Giovedì 11 aprile u.s., sul sito “orizzontescuola.it” ho letto un interessante intervista di Andrea Carlino ad Andrea Maggi, docente e scrittore, sul ruolo della punteggiatura oggi.

Maggi, spiega che in un’epoca frenetica come quella che stiamo vivendo, la punteggiatura è messa al bando in quanto crea ritmo, pause, un momento di riflessione.

Secondo Maggi, il ritmo, è quell’elemento che riconduce al cuore – in greco thumos – che scandisce il ritmo della vita.

“Senza ritmo, senza cuore, la scrittura diventa un corpo senz’anima, privo di vitalità e di espressività”, spiega Maggi, che di conseguenza invita a riscoprire l’importanza della punteggiatura non come insieme di regole rigide, ma come strumento per dare vigore alle nostre parole, riuscendo così a trasmettere emozioni al lettore.

A tal proposito, voglio segnalare un volumetto pubblicato nel lontano 1995 da Sperling & Kupfer Editori, scritto da Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, intitolato “il Salvalingua”, (pag. 205), di facile consultazione, contenente le soluzioni ai dubbi più comuni, come capire quando o meno mettere l’apostrofo, o come si deve andare a capo.

Di più facile reperibilità è invece “Grammatica italiana per tutti”, autrice Elisabetta Perini, (Giunti editore, anno 2009, pag 287) che oltre a spiegare le regole con esempi pratici, a fine libro presenta dei test di comprensione.

Sul quotidiano Libero di lunedì 8 aprile u.s., voglio invece segnalare l’interessante articolo a firma di Silvia Stucchi intitolato “Perché non conosciamo più l’italiano”, dove l’autrice, segnala tra le tante cause che hanno portato ad un impoverimento della padronanza della lingua di Dante e del Foscolo, l’eliminazione del latino dalle scuole medie.

Secondo uno dei più grandi scrittori del Novecento, Giovannino Guareschi, autore di decine di libri, e della fortunata saga di Mondo Piccolo, “Il latino è una lingua precisa, essenziale. Verrà abbandonata non perché inadeguata alle nuove esigenze del progresso, ma perché gli uomini nuovi non saranno più adeguati ad essa. Quando inizierà l’era dei demagoghi, dei ciarlatani, una lingua come quella latina non potrà più servire e qualsiasi cafone potrà impunemente tenere un discorso pubblico e parlare in modo tale da non essere cacciato a calci giù dalla tribuna. E il segreto consisterà nel fatto che egli, sfruttando un frasario approssimativo, elusivo e di gradevole effetto “sonoro” potrà parlare per un’ora senza dire niente. Cosa impossibile col latino.”

Premunizione che Guareschi aveva già ventilato alcuni anni prima che ciò accadesse.

Il problema, oggigiorno, è a mio modesto avviso, trovare insegnanti che abbiano passione per queste materie, non facili da insegnare, certamente, ma nemmeno impossibile, se dotati di quella passione che autori come quelli citati poc’anzi, sono stati animati per tutta la vita.

Antonio Fabris
Classe 1974, da venticinque anni dipendente della Confcommercio di Treviso, vivo da sempre a Mogliano Veneto, e sono un appassionato di Storia locale. Fan di Giovannino Guareschi, lettore di libri sul Veneto, e sulla mia città, frequento, e collaboro, con il Gruppo Ricerca Storica Astori "Don Giuseppe Polo". Da un paio di anni a questa parte, mi sono appassionato anche alla storia del ghetto di Venezia, in particolare della letteratura ebraica (1558-1663).

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