“Scrivo queste righe col cuore stretto dal rimorso per non aver fatto di più per indurre il popolo di queste terre a ribellarsi alla minaccia mortale che ora è diventata realtà. Oggi, tuttavia, non si può soltanto piangere. E’ tempo di imparare qualcosa”.
Sono queste le parole con le quali la giornalista bellunese Tina Merlin conclude un articolo apparso sul quotidiano L’Unità l’11 ottobre 1963, a due giorni dalla tragedia che sconvolse le comunità della valle del Vajont, al confine tra il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, causando la morte di 1910 persone (di cui 487 bambini) dopo aver cancellato Longarone e i paesi limitrofi.
È tempo di imparare qualcosa ed è con questo spirito che, in occasione del 60° anniversario dal 9 ottobre 1963, l’Associazione Genitori Scuole Cattoliche (AGeSC) e il Comune di Mogliano Veneto hanno realizzato il progetto “VAJONT, PER NON DIMENTICARE”, in collaborazione con il Collegio Salesiano Astori, il Liceo Statale Giuseppe Berto e l’Associazione culturale Tina Merlin di Belluno.
A distanza di una settimana dall’ultimo incontro, che ha concluso l’iniziativa, è ancora forte l’emozione per una manifestazione che ha coinvolto la cittadinanza e gli studenti delle quattro scuole del territorio (Collegio Astori, Liceo Berto, Istituti Comprensivi Nelson Mandela e Marta Minerbi), assumendo un grande significato e valore per tutta la comunità moglianese: lo stesso Sindaco di Longarone Roberto Padrin, intervenuto durante la conferenza stampa di presentazione del progetto nella Sala Consiliare del Palazzo Municipale, ha evidenziato come l’iniziativa realizzata a Mogliano è stata senza dubbio la più articolata a livello regionale.
A questo punto è importante, però, parlare anche dei numeri per capire le dimensioni della manifestazione:
- 1200 studenti sono stati coinvolti nelle diverse attività didattiche realizzate in collaborazione con le scuole (300 delle elementari, 300 delle medie e 600 delle superiori);
- 300 studenti delle scuole elementari e medie hanno visitato, accompagnati dai docenti, la mostra fotografica itinerante “I GIORNALI DEL VAJONT”, esposta presso il Centro Sociale del Comune dal 30 settembre al 15 ottobre;
- 300 persone hanno visitato la stessa mostra nei 3 weekend di apertura e, in quell’occasione, il servizio di accoglienza e visite guidate è stato gestito da 8 studenti delle classi quinte superiori (4 del Collegio Astori e 4 del Liceo Berto) tramite PCTO Scuole-AGeSC;
- 200 studenti hanno partecipato alle visite d’istruzione sui luoghi della Memoria del Vajont (Chiesa di Longarone, Museo del Vajont, Cimitero di Fortogna e Diga del Vajont), accompagnati dai docenti (100 del Collegio Astori e 100 del Liceo Berto)
- 400 persone hanno assistito agli incontri aperti alla cittadinanza
Il dato sui numeri è significativo, ma altrettanto importante è stato l’aspetto educativo del progetto, rivolto principalmente alle nuove generazioni, che ha avuto come finalità quella di educare al valore della memoria, al rispetto dell’ambiente e a discernere in modo critico tra le varie fonti d’informazione.
Vedere gli occhi lucidi di tanti studenti mentre ascoltavano le testimonianze dei 2 sopravvissuti alla tragedia (Renato Migotti e Giuseppe Vazza), vedere l’interesse suscitato negli studenti durante gli incontri con lo scrittore Tommaso Percivale, partendo dalla storia della tragedia e dalla figura di Tina Merlin, percepire l’emozione e ascoltare il “silenzio” degli studenti durante la visita ai luoghi della memoria, sentire il riscontro positivo dei docenti rispetto ad un progetto che ha messo in rete tutte le scuole del territorio. Tutto questo ha dato un senso all’impegno e allo sforzo organizzativo dell’iniziativa perché siamo convinti che i nostri giovani porteranno per sempre nel cuore l’esperienza vissuta.
Come mi raccontava spesso mio suocero, che è stato medico di base di Longarone per 40 anni nel dopo Vajont, per diversi anni quando andava a casa dei pazienti oppure i pazienti venivano nel suo studio, non curava le malattie fisiche ma soprattutto le “malattie dell’anima”. E’ a lui e a tutte le persone che hanno permesso la rinascita delle comunità devastate dalla tragedia del 9 ottobre 1963, che mi sento di dedicare questo progetto; sono proprio quelli che spesso Papa Francesco definisce gli “artigiani del bene comune”, persone che con l’esempio quotidiano contribuiscono a rendere migliore il mondo in cui viviamo, un mondo che come adulti siamo chiamati a costruire insieme ai giovani, cercando di non commettere gli stessi errori del passato perché, come dice un proverbio indiano, “non abbiamo ereditato la terra dai nostri genitori, l’abbiamo presa in prestito dai nostri figli”.