In occasione delle elezioni europee il movimento “Pace, Terra, Dignità” lanciato da Michele Santoro rappresenta, secondo me, sia nel linguaggio, sia nei contenuti, uno stimolo interessante che può risvegliare un po’ quel torpore partecipativo che accompagna il rito elettorale. Tre parole, Pace, Terra, Dignità, dense di significati ed esponenzialmente ricche di sensi e di buon senso, che possono favorire il tratteggio di buona politica. Anch’io ne ho subito la suggestione. Come penso l’abbiano subita la maggioranza di coloro che da un po’ non vanno a votare perché ritengono tutti i partiti che compongono il quadro partitico nazionale e locale, al di là di un logoro e noioso gioco delle parti, espressione di un “sistema” proprio delle “democrazie elettorali occidentali” all’interno del quale non possa crescere e affermarsi alcun reale e profondo modello alternativo di società.
Mi sarei aspettato, leggendo la parte del programma relativo alla voce Terra, pur condividendo l’analisi politico-economica ivi contenuta, una descrizione più attenta al significato geologico del termine e ad uno dei suoi sinonimi: il suolo. Un tema che, anche in queste elezioni, tutta la partitocrazia fa proprio, in modo vago, rituale, propagandistico e che, soprattutto, non ammette quello che non sta facendo da anni nelle varie legislature nazionali, regionali, comunali per fermare con urgenza e rigore il consumo di suolo. Le elezioni europee avrebbero potuto essere l’occasione per fare il punto sulla situazione del suolo, risorsa non rinnovabile e particolarmente sterminata in Italia rispetto al resto d’Europa. Al parlamento europeo sono in discussione due leggi importanti: la legge per il “ripristino della natura” e la legge sullo “stato di salute” dei suoli. Ma non c’è ancora una legge europea che obblighi gli Stati membri ad azzerare il consumo di suolo. Il consumo di suolo: una silenziosa e non percepita tragedia ambientale in corso, in particolare nel nostro paese che con il 7,14% (Ispra 2023) sta consumando quasi il doppio di suolo rispetto alla media europea. Mi sarebbe piaciuto che sotto la voce “terra”, a proposito di parole forti e cariche di molteplici significati e declinazioni, avesse trovato più spazio la considerazione sulla “mercificazione del suolo” e la conseguente perdita di servizi ecosistemici. Ritengo che solo un azzeramento del consumo di suolo possa essere occasione per ridefinire un modello sociologico ed ecologico di economia e potrebbe essere anche occasione per condividere con la stragrande maggioranza della ignara popolazione il valore della terra e la sua essenzialità per la vita biologica sul pianeta, mostrando i limiti del modello che predica una crescita infinita nei consumi e nello sfruttamento delle risorse naturali. Un azzeramento del consumo di suolo che deve avvenire, almeno nel nostro paese, ora e non nel 2050, da realizzare attraverso una moratoria su nuovo consumo di suolo e utilizzando tale periodo per censire le superfici già urbanizzate e in disuso e quante tra esse possano essere recuperate, riutilizzate, riorganizzate, valorizzate. Si scoprirebbe come il carrozzone politico del consenso si basi essenzialmente sul cemento, sull’asfalto, sul consumo di suolo, sulle grandi opere, a favore degli interessi di pochi e della rendita fondiaria, nel mentre si lasciano andare in rovina strutture e infrastrutture grandi e piccole che potrebbero essere valorizzate, riadattate funzionalmente, riutilizzate, recuperate, risuscitate alla vita comunitaria, salvaguardando quegli spazi naturali che stanno diventando sempre più compressi, limitati, frazionati, frammentati.
Sarebbe un modo per dare forma al concetto di “limite”, al concetto di “spazio vitale” per tutti gli esseri viventi: concetti che legherebbero appieno la parola Terra alle parole Pace e Dignità.