Per motivi professionali ho vissuto molto da vicino la trasformazione avvenuta nel settore del commercio al dettaglio nella nostra area. Per brevità, oggi dirò di Mogliano Veneto: nella nostra cittadina, alle origini, prosperava una cospicua schiera di alimentaristi al dettaglio, tale da dar vita nel 1967 al nucleo originario di una cooperativa denominata CAM soc. coop. (Commissionaria alimentaristi moglianesi). Nel tempo si è evoluta nel noto gruppo leader che ha assunto in seguito il nome di Vega soc. coop. A fine anni ’70 si contavano in paese grosso modo intorno a una ventina di negozi tradizionali: i cosiddetti negozi sotto casa. L’avvento della Grande Distribuzione, salvo casi particolari, è avvenuta in un modo non molto traumatico, almeno per quanto riguarda il nostro comune. Spesso i vecchi commercianti, giunti in condizioni economiche generalmente floride all’età della pensione e senza ricambio generazionale, chiudevano bottega. Magari affittavano i propri locali, molto spesso di proprietà, per usi commerciali diversi: erano molto appetibili, in quanto collocati in posizioni centrali. Le licenze generalmente venivano vendute e per concentrazione di 2 o più esercizi poteva essere concessa l’autorizzazione a realizzare i primi supermercati, di superficie maggiore. Parliamo comunque, all’epoca, di nuove aree di vendita generalmente comprese tra i 400 e i 600 m etriquadri, in grado di offrire un maggior grado di servizi e assortimento ai cittadini. Questo processo di rigenerazione necessaria della rete distributiva ha subito un’accelerazione fino a divenire degenerativa, addirittura bulimica. I grandi investitori in questo tipo di imprese, fiutando l’affare, non erano più soltanto dei singoli cittadini ambiziosi che, magari, dal negozietto di famiglia via via si ingrandivano, adottando superfici di vendita più estese, ma gruppi finanziariamente attrezzati o, non infrequentemente, delle società immobiliariste che speculavano.
In particolare il Veneto, nel giro di una manciata d’anni è divenuto la Nuova Frontiera della distribuzione: la regione, considerata ricca, ha richiamato schiere di insegne: quasi quasi un catalogo della distribuzione che conta nel nostro Paese. Notevole il fatto che proprio nella provincia di Treviso sia approdato uno dei primi ipermercati francesi, il Rallye di San Biagio di Callalta (oggi Il Tiziano) e, ancora, in terra veneta abbia fondato la propria sede italiana la prima catena di discount tedesca: Lidl.
Se la prospettiva iniziale era quella di sostituire una rete distributiva oggettivamente obsoleta, oggi la continua apertura di nuovi punti vendita di dimensioni sempre più grandi ha portato a situazioni addirittura allarmanti: la facilità con cui in particolare la nostra regione ha aperto le porte a continui nuovi insediamenti sta mostrando crepe evidenti.
In un territorio dove la popolazione tende a decrescere e a diventare mediamente più vecchia, i consumi alimentari sono piatti e la mobilità si riduce. Se aumentano di numero le grandi superfici decentrate, già presenti in sovrabbondanza, in più si svena la motivazione economica dei negozi nei centri storici e ancor maggiormente negli agglomerati urbani periferici: ad esempio, già oggi la frazione di Campocroce ha perso il proprio unico punto di rifornimento e una popolazione di 1500 abitanti deve sempre prendere l’auto per andare a fare la spesa completa.
Il fatto è che, parallelamente, anche tra i grandi insediamenti si è accesa una competizione dalle dimensioni titaniche. Si assiste dunque ad un recente fenomeno di cannibalizzazione tra dinosauri. Entità dalle dimensioni e costi giganteschi, come quella degli Ipermercati e Centri commerciali, per prosperare devono attingere su bacini di clienti molto ampi e così riscontriamo le prime vittime illustri: intere gallerie di negozi chiusi nei centri commerciali, il gruppo Carrefour che lascia l’iper del Valecenter di Marcon e molte piazze italiane, l’Auchan di Mestre che cambia proprietà, la Nave de Vero a Marghera che chiude il proprio supermercato. In generale la distribuzione deve fare i conti su profitti sempre meno appetibili, anche perché la formula dei discount, a servizi e costi ridotti, è molto competitiva e agile.
