La rinuncia alle fonti fossili non deve avvenire a scapito del “suolo” e dei suoi “servizi ecosistemici”, altrettanto “indispensabili” alla sopravvivenza umana nel periodo infinito in cui si svilupperanno gli effetti dei cambiamenti climatici. Nel Rapporto Ispra 2021 è stata fatta una stima della superficie potenzialmente disponibile per l’installazione di impianti fotovoltaici sui tetti di edifici e relative ipotesi sulla potenza fotovoltaica installabile.  La superficie totale degli edifici ricavabile dalla carta del suolo consumato 2020, al netto di quelli ricadenti nei centri storici la cui installazione è inopportuna per ragioni storico-paesaggistiche, ammonta a 3.481 km2. Tenendo conto delle indicazioni a livello europeo sulla percentuale dei tetti effettivamente utilizzabile per ospitare pannelli fotovoltaici, come ad esempio la percentuale di riduzione di superficie utilizzabile per garantire la distanza minima tra pannelli per la loro manutenzione e del fatto che sul 10% delle superfici artificiali possano  essere già stati installati pannelli fotovoltaici, si stima la produzione di una potenza fotovoltaica compresa tra 59 e 77 GW, un quantitativo sufficiente a coprire l’aumento di energia rinnovabile previsto dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) al 2030. Da notare che in questo calcolo sono rimaste escluse altre superfici artificiali utilizzabili  quali: aree di parcheggio, aree adiacenti autostrade e linee ferroviarie, aree adiacenti altre infrastrutture  e altre aree dismesse o comunque già impermeabilizzate.

In Veneto ci sono 92.000 capannoni (Fonte: Assindustria Veneto Centro,  2019), presenti in 5.679 aree produttive disseminate  nei 541 comuni della regione e occupano una superficie complessiva di 41.000 ettari di terreno (tra aree coperte e scoperte). Per installare celle fotovoltaiche, anche utilizzando solo il 10% di tale superficie e tenendo conto “per eccesso” di spazi da riservare a collegamenti, manutenzione, sicurezza e di altre limitazioni logistiche (distanze minime, esigenze di raffreddamento delle celle, tetti non a falda, spazi inutilizzabili, ecc.),  si ottiene una superficie netta di 41 km2: tale superficie netta  di 41 km2 quanti GW sarebbe in grado di produrre?

La “transizione energetica”  non deve confliggere con l’obiettivo della “sovranità alimentare” e deve favorire la “sovranità energetica” dei territori antropizzati:  è un’occasione per “rivoluzionare” la modalità di “approvvigionamento  di energia” dal sole e favorire la costituzione di “comunità energetiche” fra associazioni di quartiere, aziende, privati, famiglie che condividono la produzione di energia dal sole.  Quell’energia ceduta in rete può essere messa a disposizione delle comunità gravitanti nel territorio, rendendo quei tetti e quelle superfici già artificializzate una risorsa per tutta la popolazione, salvando nuovo consumo di suolo per produrre energia rinnovabile e riducendo la dipendenza dalle grandi compagnie e dalle fluttuazioni del mercato internazionale dell’energia.  Aumentare  gli spazi per l’auto produzione alimentare ed energetica dei territori è anche una forma di lotta contro gli effetti perversi della globalizzazione gestita da grandi aziende multinazionali.

La “transizione energetica” deve andare a braccetto con una  “transizione ecologica” affinché la “quantità” e la “qualità” dei servizi ecosistemici del suolo agricolo e naturale aumentino, “parallelamente” alla decarbonizzazione dell’energia, al cambiamento verso  stili di vita più sobri e alla riduzione di sprechi energetici e consumistici. Se in nome della transizione energetica, senza aver prima esperito altre soluzioni, consumiamo  suolo agricolo e naturale per produrre energia rinnovabile finiremo per bruciare il “principio di  sostenibilità” della stessa “transizione energetica”.

Dante Schiavon
Laureato in Pedagogia. Ambientalista. Associato a SEQUS, (Sostenibilità, Equità, Solidarietà), un movimento politico, ecologista, culturale che si propone di superare l’incapacità della “classe partitica” di accettare il senso del “limite” nello sfruttamento delle risorse della terra e ritiene deleterio per il pianeta l’abbraccio mortale del mito della “crescita illimitata” che sta portando con se nuove e crescenti ingiustizie sociali e il superamento dei “confini planetari” per la sopravvivenza della terra. Preoccupato per la perdita irreversibile della risorsa delle risorse, il “suolo”, sede di importanti reazioni “bio-geo-chimiche che rendono possibili “essenziali cicli vitali” per la vita sulla terra, conduce da anni una battaglia solitaria invocando una “lotta ambientalista” che fermi il consumo di suolo in Veneto, la regione con la maggiore superficie di edifici rispetto al numero di abitanti: 147 m2/ab (Ispra 2022),

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