In Veneto i dati del consumo di suolo sono impressionanti. Non è più possibile continuare una discussione sull’arresto del consumo di suolo in Veneto ignorando gli effetti della legge regionale nr. 14 del 6 giugno 2017 “Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo”. Una legge che prevede si possano consumare 18257 ettari dal 2017 al 2050 e che al raggiungimento di quella quantità non concorrano ben “16 deroghe” (opere pubbliche, strade, supermercati, lottizzazioni di completamento negli ambiti di urbanizzazione consolidata, attività produttive e commerciali, poli logistici, ecc.). Deroghe grazie alle quali il consumo annuo di suolo, dopo l’entrata in vigore di quella legge è addirittura aumentato rispetto al periodo dal 2012 al 2016.
In Veneto nel 2017 (anno di entrata in vigore della legge veneta) si sono consumati 1100 ettari e la regione è riuscita a piazzarsi al primo posto nella graduatoria nazionale per il consumo di suolo. I dati degli anni seguenti sono più che eloquenti:
nel 2018 - 923 ettari (1 posto) nel 2019 - 785 ettari (1 posto) nel 2020 - 682 ettari (2 posto) nel 2021 - 684 ettari (2 posto) nel 2022 - 739 ettari (2 posto)
I dati sono di un’evidenza incontrovertibile e rendono ridicolo il minimo accenno di contraddittorio a tale mostruosa evidenza ambientale e urbanistica. Il peso della realtà ambientale veneta, nella sua oggettività scientifica, estetica, visiva, analogica, condizionata com’è dalla enorme perdita dei “servizi ecosistemici” forniti dalla terra, deve spingerci a fermare, “qui e ora”, qualsiasi nuova forma di consumo di suolo. Prima di legittimare nuovo consumo di suolo va esperito il tentativo di non consumarlo attraverso un poderoso e diffuso lavoro di monitoraggio dell’enorme patrimonio immobiliare e infrastrutturale presente nei “non luoghi veneti” per un loro “riutilizzo” e “adattamento funzionale”. Dobbiamo cambiare qualcosa nel nostro modo di raccontare all’opinione pubblica veneta del dramma ambientale in corso ed uscire dal “tran tran accademico-convegnista” sul tema del suolo.
A questa istanza cercano di rispondere le delegazioni regionali di Italia Nostra, Legambiente, WWF con “l’Appello per un’alleanza per la tutela del suolo in Veneto.”
L’appello, dopo aver sottolineato che un quarto della biodiversità del nostro pianeta è contenuto nel suolo, ricorda i dati oggettivi della quantità di suolo consumato: l’11,88% della superficie territoriale (contro una media nazionale del 7,4%) che sale al 19% se non si considerano le montagne, le acque interne, le aree protette, mentre risulta essere di 448,13 mq il consumo di suolo per abitante (contro una media nazionale di 364 mq/ab). Il documento di Italia Nostra, Legambiente, Wwf si focalizza sul totale fallimento della legge regionale nr. 14 del 6 giugno 2017 “Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo” e chiede di utilizzare la discussione in Consiglio Regionale sul nuovo “Testo unico in materia di governo del territorio” per rivedere “radicalmente” quella normativa infausta per l’ambiente e la salute nel tempo dei cambiamenti climatici e anche per la campagna veneta di un tempo ormai sterminata e frammentata. L’appello si conclude con l’invito rivolto a cittadini e associazioni di sottoscrivere l’appello.
Fin dal 2017 ho denunciato gli effetti prevedibili di quella legge con la sua “connotazione multi-deroghe”, effetti che si sono inevitabilmente manifestati nel corso degli ultimi sette anni, sia per la compromissione ambientale e agricola della campagna veneta, sia per l’urbanizzazione selvaggia e congestionante dei centri urbani e dei territori limitrofi alle città e alle nuove dannose e devastanti infrastrutture stradali, sia per la mancanza di “regole pianificatorie” improntate alla salvaguardia del “bene comune” per eccellenza come la “terra fertile” e tutto questo tra l’indifferenza bipartisan della politica.
Ora, finalmente Italia Nostra, Legambiente, Wwf, in modo autorevole, coraggioso e determinato, prendono posizione a difesa del suolo libero sopravvissuto alla cementificazione e indicano una modalità di “lotta ambientalista” che rimuova almeno la “causa normativa” dello sterminio dei prati (senza dimenticare “l’analfabetismo ecologico” che accompagna l’ignoranza delle funzioni ecosistemiche del suolo).
L’ambientalismo in Veneto deve, a mio parere, posare uno “sguardo sovversivo” sulla narrazione dominante sull’uso e il consumo di suolo in Veneto, attraverso un lavoro dialettico e argomentativo fondato su dati scientifici finalizzato a far crescere la “consapevolezza” nell’intera società civile, sia sul “tempo” che continua a scorrere senza un intervento EFFICACE che arresti il consumo di una risorsa non rinnovabile, sia sullo “spazio cementificato” della nostra regione che continua a crescere e completamente fuori controllo.
Bisogna re(AGIRE), proporre idee e soluzioni quali una “moratoria” su nuovo consumo di suolo e un contestuale “censimento delle aree artificializzate abbandonate a cui ridare vita sociale e abitativa, nel rispetto dell’equilibrio tra economia e natura, a cominciare da singoli edifici in disuso per finire a interi quartieri e borgate di tanti paesi veneti che sono stati privati di una rete efficace di servizi sociali, commerciali e di trasporto pubblico e che stanno pagando il prezzo dello spopolamento a favore del congestionamento dei centri maggiori.
Sig. Schiavon, l’appello contiene un particolare di non poco conto e cioè il mentenimento di una previsione di consumo di suolo annuo, fino al 2050 di 350 ettari. Sicuramente sono la metà della media che il Veneto abitualmete consuma in questi ultimi anni, ma mi crea una qualche preplessità che delle associazioni ambientaliste, e non dei partiti politici, convengano che si può continuare a consumare fino al 2050. Cordialmente, Paolo Favaro