Mi sono trovata casualmente lunedì 20 novembre ad assistere alla grandiosa e commovente moltitudine di studenti radunati per ricordare la loro amica Giulia, assassinata alcuni giorni addietro, uno dei crimini più efferati perpetrati ai danni di una giovane donna. Il luogo era il Portello, la porta Ognissanti la più importante di Padova, che apre sul Campus universitario più popolato e urlato della città. Numerosi venivano da via Gradenigo dove si trova il Dipartimento di Ingegneria frequentato da Giulia Cechettin e Filippo Turetta. In 10.000 sono sfilati per il centro tra dolore e sconforto, segnati da un senso di solitudine che, dopo Giulia, ha colpito pure loro.
Bisognava arrivare a tanto per rendersi conto dei problemi del mondo giovanile oggi? Durante la mia attività di docente all’Università di Padova, ascoltandoli alla fine delle lezioni, durante le ore di ricevimento all’interno del mio studio, mi sono resa conto, rapidamente, che neppure l’Università può prescindere da una funzione educativa. Che diventa possibile solo se ci si propone di conoscere i giovani che vivono accanto a noi.
In quanto segue, presento, per questo, alcune testimonianze di studenti sul vissuto dei momenti critici delle loro relazioni sentimentali. Si tratta di stralci di testi narrativi realizzati nel Laboratorio “Conoscere e ri-conoscere le emozioni”, parte della ricerca condotta dalla scrivente e finanziata dalla Università di Padova, su Relazione romantica e formazione sentimentale. Esperienze, conoscenze, rappresentazione valori dei giovani in campo affettivo – sessuale (Pensa Multimedia, Lecce 2019). La ricerca, di carattere interuniversitario, tra gli atenei di Padova, Bergamo, Milano, Palermo, si è basata su un campione di 4452 studenti tra i 21-25 anni, appartenenti a diversi corsi di laurea (medicina, architettura, chimica, giurisprudenza, scienze naturali, biologia, lettere, scienze della formazione) dei quali il 19,3% erano di ingegneria e per quanto riguardava Padova, potenza delle coincidenze,studenti del Dipartimento di Giulia Cechettin.
“Un amore che finisce e che è stato davvero importante ci lascia dentro un senso di rabbia ed impotenza. Ritrovarsi senza quella persona che per tanto tempo è stata il nostro punto di riferimento, ci dà un senso di grande solitudine. Forse per un po’ crediamo addirittura di odiare quella persona che abbiamo tanto amato. E vorremmo bruciare attimi e ricordi felici, vorremmo affogare nel nostro dolore, ci sentiamo come se quel dolore fosse solo nostro. E non abbiamo più fame, sete o freddo. Non abbiamo più voglia di continuare a vivere… a lottare. Quello che ci rendeva forti, quello che ci faceva sentire sicuri e invincibili se n’è andato.” [F.]
“Quando mi ha lasciato, mi sono sentita strappare il cuore in tanti piccoli pezzi, mi sono sentita vuota e sola perché io senza di lui non potevo essere nessuno, non valevo niente, lui era tutto, lui era il mio mondo, la persona più importante della mia vita. È come se mi avessero rubato la felicità, non avevo più motivo per sorridere e tanto meno volevo farlo! Di notte mi svegliavo e guardavo il cellulare per vedere se mi aveva scritto, per vedere se ci aveva ripensato ma niente…niente, la schermata era vuota come me stessa! Posso prendere in giro tutti, prendere in giro perfino me stessa autoconvincendomi di averlo dimenticato ma la verità è che mi manca da morire. Mi manca ogni giorno di più, mi manca maledettamente sempre di più. Non sto bene senza di lui, anzi la mia vita fa schifo…è un vero schifo. Voglio riaverlo. Voglio averlo ancora tra le mie braccia per una volta, è l’aria che mi manca.” [F, diciannovenne, storia passata durata dai 15 ai 17 anni]
“Sembrava fossimo ubriachi d’amore, tutto andava per il meglio…e poi mi ha tradito. Sono certa che non voglio tornare con lui, almeno per adesso; l’unico problema è che comunque non riesco a dimenticare, non riesco a disinnamorarmi, non riesco a colmare il vuoto che l’amore di cui lui mi ha così crudelmente privato ha lasciato dentro me. Anche se dentro me vorrei combattere per questo amore, so che ormai è tutto perso, lui pensa ad altro ed è come se rinnegasse tutto. Adesso sono confusa: alterno momenti di desolazione, solitudine e senso di nudità, inermità e debolezza, ad attimi in cui mi sento splendida verso il mondo, con una energia e una voglia di ripartire travolgente.” [F, ventenne, storia durata 4 anni]
“Tutti dicono che l’amore può aspettare, io non la penso così, è l’unica ragione per restare, anche se può far male. Magari incontri quello che per te è la parte mancante per raggiungere la felicità e ti accorgi che lentamente con il suo rifiuto ti ha estirpato il sorriso e la voglia di amare ancora. In quel caso ti tocca mollare la presa, o forse molli perché le forze ti mancano e comincia il buio totale, il buio della tua camera che ti mangia l’anima a poco a poco, distrugge gli argini che avevi costruito dentro di te ed ecco le lacrime silenziose, e vorresti strapparlo dai tuoi sogni, farlo a mille pezzi e credere che la cicatrice sia sparita. […] Perché a questa età hai bisogno che qualcuno ti tenga la mano, è importante per crescere e materializzare il futuro davanti ai tuoi occhi. E intanto aspetterò in fila con i disillusi sognatori, verrà poi il mio turno per piangere di gioia e dividere con lui problemi e sorrisi.” [F, ventenne, in attesa dell’amore)
Tra le tante spiegazioni che ci hanno elargito talk show televisivi e tuttologhi di varie specie, quanto riportato ha il merito di presentare vissuti autentici che mettono l’accento proprio sul peso, le conseguenze e la disperazione provocata dai costituenti strutturali della coppia, che verosimilmente sono la vera matrice che spiega il gesto di Turetta. Mi resta il rimpianto di non essere ancora attiva all’università per assegnare a questa ricerca una dimensione longitudinale, ripetere l’indagine e verificare lo scarto tra ieri e quanto la cronaca ha drammaticamente registrato in questi giorni.
Articolo molto interessante!