Una valigia, un’esplosione, una strage, i funerali delle vittime, due sospettati comodi. Tutto dentro un reading, un racconto civile sulla bomba di Piazza Fontana, la cui esplosione ha segnato uno spartiacque nella storia dell’Italia repubblicana. Oggi cosa sappiamo di quella bomba e di quella strage? Per fortuna conosciamo (quasi) tutto: le motivazioni, le dinamiche, i colpevoli. Purtroppo non sappiamo con certezza i nomi dei mandanti e degli autori dei numerosi depistaggi che, anche dopo innumerevoli processi, sono rimasti occulti. Possiamo solo intuirli. Ma le cose che conosciamo le dobbiamo a un uomo coraggioso, Guido Lorenzon, che grazie alle sue rivelazioni indirizzò le indagini sulla strage di Piazza Fontana verso l’estrema destra.

Martedì 9 maggio Guido Lorenzon sarà a Mogliano Veneto presso il Centro sociale (ore 20.45) a raccontarci non una versione dei fatti, ma la verità. Ad affiancarlo ci sarà un’altra acuta voce narrante, il giornalista Daniele Ferrazza. Alle loro voci è affidata la chiusura del ciclo “Gli anni di piombo – Mogliano incontra la storia”, organizzata dall’Associazione Omega aps.

Milano, 12 dicembre 1969: 17 morti e 88 feriti. Non c’è solo questo. Lorenzon e Ferrazza ci parleranno anche del contesto politico e sociale in cui maturò la strage. Nota come la “madre di tutte le stragi”, quella di Piazza Fontana rappresenta nell’immaginario collettivo l’inizio della “strategia della tensione” che insanguinò l’Italia per almeno un decennio e rischiò di precipitarla in una deriva autoritaria. Infatti dalla fine degli anni Sessanta esisteva una precisa regia per trasformare l’Italia in un Paese simile alla Grecia dei colonnelli. Nulla fu affidato al caso. Era tutto pronto: una manciata di terroristi neofascisti, un gruppo di funzionari infedeli dello Stato, due anarchici nel ruolo di capri espiatori, un questore che era stato direttore del confino di Ventotene. Ma a Treviso c’era un uomo con la schiena dritta, un testimone, Lorenzon appunto, che costrinse a cambiare tutti i piani. Da quel momento partì la battaglia solitaria di un pugno di magistrati indipendenti e di un drappello di giornalisti alla ricerca della verità. Nessuno ha pagato per quella strage, ma la magistratura ha accertato che le trame furono ordite dal terrorismo di estrema destra, in collegamento con segmenti deviati delle istituzioni e che molti dei protagonisti erano veneti o appartenevano comunque alla cellula veneta di Ordine Nuovo. Ed è presente molto Veneto dentro questa vicenda.

In questa storia ci sono i cattivi e i buoni, quelli che volevano destabilizzare lo Stato e quelli che cercarono di trovare una verità diversa da quella che le forze dell’ordine e la magistratura, seguendo la pista anarchica, avevano iniziato a fabbricare subito dopo la strage. I nomi dei primi, dei cattivi, sarebbero emersi in seguito alla testimonianza di Lorenzon, il primo buono. Senza il suo contributo figure come Giovanni Ventura e Franco Freda sarebbero rimaste nell’ombra e avrebbero continuato ad agire indisturbate. Gli altri due buoni in questa storia furono Pietro Calogero, sostituto procuratore a Treviso, il primo a raccogliere le confessioni di Lorenzon, e il giudice istruttore Giancarlo Stiz che coraggiosamente continuò il suo lavoro e che nel dicembre del 1971 emise un mandato di cattura nei confronti di Freda e Ventura. Il primo era accusato di far parte di un’associazione che aveva lo scopo di sovvertire violentemente l’ordine politico, sociale ed economico dello Stato, il secondo di aver procurato l’esplosivo e i mezzi finanziari.

Il racconto civile di Lorenzon e Ferrazza rappresenta non solo un contributo prezioso alla conoscenza dei fatti, ma favorisce la costruzione di una coscienza democratica. Una storia che dunque sarebbe utile destinare anche ai più giovani, per far comprendere quanto il percorso dell’Italia repubblicana sia stato costellato di insidie, perfino all’interno delle istituzioni.

Daniele Ferrazza e Guido Lorenzon

GUIDO LORENZON

È stato il primo testimone a indicare il coinvolgimento di Giovanni Ventura e Franco Freda negli attentati del 1969 e nello scoppio di piazza Fontana. Su questa vicenda nel 1976 ha scritto Teste a carico, poi ripubblicato con il titolo Piazza Fontana. La pista di Treviso. Docente in pensione, si è sempre occupato di comunicazione istituzionale e sociale.

DANIELE FERRAZZA

Giornalista del Gruppo GEDI, ha realizzato diverse inchieste sul Veneto e il Nordest ed è promotore di molte iniziative di memoria civile. È stato sindaco di Asolo. Nel 2013 ha vinto la targa del presidente della Repubblica al Premio cronista dell’anno dell’Unione nazionale cronisti italiani, con un’inchiesta sui giovani all’estero. Tra i suoi libri: Statale undici: le strade che hanno fatto il Nordest (Marsilio 2014) e, con Valentina Calzavara, Diversi da prima (Helvetia 2020).

Daniele Ceschin
Nato a Pieve di Soligo il 20.12.1971. Storico con un dottorato di Storia sociale europea dal medioevo all’età contemporanea. Docente a contratto di Storia contemporanea dal 2007 al 2011 all’università di Ca’ Foscari di Venezia. Autore di pubblicazioni a carattere storico. E’ stato Vicesindaco a Mogliano Veneto dal 2017 al 2019.

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