Intervista sulla transizione ecologica al fondatore di Slow Food
Ci troviamo a Villa Stucky, a Mogliano, dove Carlo Petrini ha riposato dopo la conferenza tenuta assieme all’economista gesuita Gaël Giraud a Casa dei Carraresi, presentando il loro ultimo libro “Il gusto di cambiare. La transizione ecologica come via per la felicità” (un libro tutto da leggere, per le accurate analisi che fornisce, per gli spunti d’azione che offre). Carlo Petrini rimane il punto di riferimento di Slow Food, naturalmente, ma oggi è molto impegnato anche con le Comunità Laudato Sì che ha fondato assieme a Domenico Pompili (oggi vescovo di Verona) e che raggruppano persone di buona volontà (credenti, non credenti, agnostici) impegnati a diffondere il progetto di ecologia integrale promosso dall’enciclica di Papa Francesco.
Possiamo Carlo, in breve, fare il punto della situazione?
La situazione è presto detta. L’attuale sistema di sviluppo, pur portando diversi benefici a noi occidentali, sta collassando il pianeta (e noi con lui) perché fondato sull’idea di un mondo fatto di risorse infinite. Non è così. Avremmo dovuto tener presente la finitezza delle risorse e invece da due secoli lo stiamo saccheggiando, con la distruzione della biodiversità degli ecosistemi. E i risultati si vedono… e si sentono.
Sul banco degli imputati il modo di produrre…
Sì, è un paradigma che va cambiato, caratterizzato da inutili quantità, sprechi, serialità, ingiustizie che spengono il gusto di vivere: stare un po’ meglio non significa automaticamente star bene, quando a prevalere è l’oggetto e non il soggetto spesso accade il contrario. Vorrei sottolineare in particolare il sistema agroindustriale, ancora troppi non conoscono i danni che monocolture e allevamenti intensivi provocano al pianeta, basti pensare che nel suo insieme, dalla produzione alla distribuzione, è responsabile del 34% delle emissioni di CO2, quando la mobilità (auto, aerei, moto, ecc.) arriva al 17%. E bada bene che oggi si realizza più cibo di quel che serve, ma 800 milioni continuano a soffrire o morire di fame, perché in verità si produce per vendere non per sfamare. Da questo scellerato sistema nascono il cibo che fa male, magari targato “made in Italy”, e una montagna di sprechi che reclama vendetta.
Ti sembra che la politica si stia muovendo?
No. Da anni assistiamo a incontri internazionali dove alle buone parole non seguono mai i fatti. La politica è paralizzata da molteplici interessi. Lo stesso sistema bancario, come ha ben spiegato Gaël Giraud, dice di voler sostenere la transizione ecologica, ma poi investe il 95% dei suoi fondi in carbon fossile.
E dunque, che fare?
È indispensabile creare una nuova politica, diffusa e organizzata, far sì che la consapevolezza di molte persone si unisca per fare massa critica e contrapporsi a questo iniquo mercato, fronteggiare la tecnocrazia con un nuovo umanesimo. Devo dire che molti giovani lo stanno già facendo, ritornando all’agricoltura e al cibo “buono, pulito e giusto”, scegliendo nuovi stili di vita: un insegnamento per tutti noi.
Qualche iniziativa nel prossimo futuro?
Sì! Come ho annunciato a Treviso, Laudato Sì con il contributo di altre associazioni per il prossimo autunno | inverno sta preparando una grande mobilitazione, un contratto che ogni persona potrà sottoscrivere impegnandosi a: • diminuire le proteine animali • ridurre fortemente lo spreco alimentare, dimensionando gli acquisti e consumando tutto • scegliere i prodotti di stagione e in gran parte locali • evitare i prodotti iperprocessati • limitare fortemente la plastica monouso • avere cura della risorsa acqua. Un appello all’impegno individuale e insieme collettivo! Lo spiegheremo in modo circostanziato: se sottoscritto da migliaia di persone potrà avversare concretamente l’irresponsabile ingordigia dell’agricoltura industriale e portare benefici all’ambiente e a tutti noi. In termini di salute e di gusto.
Avrà anche la benedizione del papa?
Speriamo.
Ci lasciamo sorridendo e dandoci appuntamento appena dopo l’estate. C’è molto da fare, ma un rinnovato entusiasmo circola nell’aria.