Eppure le aperture continuano, secondo la tattica di piazzare sulla scacchiera proprie pedine (i punti vendita) in posizioni ritenute più favorevoli rispetto a quelle occupate del concorrente già esistente, nella speranza provvisoria di sottrargli mercato. Ma chi di spada ferisce, di spada perisce: la storia si ripete, se non ci sono leggi a barriera di protezione ragionevoli. Oggi nella nostra area assistiamo a una saturazione assurda.
Anche la nostra amministrazione comunale moglianese chiude un occhio volentieri, se nelle casse balugina il miraggio di una contropartita in termini di danaro o opere gratuite di compensazione. Il comune di Mogliano Veneto ha una rete di supermercati e discount, nel proprio territorio, sufficiente a soddisfare ampiamente le aspettative dei propri cittadini. Inoltre, intorno al territorio di Mogliano c’è una cintura di proposte persino esagerata. Che senso ha concedere l’apertura sul Terraglio del nuovo superstore di Visotto nell’area ex Nigi? L’amministrazione Arena ne aveva fortemente limitato la disponibilità, attraverso il nuovo piano approvato. Ora la giunta di centro destra annuncia che è disposta a modificare sia il PAT che il Piano degli Interventi, per autorizzare 4.000 metri quadri di area vendita. Non regge l’affermazione che “non saranno costruiti nuovi edifici”: l’impoverimento riguarda la qualità della vita, in cambio di un presunto benessere consumista. Ma l’amministrazione parla di rigenerazione urbana, di opere per 3,600 milioni che entreranno nelle casse comunali e dell’agognata (si fa per dire) Cittadella della Sicurezza che sarà realizzata.
Un beneficio molto aleatorio: ad ogni nuova apertura, in un’offerta sovradimensionata, corrisponde che qualcuno ci lascerà le penne. Sono i negozi del centro, sempre più costretti a inventarsi proposte di nicchia per sopravvivere e superare il restringimento delle occasioni di frequentazione da parte dei potenziali clienti. Senza contare lo svuotamento progressivo dei servizi nelle frazioni, sempre meno appetibili per il commercio.
Ha senso tutto questo? La creatività sembra oramai cristallizzata nell’idea che una soluzione ai problemi di bilancio dei comuni stia nel favorire la replica di iniziative commerciali o urbanistiche senza innovazione, a prescindere dai danni futuri nel tessuto sociale. Senza considerare l’ulteriore minaccia per il mai nato “boulevard del Terraglio”: sull’arteria monumentale convergerà tanto nuovo traffico. Così raccontava la cronaca sul Gazzettino.it del 19 dicembre 2020:” Il Terraglio diventerà un boulevard sulla copia di quelli parigini e Mogliano un giardino fiorito. Sono questi gli obiettivi dell’amministrazione comunale di Mogliano per la riqualificazione urbana e la valorizzazione ambientale. Idee che si sono trasformate nel documento del sindaco, Davide Bortolato. Tre i punti chiave: Terraglio, riqualificazione urbana e valorizzazione ambientale. Il piano degli interventi è stato presentato dal sindaco Davide Bortolato nel corso dello scorso consiglio comunale”.
La realtà è ben diversa. Povero Terraglio: qualcuno finirà per convincerci che in sovrappiù sono proprio le antiche ville venete e non le piattaforme commerciali. Queste ultime hanno sostituito l’anima di questo VENETO FIRST dal volto artificiale.
Complimenti per la logica ed essenziale disamina ed analisi della situazione della distribuzione, alimentare e non solo, nel moglianese.
Sono d’accordo !
Sono perfettamente d’accordo. Non si sentiva l’esigenza di una nuova area commerciale proprio sul Terraglio e sulla rotonda che collega alle autostrade!
La cosa sconcertante è che se un cittadino fa richiesta di allargare una finestra o apportare qualche piccola modifica alla propria abitazione (non sto parlando di alzare di un piano), allora i divieti e gli intoppi burocratici rendono impossibile qualsisasi lavoro. Una vergogna!