Francia. Italia. Germania. Belgio.

In tutta Europa soffiano venti politici di destra o estrema destra. L’ascesa della “hard right”, per citare un titolo del Financial Times.

Cosa comporta questo, da un punto di vista economico? La risposta è forse meno ovvia di quanto sembri.

Nel relativismo culturale moderno, in cui le etichette si mescolano e confondono, è facile trovare una ideale sovrapposizione tra conservatorismo politico (o destra) e l’ “ultra capitalismo” di aziende multinazionali quali Amazon e Tesla, che hanno visto singoli individui come Jeff Bezos e Elon Musk acquisire denaro e potere in quantità tale da potenzialmente competere con intere nazioni.

Ma sarebbe una visione superficiale e non allineata con la realtà che stiamo vivendo nel 2024.

I movimenti politici di destra che stanno guadagnando crescente consenso negli Stati europei sono spesso su posizioni diverse, se non addirittura di aperta contrapposizione, rispetto all’ “ultra capitalismo”.

Il Rassemblement National francese, guidato da Jordan Bardella ed erede del Front National di Jean-Marie Le Pen, propone un aumento defiscalizzato dei salari dei lavoratori dipendenti e la creazione di un fondo finanziario sovrano centralizzato allo scopo di finanziare investimenti nazionali in materia di industria, infrastrutture e energia – difficile trovare qui tracce di liberismo e di “laissez faire”, piuttosto si trova l’intenzione di porre lo stato al di sopra, se non addirittura in controllo, della struttura economica.

In Italia, il partito di governo guidato da Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, che punta a sviluppare il tessuto imprenditoriale promuovendo il partenariato pubblico-privato – anche in questo caso, imprenditori si ma nell’interesse della nazione. Altro punto che accomuna questi due partiti politici, in ambito economico ma non solo, è l’avversione per il primato del diritto Comunitario su quello nazionale, anche ad esempio in materia fiscale.

Per concedere più spazio di manovra alle imprese?

Più che altro, sembrerebbe, per conservare nelle mani dello Stato il potere di decidere come e quanto prelevare. Un caso invece in cui il sorgere della destra si accompagna a politiche economiche deregolative e anti-stataliste è la Germania, dove il partito Alternative Fur Deutschland sembra promuovere posizioni più liberiste – non a caso questo avviene in un paese, la Germania, con una importante storia industrial-capitalista.

Volendo tirare le somme, ciò che ci sembra di poter constatare è che il vento delle destre, portando con sé parole come “protezionismo” e “compartecipazione statale”, riporta nell’aria echi non tanto di capitalismo quanto piuttosto di inizio ventesimo secolo.

E il vento sta soffiando sempre più forte.

Enrico De Zottis
Enrico De Zottis Nato a Venezia nel 1987 e cresciuto a Mogliano Veneto, da oltre un decennio si occupa professionalmente di Gestione delle Risorse Umane presso aziende multinazionali. Ad oggi vive e lavora a Lione (Francia). Nel tempo libero si dedica allo studio di tematiche socio-economiche, oltre che alla musica e al trekking. Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a Padova e un Master in Analisi Economica a Roma.

1 COMMENT

  1. Sinceramente queste posizioni delle destre europeee mi sembrano tutt’altro che delle novità. Il libero mercato è tendenzialmente anarchico: un’anarchia più simile al darwinismo che alle posizioni bacuniane, ma pur sempre anarchia. Lo stato ha come unico compito garantire la protezione delle posizioni e dei capitali “conquistati”, per il resto tacere ed adeguarsi alla forza del capitale.
    Chi si stupisce di ciò forse non ha presente l’evoluzione dei sistemi statali ed economici

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