Stiamo parlando, manco a dirlo, del “nostro aeroporto” e dunque dell’Aeroporto di Tessera. Di quello improvvidamente costruito sulla gronda della Laguna più famosa del mondo. Al margine, cioè del giacimento di paesaggio, di natura, di storia, d’arte e di cultura più importante del Pianeta. Qualifica cui s’aggiunge il riconoscimento UNESCO di “Patrimonio dell’Umanità”. Non così importante, quest’ultimo, dato che è stato attribuito anche alle “Colline avvelenate del Prosecco”.
Ora, tutti sanno e anche i meno dotati intellettualmente l’hanno capito, che una siffatta infrastruttura, determina un impatto elevatissimo. E non solo sulla laguna di Tessera e di Campalto, ma anche sull’intera Laguna nord e sui contermini territori di Altino e di Portegrandi.
Impatto acustico martellante; impatto sull’avifauna lagunare; impatto sul paesaggio di gronda, con parcheggi, torri di controllo, terminal, viabilità, svincoli, rotonde e traffico, a tutte le ore del giorno e della notte.
Basti il dato di un aereo ogni dieci minuti, in fase d’atterraggio o di decollo, per comprendere l’entità della frequentazione umana dello stesso aeroporto.
Tutto questo per dire che, quando sono state fatte determinate scelte, sul finire degli anni Cinquanta del secolo scorso, la verifica d’impatto ambientale non esisteva neppure e la visione del futuro era quella che potremmo definire “futurista”. Una visione caratterizzata da traffico, fumo, rumore, rombo di motori e gru svettanti all’orizzonte di un paese che anelava di diventare ricco. Ricco e convulso; ricco e inquinato; ricco e rumoroso: comunque ricco.
Ora, l’aeroporto c’è e ce lo dobbiamo tenere; nessuno ha proposto ancora di smantellarlo. Anche perché, questo va detto, i venditori di becchime per colombi di Piazza San Marco scenderebbero immediatamente in sciopero, con le conseguenze che si possono facilmente immaginare.
C’è e ce lo teniamo, ma questo sembra non bastare; anzi, non basta proprio, dato che si parla niente meno che di raddoppiarlo.
Piste, terminal, passeggeri, voli: tutto raddoppiato. Per la semplice ragione che c’è chi anela, semplicemente, a diventare più ricco.
A questo punto, però, chiunque fosse animato da buon senso, direbbe pacatamente di no.
No, grazie: ci basta (e avanza) quello che abbiamo. Non solo, ma sarebbe pure il caso di mitigarne l’impatto.
Invece le cose non sembrano prendere questa razionale piega e la minaccia sta assumendo, giorno dopo giorno, contorni di preoccupante realismo.
Il mega progetto, purtroppo, è nelle mani di un quartetto di solisti dotati di un preoccupante curriculum. Stiamo parlando dell’amatissimo Presidente della Regione Veneto Luca Zaia, secondo soltanto a tale Fontana per entità del consumo di suolo. Stiamo parlando del Sindaco di Venezia Brugnaro, popolarissimo sostenitore del mega progetto di urbanizzazione chiamato “Bosco del Sport”, con sfacciata e grottesca comicità. Stiamo parlando del supermanager e presidente della SAVE dottor Enrico Marchi, che farebbe volare anche le Topolino. Stiamo infine parlando di tale Ministro alle Infrastrutture, Matteo Salvini; quello che vuole costruire un ponte sospeso lungo alcuni chilometri nella zona più sismica del Mediterraneo dopo Santorini.
Con questi straordinari “Attori politici”, secondo voi, come andrà a finire?
Vinceranno “gli ambientalisti”, che nel frattempo, a differenza dei cigni, si sono estinti?
Vinceranno le volpoche, le marzaiole, i basettini, le cannaiole della Palude Pagliaga?
Si accettano scommesse. In fin dei conti anche l’obbiettivo di chi scrive è di diventare ricco.
Secondo me dobbiamo continuare così, anzi accelerare!
L’unica soluzione ragionevole che vedo all’orizzonte è l’estinzione del genere umano.
Poi il pianeta Terra ci metterà magari qualche millennio a riprendersi, ma tanto non ha fretta