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Due opere sono state inaugurate e mostrate in questi giorni a Mogliano Veneto facendo lievitare l’offerta estetica della città e valorizzando i siti che grazie a queste installazioni hanno cambiato volto.
Una Fontana e una sfera.
Molto di più, ovviamente. Cominciamo dalla prima.
Un ardito totem riluce nella piazzetta Polo specchiandosi sulle vetrate del vicino supermercato a un passo dal centro d’arte il Brolo. Forme verticali e circolari che incuriosiscono e tutti, magari con la borsa della spesa piena, spendono pure un commento sulle sue forme. Pochi ne conoscono la storia (ascesa caduta rinascita) e poco sanno anche del suo autore.
Ne parliamo con Agostino Zanardo, infaticabile moglianese a tutto tondo che è il protagonista di tutta questa avventura.
Prima però un ritratto dell’artista che l’ha creata: Orlando Fasano. Lui aveva vissuto la fase più creativa del secolo scorso, stringendo amicizia con i geni come Picasso, Prévert, Cocteau, Max Ernest nella confusa e convulsa Parigi degli anni ‘30. Poi era ritornato in Italia trovando casa nella nostra placida Campocroce. E incontrando la storia un’altra volta, in questa stessa abitazione si è rifugiato per un breve periodo Antonio Gramsci, braccato dalla polizia fascista (vedi ILDIARIOonline…). Quindi Fasano si dedica alla pittura, al vetro, alla scultura e una delle sue opere, la nostra fontana, viene acquistata dai fratelli Niero che vogliono abbellire e valorizzare l’industria di abbigliamento vicino al Terraglio. Un’industria importante, la più importante di Mogliano, dà lavoro a centinaia di maestranze e che purtroppo decade negli anni ’70. La statua rimane là, circondata dalle erbacce, a guardia di un manufatto abbandonato.
E qua comincia il racconto di Agostino.
Lui e altri amici soffrono per quella deriva artistica e cominciano a lavorare per un suo salvataggio. Agostino è favorito, conosce la signora Fasano ma soprattutto è dotato di un carattere “tachente”. Arriva dove vuole, piano ma ci arriva. Contatta e ricontatta una banca, la più famosa, che amministra la proprietà dopo il fallimento. Poi corteggia la ditta di supermercati che acquista l’area. Trattative bonarie ma insistenti. Alla fine, gli concedono di portar via l’opera, purché si faccia carico delle spese. E secondo me pur di essere lasciati tranquilli. Ma non lo scrivo. E qua entrano in scena i Ceolin, Fabio e Franco, e il loro capo officina Gabriele Meggiato. Di Fabio Ceolin parliamo dopo. Anzi parlerà lui.
Restauro. La Fontana è malmessa. Il meccanismo dell’acqua non funziona più, metà sfere sono sparite e una crosta di calcare ha tolto ogni lucentezza residua. Si lavora. Si lava e l’acciaio torna lucente, si costruiscono da un vetraio di Marcon nuove sfere con delle bollicine che evocano l’effetto acqua impossibile da ripristinare. E la base? Si costruisce una recinzione che ricorda la copertura della Nigi. Tutto facile? Per modo di dire. Pensate che per il recupero ci sono voluti tre anni e per collocarla dove la vediamo adesso, altri due.
Agostino Zanardo oltre che anima dell’associazione Mojan è un alpino e non posso non chiedergli anche della seconda opera di cui vogliamo occuparci, dedicata proprio agli alpini.
La sfera. Agostino taglia corto, ti presento l’autore, Fabio, andiamo a trovarlo. saliamo in auto. Per dove? Al Gris.
Lui ci aspetta con la sua barba e una camicia a scacchi che sta arrugginendo.
Continua domani.