maestra elementare rifiutava i fiori che le mamme facevano portare ai figli a scuola per lei perchè diceva che erano “diseducativi”…