Il Veneto e la sua popolazione, per salvare la “qualità dell’ambiente” e del “paesaggio”, hanno bisogno di una “scossa culturale” che li faccia risvegliare dal “letargo politico e culturale” in cui sono precipitati per effetto di una ininterrotta e pluriennale gestione del potere da parte di una sola forza politica che ha prodotto e sta condizionando una “narrazione addomesticata” della realtà.
Il “letargo culturale e politico” del Veneto e della sua popolazione è, anche, l’effetto della mancanza di un movimento ambientalista forte e unito e dell’occupazione della scena politica e mediatica da parte di un “sistema partitico” che condivide, nella sostanza, al di là di scaramucce rituali nel teatrino della politica partitica, l’idea di uno sviluppo economico basato sul consumo di suolo e sul consumo di cemento.
La “scossa culturale” può essere rappresentata da una raccolta di firme (ne servono 40.000) per indire un “referendum abrogativo” della legge regionale nr. 14 del 6 giugno 2017 dal titolo “Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo” con il suo pervasivo e sostanziale apparato normativo-legislativo “esentativo”, costituito da 16 deroghe: un autentico “passepartout” edificatorio che sta sterminando i prati affermando il contrario.
L’iniziativa referendaria a difesa del suolo fertile rimasto richiede tempo, impegno, determinazione, energie, lavoro, tutte condizioni che possono essere soddisfatte se vengono sottratte allo sterile chiacchiericcio, al bla bla convegnistico e al coro desolante e ipocrita che si ripete con malcelato stupore ad ogni presentazione annuale del Rapporto Ispra, in particolare dal 2017, data di entrata in vigore di questa vergognosa “legge ossimoro” redatta in perfetto stile “greenwashing”.
Il “referendum abrogativo” della legge sul suolo della Regione Veneto risponde ad una “necessità democratica” allo scopo di risvegliare politicamente e culturalmente il tessuto sociale anestetizzato della società veneta, soffocato da una narrazione, apparentemente e formalmente a più voci, ma espressione, nei modi sperequati e propagandistici in cui si manifesta, di un unico “racconto di sistema”, monocorde, molto prossimo a scadere in un vero e proprio deficit di democrazia.
Il referendum sull’uso e il consumo della terra, della risorsa delle risorse, in una regione che aveva un passato agricolo dignitoso, portatore di valori etici e identitari di grande spessore umano e culturale, può innescare una discussione e un dibattito nella società veneta che superi il muro di una “narrazione addomesticata”, resa possibile anche grazie all’ignoranza “scolastica” sul “valore del suolo”, condivisa, purtroppo, dalla maggioranza dei cittadini veneti e da tutto il ”sistema partitico” veneto. Chi vuole proporre un “modello di sviluppo economico alternativo”, che tenga conto dei limiti che ci vengono imposti dai “cambiamenti climatici”, avrebbe l’occasione per proporre alla popolazione veneta una “visione sovvertitrice” di un ordine economico avvolto da uno “sviluppismo cieco”, basato sul cemento e sul consumo di una “risorsa non rinnovabile”.
Le argomentazioni e le tesi dei sostenitori del “referendum abrogativo” si possono basare sia su un “corpus scientifico, ecologico e giuridico” sul valore del suolo da diffondere e dibattere con la gente, sia su quello che quotidianamente vediamo scomparire sotto la benna di qualche ruspa nei luoghi dove viviamo: è rimasto il solo e unico modo per superare il muro della “propaganda” che ha eretto e continua a erigere la Lega a difesa del proprio “malgoverno del territorio”.
A salvaguardia della terra non ancora cementificata in Veneto ci sono motivazioni “scientifiche”, “ambientali”, “economiche”, “sanitarie”, “politiche”, “sociologiche” e “tecnico-normative” che possono provare oggettivamente il suo “valore ecologico ecosistemico multifunzionale”. In Veneto c’è urgente bisogno di impegnarsi in una lotta di “resistenza/resilienza” per fermare lo “sterminio dei prati”, a difesa dell’essenziale e propulsiva funzione della “terra madre” nella sua molteplice produzione di servizi ecosistemici ed elemento “connettivo” di una “visione olistica” dell’ambiente nel ciclo del carbonio, nel ciclo del cibo, dell’acqua, dell’aria.
