La vocazione termale di Venezia nell’800

Fotografia acquerellata del tardo '800 che mostra i bagni Rima davanti a Punta della Dogana

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Come ben sappiamo, dopo il burrascoso periodo napoleonico che vide Venezia quale merce di scambio, la vita sociale, culturale ed economica della capitale lagunare languiva. Sembrava ormai che la città fosse destinata ad una lenta agonia, ma qualcosa, invero, sarebbe proprio in quegli anni mutata. La medicina, soprattutto quella inglese, iniziava già da qualche decennio a supportare i benefici dei bagni termali e con l’affacciarsi del secolo XIX si era interessata alla particolare conformazione morfologica della laguna veneziana, di cui si esaltava la qualità delle sue acque che, non violente ed irruente come quelle marine, ma nemmeno ristagnanti, avrebbero aiutato, insieme alle loro particolarità chimiche, molti malati a superare i propri acciacchi.

Naturalmente i primi a seguire tali consigli medici furono i membri delle ricche e nobili famiglie, che potevano affrontare i costi di un lungo viaggio e di un prolungato soggiorno nella città; va ricordato infatti che i viaggi all’epoca erano di lunga durata e molto dispendiosi e quando si decideva di visitare un luogo significava soggiornarvi per un tempo minimo non inferiore ai sei mesi.

Così uno tra i primi pionieri britannici che affrontò la lunga traversata per godere dei benefici delle acque salmastre della laguna veneziana fu Lord Byron, di cui le cronache cittadine dell’epoca ricordano le nuotate per i canali nella speranza di curare i suoi problemi di deambulazione. Ad esso fece seguito la crème degli intellettuali e degli artisti europei, tra cui Shelly, Turner, Corot, Mendelssohn, George Sand, Franz List, Dickens e Ruskin, solo per citare i più famosi, tutti giunti in città per curare qualche malanno, venendo reputata l’acqua lagunare un toccasana per le più svariate malattie, quali dermatiti, rachitismo, reumatismi ed anche malattie a trasmissione sessuale.

Prontamente la città rispose a questa nuova stravagante moda dei trattamenti con acqua lagunare e si iniziarono a creare vere e proprie sedi termali nel cuore abitativo. La piu famosa fu quella voluta nel 1833 dal primario dell’Ospedale Civile Rima, posta davanti a Punta della Dogana, ma moltissimi furono anche i palazzi commutati in stabilimenti termali: il più famoso di tutti era quello di palazzo Grassi, con annessa struttura d’avanguardia per queste terapie, posta nell’edificio dove ora vi è il teatrino Grassi.

Locandina pubblicitaria ottocentesca dei bagni Rima

Si modificarono persino gondole ed imbarcazioni per godere di quelli che, con un termine moderno, potremmo definire i primi idromassaggi. Infatti, nella privacy del proprio felze, adagiati su una gabbia metallica ci si poteva giovare dei benefici dell’acqua che accarezzando la persona controcorrente avrebbe migliorato le sue condizioni di salute. Esistevano anche imbarcazioni per più persone che permettevano contemporaneamente questa idroterapia, le cosiddette “Sirene”, tanto rinomate e famose che persino Camillo Boito vi ambientò una scena del suo romanzo “Senso”.

Chi non fosse stato in grado di affrontare i costi delle terapie nella capitale lagunare, poteva accontentarsi di usufruire di un preparato messo appunto da un medico trevigiano nel 1846, che, riversato nella propria vasca da bagno, avrebbe ricreato i benefici di un’immersione nella acque lagunari.

Dalla metà del secolo però Venezia iniziò a perdere questa sua vocazione in favore del Lido, dove i nuovi stabilimenti balneari e le mutate ideologie mediche faranno pian piano spostare l’attenzione del turismo. Con il volgere del secolo chiuderanno anche gli ultimi stabilimenti in città, lasciando al Lido il futuro dei bagni in acqua salata.

Disegno di una “Sirena” per l’idroterapia di gruppo
disegno di una gondola modificata per permettere i bagni singoli
Andrea M. Basana
Di natali veneziani, si è sempre interessato all'arte, non solo lagunare. Il suo campo di ricerca sono le arti applicate, cosa che lo ha portato a tenere svariate conferenze in importanti realtà museali, tra cui le più degne di nota sono quelle del museo di palazzo Zuckermann a Padova e del museo di palazzo Fulcis a Belluno. Ha collaborato con varie riviste tra cui Ateneo Veneto, l'archivio di Belluno, Feltre e Cadore e l'Oadi di Palermo. Negli ultimi anni si è dedicato alla scoperta dell'arte e della cultura della Basilicata, pubblicando per testate locali e scrivendo in collaborazione con il prof. Santoliquido "Forenza Sacra", pubblicazione patrocinata dal Vescovo di Melfi, Rapolla e Venosa.

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