L’Intelligenza Artificiale (IA) da qualche tempo è molto più di una tecnologia: Essa è riconosciuta come una disciplina che coniuga il contributo di molte scienze, con l’irresistibile fascino derivante dalla sua analogia con l’intelligenza umana.
Se da un lato si è istintivamente trascinati in maniera positiva dalle sue potenzialità. Il rovescio della medaglia è rappresentato dal timore che una IA possa sostituirsi all’uomo rendendo obsolete quelle mansioni che attualmente vedono impegnati gli esseri umani nel mercato del lavoro. Negli ultimi anni si vanno moltiplicando gli esempi di applicazioni dell’Intelligenza Artificiale anche al di fuori dei settori più praticati come l’Industria manifatturiera e la Diagnostica medica.
A solo titolo esemplificativo vorrei proporne due per tutti: uno nel settore grafico/editoriale ed uno in quello musicale. Mentre l’opinione pubblica e la comunità scientifica si interrogano sulle implicazioni occupazionali derivanti dall’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, il Giappone ha già offerto una risposta: infatti è uscito il primo volume di Cyberpunk: Peach John [foto], un Manga [storia a fumetti giapponese] scritto da un autore umano e interamente illustrato dall’Intelligenza Artificiale.
Come dichiarato dallo stesso autore, egli non ha le capacità per disegnare a livello professionale, limitandosi a un editing di quanto propostogli dall’IA. Quello che rende Cyberpunk: Peach John un precedente importante è l’alto profilo che caratterizza l’opera: non solo l’editore che è tra i più prestigiosi del paese, ma il Giappone stesso è noto per i ritmi serrati e gli standard molto alti che caratterizzano l’industria del fumetto. Il fatto che un editore importante abbia accettato di scommettere su un’opera creata in parte dall’Intelligenza Artificiale in un paese dove il fumetto costituisce un tassello fondamentale della produzione culturale, significa che la collaborazione tra uomo e IA sta già venendo sdoganata da parte di chi ha il potere economico di decidere.
A detta dello sceneggiatore del Manga, le sei settimane da lui impiegate per dare vita alle tavole del proprio fumetto con l’ausilio dell’IA, avrebbero richiesto un anno di lavoro a un illustratore professionista tradizionale. Si ripresenta così uno scomodo interrogativo: quanto tempo ci vorrà prima che gli studi di produzione e gli editori preferiscano puntare su opere create interamente derivate dall’IA, per abbattere i costi e fare affidamento su tempistiche strette? Per adesso il supporto dell’IA permette a persone come l’autore di Cyberpunk: Peach John di sopperire ai propri limiti, coniugando l’intuizione e la creatività umana alle capacità di esecuzione offerte da altri strumenti. Al momento non sono noti accordi per esportare l’opera, mentre la durata della stessa sarà come sempre sancita dall’eventuale successo editoriale. Se dovesse realizzarsi si tratterà di un fatto storico: vorrà dire che il pubblico è pronto a consumare opere di finzione create in parte dall’Intelligenza Artificiale e forse più di ogni altra evoluzione tecnologica sarà questo a sancire l’inizio di una nuova epoca.
Nel novembre 2022, presso l’Università delle Arti di Stoccolma, un essere umano ed unsistema d’IntelligenzaArtificiale hanno ‘suonato insieme’. L’esibizione è iniziata con il musicista David Dolan [foto] che suonava un pianoforte.
Nel frattempo, un sistema informatico progettato e supervisionato dal compositore ha ‘ascoltato’ il brano, estrapolando dati sull’altezza, il ritmo e il timbro dei suoni. Dopodiché ha aggiunto il proprio accompagnamento, improvvisando proprio come farebbe un musicista. Alcuni suoni erano elaborazioni del pianoforte di Dolan, altri invece erano nuove creazioni sintetizzate per l’occasione.
Il risultato è stata una performance che risultava Ambient [Musica d’ambiente], con un che di gelido ed inquietante, ma anche con una sua struttura. La scena, un’IA e un essere umano che collaborano pacificamente, sembra inconciliabile con l’attuale dibattito sugli artisti contro le macchine. È noto che l’Intelligenza Artificiale sta già sostituendo i giornalisti, sfornando però articoli pieni zeppi di errori. O che ruba le opere degli illustratori che infatti stanno intentando cause per violazione del copyright. Queste ansie, come detto, si inseriscono perfettamente nel solco dei timori per l’automazione e la possibilità che le macchine rimpiazzino le persone, o, piuttosto, che le persone che controllano queste macchine le usino per sostituire tutti gli altri.