L’arresto immediato del consumo di suolo può divenire un volano per ridisegnare una economia senza il cemento ed essere la premessa per investire, creando migliaia di posti di lavoro, nel “restauro architettonico” del costruito e in disuso (in Italia ci sono 10 milioni di case vuote, Istat 2019), nel “restauro ecologico” degli habitat, nella “manutenzione” di grandi e piccole infrastrutture e nel loro “adattamento funzionale”, nella “difesa idraulico-climatica”, nella “circolarità” e “riuso” di beni, nelle “energie rinnovabili” utilizzando, non terreno agricolo, ma le superfici cementificate, i tetti di capannoni, centri commerciali, abitazioni, i parcheggi, gli argini lungo le autostrade.
La raccolta di firme va fatta per chiedere l’abolizione della “prassi amministrativa e urbanistica”, discendente dagli “asset derogatori” riassunti agli articoli 4, 11, 12, 13 della legge sul suolo della regione Veneto in quanto:
la “prassi amministrativa e urbanistica” della legge veneta sul suolo “accentua” e “non mitiga” gli effetti climalteranti negli “habitat antropizzati” e priva i cittadini veneti del diritto ad una “vita sana”; va contro l’articolo 6 della legge n. 10 del 14 gennaio 2013 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani;
è in contrasto con i nuovi articoli della costituzione, all’art. 9 che “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni” e all’art. 41 quando afferma che il “diritto all’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente”;
è in contrasto con l’art. 2 comma 1 lett. d) della legge regionale n.11 del 23/4/2004 “Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio” che prevede “l’utilizzo di nuove risorse territoriali solo quando non esistano alternative alla riorganizzazione e riqualificazione del tessuto insediativo esistente”;
è in palese contrasto con l’articolo 2 comma 1 lett. h) della stessa legge sul suolo della Regione Veneto (modalità greenwashing ed effetto ossimoro): “gli interventi di rigenerazione urbana devono essere finalizzati alla sostenibilità ecologica e all’incremento della biodiversità in ambiente urbano” (in uno con la nuova versione dell’art.9 della Costituzione);
è in palese contrasto con l’art. 3 comma 3 lett. b) della stessa legge sul suolo della Regione Veneto (modalità greenwashing ed effetto ossimoro) che afferma: “sono obiettivi delle politiche territoriali individuare le funzioni ecosistemiche dei suoli anche in ambito urbano e periurbano”;
è in palese contrasto con l’art. 3 comma 3 lett. c) della stessa legge sul suolo della regione Veneto (modalità greenwashing ed effetto ossimoro) che afferma: “promuovere e favorire l’utilizzo di pratiche agricole sostenibili, recuperando e valorizzando il terreno agricolo anche in ambito urbano e periurbano”;
è in palese contrasto con l’art. 3 comma 3 lett. g) della stessa legge sul suolo della Regione Veneto (modalità greenwashing ed effetto ossimoro) che afferma: “ripristinare il prevalente uso agrario degli ambiti a frammentazione territoriale, prevedendo il recupero dei manufatti storici e del paesaggio naturale agrario, il collegamento con i corridoi ecologici e ambientali”;
è in palese contrasto con l’art. 3 comma 3 lett. e) della stessa legge sul suolo della Regione Veneto (modalità greenwashing ed effetto ossimoro) che afferma: “valutare gli effetti degli interventi di trasformazione urbanistico-edilizia sulla salubrità dell’ambiente, con particolare riferimento alla qualità dell’aria e sul paesaggio inteso anche come elemento identitario delle comunità locali”;
è in palese contrasto con il comma 2 lett. a) e il comma 3 dell’art. 9 della stessa legge sul suolo della Regione Veneto (modalità greenwashing ed effetto ossimoro) che afferma: “la giunta regionale incentiva la valorizzazione del verde urbano, degli spazi urbani aperti, pubblici e privati, nonché per la realizzazione di boschi cittadini e interventi volti a favorire l’insediamento di attività agricola urbana e il ripristino delle colture beni terreni incolti, abbandonati e inutilizzati”.
La “galassia ambientalista”, la cittadinanza attiva, le forze progressiste devono cercare di trasformare la “compulsiva” e “disperata condivisione” sui social dello “sterminio dei prati” e le “singole” raccolte di firme contro “singoli” episodi di “suolicidio” o di “albericidio” in una radicale, anche se molto tardiva, “lotta ambientalista” per dar vita ad una mobilitazione per chiedere un “referendum abrogativo” della legge veneta sul suolo e il “censimento obbligatorio” dei milioni di metri cubi di edificato inutilizzati e delle migliaia di chilometri di asfalto che radono al suolo paesaggio e identità in una corsa senza freni verso un vero e proprio suicidio ecologico lento ma inesorabile.