VESPA: LA MADRE DI TUTTI GLI SCOOTER

Fin dal 1946 questa innovativa motocicletta consentì una mobilità straordinaria a chi non poteva ancora permettersi un’automobile e resta un simbolo italiano nel mondo.

Una delle scene più iconiche nella storia del cinema vede Gregory Peck e una giovanissima Audrey Hepburn scorrazzare per le strade di una Roma semideserta a bordo di una Vespa. Il celeberrimo film di William Wyler “Vacanze romane” del 1953 lanciò definitivamente l’attrice ma fu anche l’occasione perché tutto il mondo conoscesse lo scooter della Piaggio facendolo diventare istantaneamente un mito italiano al pari della pizza e del cappuccino. Eppure, come in tutte le storie di successo che si rispettano, anche la Vespa fu il risultato di una scommessa quantomai azzardata che, in un periodo difficilissimo della  nostra storia, trovò l’uomo giusto al momento giusto.

L’idea si era sviluppata sul finire del 1945, durante la ricostruzione degli stabilimenti di costruzioni navali ed aeronautiche Piaggio di Pontedera, semidistrutti dai bombardamenti. Enrico Piaggio, figlio del fondatore, si era già da tempo posto il problema di ricondizionare la produzione della sua azienda per rispondere alle immediate necessità di spostamento in un paese impoverito e devastato dalla guerra. Pur senza nessuna esperienza nel settore venne messa in atto una strategia inedita e coraggiosa che si rivelò vincente: produrre una moto con la comodità di un’auto. Per la verità era già stata progettata un’anticipazione della futura Vespa, uno scooter dalle linee piuttosto goffe che si sarebbe dovuto chiamare “Paperino” ma che però non piacque affatto a Piaggio. Così venne deciso di affidare il progetto a Corradino d’Ascanio, ingegnere industriale nei ranghi dell’azienda, uomo che sapeva adattarsi ed esprimersi in ogni campo, con una grande esperienza nel settore aeronautico tanto che nel 1930 era stato il primo a progettare e far volare un prototipo di elicottero grazie ai suoi fondamentali brevetti sulle eliche a passo variabile.

D’Ascanio però non si era mai occupato di motociclette dal punto di vista costruttivo e così, libero da condizionamenti e vincoli progettuali, pensò ad un veicolo che fosse agevole nel salirvi a bordo e di un assetto di guida comodo e per niente sportivo. Tra la progettazione e la realizzazione dei primi prototipi trascorsero soltanto tre mesi e sul finire del 1945 le prove su strada incoraggiarono la messa in produzione del nuovo scooter. Ma quali erano (e sono tuttora) le sue caratteristiche peculiari? Sia la forma che la meccanica del nuovo scooter si staccavano nettamente dalla produzione motociclistica tradizionale. A partire dalla linea insolita della carrozzeria portante (cioè senza telaio) in lamiera stampata che racchiudeva il piccolo motore a due tempi di 98cc. e 3.2cv alimentato a miscela di benzina/olio sistemato a destra accanto alla ruota posteriore, soluzione che consentiva di eliminare la catena o l’albero cardanico. Il cambio inoltre era stato realizzato con comando a manopola girevole sul manubrio, una soluzione praticamente copiata da tutti gli scooter venuto dopo. Le ruote di piccole dimensioni erano intercambiabili e facilmente smontabili nel caso, altro vantaggio rispetto alle moto tradizionali, di dover montare la ruota di scorta che veniva fornita a richiesta.

Il serbatoio collocato sotto la sella lasciava libera la parte che si collegava al manubrio in modo da ricavare un poggiapiedi riparato dallo scudo anteriore sia dagli schizzi del motore che dalla polvere della strada, garantendo così una comoda posizione di guida seduta e soprattutto di poter viaggiare anche in abiti normali e non da motociclista. La nuova Vespa non era provvista di cavalletto ma poggiava sul terreno grazie ad una mezzaluna estraibile da sotto la pedana. Insomma un concentrato di comodità d’uso, economia di esercizio e praticità nella manutenzione: i vantaggi di un’automobile al costo di una motocicletta o, per dirla con le parole dello stesso D’Ascanio, “un’automobile a due ruote”. Questa prima versione pesava circa 60 Kg. e poteva raggiungere i 60 km/h.

Per quanto riguarda il nome Vespa si vuole sia stato coniato dallo stesso Enrico Piaggio il quale di fronte al prototipo esclamò: “Sembra una vespa!” sia per la parte posteriore rigonfia che per il ronzio del motore. Presentata al Circolo del golf di Roma nel marzo 1946, la Vespa 98 venne commercializzata dal mese successivo al costo di 68.000 Lire IGE compresa (circa 2.600 euro), corrispondenti a diversi mesi di stipendio di un impiegato che però, grazie alle rate, poteva accedere ad un bene ormai indispensabile. Superato il primo  momento di sconcerto e l’ostracismo dei puristi delle due ruote, le vendite decollarono quasi subito e nel primo anno furono venduti 2.181 esemplari. Nel 1947 fu inoltre commercializzato l’Ape, veicolo a tre ruote costruito sulla base della Vespa ma indirizzato a soddisfare le esigenze del trasporto di merci e materiali, strumento prezioso nell’Italia della ricostruzione. In quello stesso anno va ricordata anche la nascita dell’eterna rivale della Vespa, la Lambretta, prodotta dalla Innocenti di Lambrate fino al 1971. Il vero grande boom di vendite si ebbe nel 1948, quando fu presentata la Vespa 125, equipaggiata con un motore da 4,5 cv, molto più adeguato ad un utenza crescente visto che poteva ospitare anche un carrozzino sul lato destro per ottenere un sidecar, il primo passo verso l’automobile per molte famiglie. Da questo momento il successo di vendita continuò inarrestabile fino ai giorni nostri quando ormai si contano almeno sedici milioni di esemplari prodotti in oltre 140 versioni. Oltre la sua indubbia validità progettuale la Vespa resta uno dei prodotti di design industriale più famosi e fa parte, tra gli altri musei del mondo, della collezione permanente del MoMA di New York. Lo scooter della Piaggio, infine, si è dimostrato esemplare anche nella sua storia pubblicitaria, rimasta nella memoria collettiva grazie a slogan rimasti famosi tra cui l’immortale “Chi Vespa mangia le mele, chi non Vespa no”. Originale e provocatorio ma simpatico, proprio come lo scooter più famoso del mondo.

Renzo De Zottis
Renzo De Zottis é nato a Treviso il 9 settembre 1954 e da qualche anno ha lasciato l'insegnamento nella scuola media. Collabora da lungo tempo con svariati mensili occupandosi prevalentemente di argomenti di carattere storico. Ha inoltre al suo attivo diversi servizi fotografici per le maggiori testate nazionali di automobilismo storico ed é stato addetto stampa in diverse manifestazioni internazionali del settore. Fa parte del direttivo dell'Unitre Mogliano Veneto e da almeno un ventennio svolge conferenze per questa associazione e per l'Alliance Française di Treviso.

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