Stragi contro civili, tentativi di colpo di Stato, progetti insurrezionali, scontri di piazza e di strada, aggressioni organizzate, pianificazione di agguati si intrecciano e si susseguono in Italia tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta. Come è stato possibile tutto questo? Quali sono state le cause che hanno portato la lotta politica sul piano della violenza con esiti che sono stati tragici e che hanno interessato delle vittime innocenti? Quali sono stati i linguaggi della violenza? Come si è autorappresentata quella generazione che ha attraversato il terrorismo nero e quello rosso? Già prima del Sessantotto si era instaurata, fra le componenti di un aggressivo neofascismo e l’universo extraparlamentare di sinistra allora in formazione, una dinamica perversa di botta e risposta, contrassegnata dal ricorso crescente a mezzi violenti. Sull’Italia che usciva dall’esperienza del primo centro-sinistra e che vedeva migliorare i suoi standard economici e i suoi livelli di consumo, si instaurava una serie di pratiche di militanza dura, assai spesso estreme, che sembravano più intonate a paesi non ancorati come il nostro al contesto dell’Europa occidentale. Non si trattò né di una guerra civile né del suo strascico, ma di una guerriglia sorda e interminabile, disseminata di una molteplicità di episodi. Ma alla fine, l’Italia che nel 1974 uscì dal referendum sul divorzio rivelò di possedere basi democratiche più solide del previsto, efficaci a contenere anche la successiva deriva del terrorismo delle Brigate rosse.
Proprio il tema della violenza politica sarà al centro della discussione con Guido Panvini, l’ospite del secondo incontro della rassegna “Mogliano incontra la storia – Gli anni di piombo”, organizzata dall’Associazione Omega (appuntamento martedì 14 marzo, alle ore 20.45, presso il Centro Sociale). Lo storico, che è ricercatore all’Università di Roma “La Sapienza”, partirà da uno dei suoi libri più importanti, uscito da Einaudi nel 2009, un lavoro condotto prevalentemente sulle fonti e non, come accaduto in altri casi, solo sulle memorie, materiali imprescindibili che hanno però indotto più di una distorsione interpretativa.
Questo testo mette opportunamente in luce la dinamica di quella fenomenologia ideologica e delle forme di lotta che hanno portato a una crescente militarizzazione della lotta politica. In particolare, Panvini ricostruisce il quadro delle forze in campo e le dinamiche organizzative, oltre che politiche, che hanno innescato un diffuso clima di violenza verbale e fisica tra l’estrema destra e l’estrema sinistra. Lo studio sistematico delle fonti d’archivio da un lato ci riporta al clima nel quale maturò il terrorismo, ma, soprattutto, ne individua una delle più importanti condizioni genetiche nei discorsi e nelle pratiche della violenza dei neofascisti e della sinistra extraparlamentare volti all’eliminazione dell’avversario. Queste forme di violenza sono raccontate e restituite attraverso le voci dei protagonisti, le loro scelte e le loro culture. La logica della violenza è ripercorsa nelle reciproche dinamiche di scontro, che fanno emergere la diversità di repertori d’azione e le differenti strategie della violenza. Ma questa è anche una storia di contaminazioni e di rispettive influenze politiche, ideologiche e culturali, che ci invita a riflettere sull’Italia di oggi.
GUIDO PANVINI
È ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche dell’Università di Roma “Sapienza”, ma ha svolto attività di insegnamento in numerosi atenei italiani. I suoi interessi di ricerca riguardano la storia dell’Europa contemporanea, la storia dell’Italia repubblicana, la violenza politica e i terrorismi, la storia degli intellettuali, il rapporto tra religione e politica, la storia sociale, le guerre civili del ’900. Tra le sue pubblicazioni: Ordine nero, guerriglia rossa. La violenza politica nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta (1966-1975) (Einaudi 2009), Cattolici e violenza politica. L’altro album di famiglia del terrorismo italiano (Marsilio 2014).