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“Non ci sono più le stagioni di una volta”: quante volte l’abbiamo sentito dire dai vecchi (coetanei di chi scrive) che amano sfoggiare la loro stucchevole “retorica filosofica”?

Già, ma com’erano queste benedette “stagioni di una volta”; qualcuno le ricorda?

Erano per caso quelle delle estati afose, scandite da qualche temporale che rinfrescava l’aria e generose di zanzare e degli inverni gelidi che sterminavano gli insetti nocivi?

Erano quelle delle primavere tiepide e ventose, ricche di fiori e di profumi e degli autunni in cui le foglie ingiallivano a metà ottobre, mentre il profumo dolce del mosto si diffondeva nelle campagne?

Sembra proprio di sì: erano quelle. Quelle che i nativi del Terzo Millennio (non li ho chiamati “millenials” perché detesto chi parla un italiano imbastardato con l’inglese) non conosceranno probabilmente mai.

D’accordo, ma cos’è cambiato rispetto a quelle e come sono le stagioni del presente; e ancora, come saranno le stagioni del prossimo (e non solo prossimo) futuro?

Beh, un assaggio lo stiamo vivendo in questi giorni, con i primi giorni del gennaio 2023 a dodici gradi, i denti di leone fioriti nei prati e i merli che cantano la sera (!!!), dopo un autunno prolungato a tutto dicembre, con temperature tipiche di fine settembre.

Ma l’abbiamo vissuto anche l’estate scorsa con una siccità che ha svuotato i corsi d’acqua di superficie e, soprattutto e drammaticamente, le falde da cui attingiamo le nostre preziose acque potabili. L’abbiamo vissuto e lo viviamo con preoccupante frequenza, con gli eventi meteorici estremi che flagellano la quotidianità di molti italiani e degli abitanti di numerose regioni del mondo. Piogge torrenziali che in una notte scaricano la quantità d’acqua che dovrebbe cadere in sei mesi; e poi alluvioni travolgenti, caldo torrido, incendi spaventosi, tornado violenti, frane e smottamenti a decine (centinaia?). Il tutto in ogni benedetta stagione astronomica; perché delle “stagioni di una volta” ci rimangono in realtà soltanto quelle indicate dalle date del calendario e dunque quelle puramente virtuali.

Ma come s’è arrivati a tutto questo; com’è stato possibile che l’uomo, che noi, dato che ora è finalmente fuor di dubbio (persino i governati USA, i maggiori inquinatori, per decenni ottusi negazionisti, ora si sono convinti) che la causa principale del dissesto è da attribuirsi a noi, abbiamo causato tanto?

Gentile Lettore, in realtà è tutto molto semplice: in questi decenni, una mezza dozzina almeno, ma anche nei precedenti, abbiamo consumato, prodotto, siamo “cresciuti” fino a diventare ricchi sfondati, alimentando peraltro disuguaglianze intollerabili e per farlo, abbiamo bruciato petrolio a miliardi di tonnellate. Con la conseguenza di “velare” l’atmosfera di una coltre invisibile di molecole di anidride carbonica che hanno trasformato la stessa atmosfera in un “forno a micro onde”. Mentre i morti di fame del terzo, quarto e quinto mondo continuavano ad arare le risaie con i vomeri trainati dai bufali o ad allevare cavalli nella steppa o capre scheletriche nei deserti sud-sahariani, noi bruciavamo, crescevamo, compravamo, viaggiavamo allegramente, celebrando il capitalismo vincente e di rapina, fieri di rappresentarlo.

A nessuno, se si esclude qualche scienziato “politicizzato” (!) è venuto in mente che se il Sistema Naturale aveva seppellito miliardi di tonnellate di carbonio sotto forma di combustibili fossili, sottraendole ai cicli bio-geo-chimici della vita, una ragione ecologica doveva pur esserci.

E adesso?

Beh, adesso è tardi: semplicemente, drammaticamente, irreversibilmente tardi. Il che significa che nel prossimo e ricco futuro che ci aspetta, i poveri saranno sempre più poveri, che ci si scannerà per l’acqua e per contrastare le migrazioni umane, che saremo travolti dagli uragani e inceneriti dal fuoco, che i ghiacci polari si scioglieranno, che i deserti faranno capolino in Europa e che l’Adriatico busserà alle porte della Pianura Padana.

Catastrofismo? Sì, certo; purtroppo c’è ancora chi la pensa così, nonostante tutto.

Michele Zanetti
Michele Zanetti vive vicino alle sponde del Piave e di acque, terre, esseri viventi si è sempre occupato. Prima come "agente di polizia provinciale" e adesso come naturalista a tutto tondo. È stato il cofondatore di un attivo centro didattico "il Pendolino" , ed è l'autore di una cospicua serie di libri su temi ambientali di cui è anche capace illustratore. ha intrapreso anche la via narrativa in alcune pubblicazioni recenti.

3 COMMENTS

  1. Più che catastrofismo si tratta di sano realismo. Dovremmo correre ai ripari ma il mondo è governato da vecchi che, se va bene, pensano a come arricchirsi di più e come arrivare col minimo dei disturbi, sino alla loro fine vita.
    Forse gli imbrattatori di quadri e di sedi parlamentari hanno anche qualche briciolo di ragione. 😪

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