Eppure alcuni artisti, primi tra tutti i musicisti, si stanno silenziosamente interessando a come questi modelli possano integrare la creatività umana, esplorando le modalità con cui IA ed esseri umani potrebbero collaborare invece che competere. La creatività dell’IA comprende molti aspetti diversi: l’ispirazione, l’innovazione, l’arte, la tecnica ed il lavoro. E non c’è motivo per cui i computer non possano esserne coinvolti in modo proficuo. Le ipotesi sulla possibilità che i computer possano comporre musica esistono da tempo. Se si fosse trovato il modo di adattare la scienza dell’armonia e della composizione musicale a uno strumento questo avrebbe potuto comporre brani musicali elaborati e scientifici di qualsiasi grado di complessità o estensione. Certo l’IA non ha dei sentimenti, ma le emozioni che evoca negli esseri umani sono molto reali.
David Dolan conferma che l’IA generativa può essere inquietante perché, almeno a livello superficiale, mostra un tipo di creatività normalmente attribuita agli esseri umani, ma aggiunge che si tratta semplicemente di un’altra tecnologia e di un altro strumento. I compositori di musica hanno scoperto che l’IA generativa poteva essere usata per fare scratching [Manipolazione del suono usata dai disc-jockey per aggiungere alla musica un effetto ritmico di rumore] e campionare i loro suoni, hanno così creato interi nuovi generi. In questo senso, potrebbe essere necessario ripensare il Copyright in modo sostanziale: Google, a tale proposito, ha deciso di non distribuire il modello Music LM ® [Generatore audio da didascalie ricche]a causa dei rischi associati alla generazione di musica, in particolare la potenziale appropriazione indebita di contenuti creativi. Tuttavia, questi modelli presentano ancora interessanti capacità creative. Per il momento i musicisti possono usare l’IA per improvvisare con un pianista e realizzare composizioni che non rientrano nelle loro capacità. Oppure possono trarre ispirazione dalle composizioni di un’IA, magari per un genere con cui non hanno dimestichezza.
Sul lungo periodo, invece, l’Intelligenza Artificiale potrebbe soddisfare una fantasia più ardita, seppur controversa: realizzare senza sforzo la visione di un artista. I compositori, si sa, hanno idee sulla musica che vorrebbero creare, ma poi tradurle in suoni o in partiture è un compito piuttosto laborioso. Se bastasse collegare un cavo per realizzare tutto questo sarebbe davvero fantastico e meraviglioso. Nel frattempo, algoritmi ancora piuttosto basilari ma pervasivi stanno già mettendo a soqquadro il settore. Più di un esperto ha scritto della morsa esercitata da Spotify ® [Piattaforma streaming e on demand] sulla musica: le playlist, per esempio, incoraggiano gli artisti ad abbandonare gli album per le raccolte di brani selezionati e addestrano il pubblico a farsi suggerire dalla piattaforma cosa ascoltare. Introdotta in un contesto del genere, l’Intelligenza Artificiale necessariamente diventerà un competitor dei musicisti con conseguenze facilmente immaginabili. Di recente il miliardario Elon Musk e una serie di esperti del settore tech hanno firmato un appello per chiedere una pausa nello sviluppo dei potenti sistemi di Intelligenza Artificiale per concedere il tempo necessario ad elaborare regole per il suo controllo. La lettera aperta è stata sollecitata dal rilascio di GPT-4 dalla società Open IA® di San Francisco. L’azienda afferma che il suo ultimo modello è molto più potente della versione precedente: “Questi sistemi di intelligenza artificiale possono comportare gravi rischi per la società e l’umanità. I potenti sistemi di intelligenza artificiale dovrebbero essere sviluppati solo quando saremo sicuri che i loro effetti saranno positivi e i loro rischi saranno gestibili”.
Come ogni invenzione del genere umano, non è l’invenzione medesima a preoccupare, ma il suo uso. Ad ogni progresso si contrappone il suo distopismo intrinseco: per ora guardiamo alla bottiglia mezza piena e lasciamoci stupire. Presto coglieremo anche il vuoto, ma non esiste mai una possibilità di sottrarsi al divenire. Grazie per l’accurata notizia!