Cominciamo con lo spiegare cosa significhi il termine Fitodiversità. Per chi scrive, perito industriale meccanico degli anni Sessanta del secolo scorso, la cui confidenza con il Greco è pari a quella con l’Arabo antico, l’intuizione è stata immediata. Fitodiversità significa “diversità vegetale” e dunque, se riferita ad un determinato ambiente o contesto geografico, la “ricchezza di specie floristiche”.
Detto questo, affrontiamo subito e a muso duro, le perplessità del Lettore, che obietta: ma come, con le guerre attizzate dal Capitalismo USA in atto, con le centinaia di miliardi di armi, carri armati e missili concessi ai (neonazisti) ucraini nel nome della Libertà; con le migliaia di bambini di Gaza uccisi dai criminali e indiscriminati bombardamenti israeliani, per distruggere il terrorismo che essi stessi hanno fomentato con oltre cinquant’anni di vessazioni, uccisioni e usurpazioni; con tutto questo in atto, qualcuno ha il coraggio di venirci a parlare della “importanza della Fitodiversità”? Ma siamo impazziti? Ma stiamo scherzando?
Confermo, caro lettore, siamo impazziti, ma non certo per il fatto di parlare dell’importanza della diversità vegetale, bensì per tutto il resto. Anzi, quest’ultima rappresenta la normalità e dunque un tema da “mondo normale”, in cui l’Umanità figlia di dio (???) si comporti da specie intelligente, razionale e dotata di quella speciale capacità di pensare al proprio futuro, che manca invece agli animali.
Bene, sgombrato il campo dalle obiezioni, veniamo al tema. Perché occuparci della diversità vegetale?
La ragione è semplice: se vogliamo conservare un ambiente vivibile, gradevole, ospitale, sano, ma soprattutto efficiente in termini ecologici, la ricchezza delle specie vegetali appare fondamentale.
Ma non limitiamoci alle enunciazioni di principio e facciamo qualche esempio, partendo dal giardino di ciascuno. Se il fazzoletto di “prato inglese”, espressione che tradotta in italiano significa “deserto del Sahara”, venisse sostituito da un praticello misto e formato da numerose specie che fioriscono, non avremmo bisogno di appendere il salotto la riproduzione di qualche quadro impressionista che ci ricordi la bellezza di un prato. Per la semplice ragione che ce l’avremmo dinnanzi agli occhi, quotidianamente.
E ancora, se sostituissimo il muro vegetale di Lauroceraso con una siepe mista di arbusti a foglie colorate e soprattutto fioriferi, potremmo rinunciare a qualche passeggiata in collina o in montagna alla ricerca di “paesaggi bucolici”. Semplicemente perché il paesaggio gradevole, profumato e ricco di vita ce l’avremmo lì, al margine del giardino.
Diversità vegetale significa infatti colori, profumi, vita animale: tutte cose che stimolano i sensi, che procurano piacere e che allungano la vita. Sempre che tutto questo sia nelle nostre intenzioni, ovviamente.
Ma se questo non bastasse, occupiamoci anche delle alberature del nostro piccolo e prolisso giardino. Un frammento di verde urbano in cui il poco spazio disponibile appare occupato da un Cedro dell’Himalaya debordante, da tre betulle sofferenti e da una Magnolia sempreverde: come a dire un giardino mummificato, realizzato a misura e gusto del vivaista. Ebbene, cambiamo arredo vegetale, e facciamolo nel segno di una maggiore ricchezza e diversità di specie. Sostituiamo gli esotismi (non ho scritto erotismi!) con un Acero campestre, un Acero minore, un Carpino bianco, un Orniello, un Melograno, un Susino, un Corbezzolo e perché no, con uno splendido Sambuco.
Se tuttavia, dopo quella domestica, consideriamo la diversità vegetale della campagna, dobbiamo rivolgerci ai nostri numi tutelari e dunque ai personaggi politici che ci governano. Dobbiamo supplicare il governatore Zaia, leghista bonario e sorridente, ma pur sempre leghista, di impedire che la nostra campagna diventi un gigantesco vigneto industriale. Che almeno qualche angolo, qualche ritaglio di superficie improduttiva venga lasciato ai prati, alle siepi, ai boschetti. Quelli che in primavera profumano di viole, in cui le robinie fioriscono attirando milioni di api (se sono ancora vive), che ospitano i nidi del Merlo, del Codibugnolo, del Rigogolo.
Ecco, la diversità vegetale è importante per tutto questo. E lo è più dei soldi, più dei biglietti da cinquecento “euri” con cui i ricchi faranno foderare le proprie bare.
Vero. Dobbiamo posare degli “sguardi sovversivi” sopra i nostri luoghi comuni alimentati da una pigrizia mentale e culturale grazie anche al “sovraffollamento mediatico” del nostro pensiero.