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Sotto la carrozzeria elegante e assemblata con cura della piccola utilitaria dell’Autobianchi si nascondeva la meccanica della Fiat Cinquecento. Un’altra storia di successo di quando l’industria automobilistica italiana dettava legge nel mondo.
Strano destino quello della Autobianchi Bianchina. Concepita come alternativa di lusso alla spartana Nuova Cinquecento, rischia oggi di essere ricordata come “l’automobile di Fantozzi”. In realtà, come vedremo, questa vetturetta resta emblematica di un certo periodo della nostra storia recente, quello della fine degli anni Cinquanta, nel quale l’automobile rivestiva un ruolo privilegiato nella definizione dello status sociale.
Ma andiamo con ordine e partiamo da quello che fu allora uno dei pochissimi errori di strategia industriale della Fiat. La nostra storia inizia nel 1957, nel pieno del boom economico: a Roma viene fondata la Comunità Economica Europea, gli italiani abbonati alla RAI sono quasi 4 milioni, a febbraio esordisce Carosello dopo il TG della sera, a Milano apre il primo supermercato Esselunga e nel budget familiare entrano voci come il frigorifero, la televisione, la lavatrice e ovviamente l’automobile.
Nel 1955 era stata lanciata la Fiat 600, prima vera utilitaria popolare, che aveva ottenuto subito un enorme successo di vendita. Così due anni dopo la dirigenza torinese fa debuttare un modello che si colloca su un gradino più basso, la Nuova Cinquecento erede diretta della Topolino. Se la 600 è l’utilitaria per tutti, la Cinquecento è dedicata a coloro che fino a quel momento per muoversi hanno utilizzato la Vespa o la Lambretta: insomma una vettura low cost, diremmo oggi. E invece la Nuova Cinquecento viene proposta ad un prezzo di listino di 490.000 lire, ovvero soltanto 150.000 lire meno della 600 ma le differenze fra le due automobili sono sostanziali.
La 600 è un auto con quattro posti comodi mentre la Cinquecento ha due posti anteriori più un’angusta panchetta posteriore. La 600 ha un motore a quattro cilindri raffreddato ad acqua di 22 CV che le consente di toccare i 100 chilometri orari mentre la sorella minore ha un bicilindrico raffreddato ad aria di soli 13,5 CV che raggiunge a fatica gli 85 all’ora. La 600 vanta i vetri discendenti mentre l’altra ha i vetri fissi con il solo deflettore apribile, ruote più piccole, impianto di ventilazione approssimativo ed è pure omologata solo per due posti. Infine la rateizzazione SAVA, che consente a milioni di famiglie di permettersi un’auto, prevede per la Cinquecento una rata mensile solo di poco ridotta rispetto a quella della 600.
Insomma la nuova piccola utilitaria si dimostra inizialmente un flop commerciale tanto è vero che alla fine dello stesso anno la Fiat corre ai ripari e ne propone due altre versioni, Normale ed Economica, di cui la prima completamente rinnovata nelle dotazioni e la seconda con l’aspetto spartano della prima ora ma con un prezzo decisamente ribassato. Questo basterà per lanciare la Nuova Cinquecento e farla diventare addirittura la seconda vettura di famiglia ma nel frattempo l’insuccesso dell’esordio aveva prodotto di riflesso la nascita di una alternativa “di lusso” decisamente più costosa ma con un fascino e una eleganza ineguagliabili: l’Autobianchi Bianchina.
Qui però dobbiamo fare uno anzi diversi passi indietro per informare il lettore che il marchio Bianchi non nasce certo negli anni Cinquanta ma risale addirittura al 1885 quando Edoardo Bianchi fonda a Desio (MI) una società che produce cicli e tricicli. Convinto che il futuro dei trasporti stia nel motore a scoppio, Bianchi già nel 1877 costruisce il primo triciclo a motore e nel 1901 la sua prima vera automobile. Dopo la Grande Guerra durante la quale costruisce autoblindo, la produzione della Casa milanese si divide tra belle automobili e potenti motociclette sulle quali, tra l’altro, inizia a costruire la sua fantastica carriera di pilota Tazio Nuvolari. Dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale e la morte del fondatore, il figlio Giuseppe ha due intuizioni fondamentali.
La prima, inevitabile, è quella di legarsi a grossi gruppi industriali (leggi Fiat e Pirelli) in grado di garantire l’indispensabile supporto finanziario e organizzativo. Nasce così l’11 gennaio 1955 una nuova società denominata Autobianchi.
La seconda intuizione è quella di inserirsi in una nicchia di mercato che propone in chiave industriale quello che le carrozzerie artigianali (per esempio Moretti o Vignale) stavano già facendo: assemblare una carrozzeria originale sugli organi meccanici preesistenti di un altro modello. Una forma di sinergia produttiva oggi assai comune ma una assoluta novità per l’epoca: la Fiat fornisce gli organi meccanici della Nuova Cinquecento, la Pirelli i pneumatici a fascia bianca e nel nuovo stabilimento di 140.000 metri quadrati a Desio, capace di una produzione giornaliera di 200 unità, l’Autobianchi realizza, assembla e collauda la nuova carrozzeria progettata dall’ingegner Fabio Luigi Rapi, responsabile del Reparto Carrozzerie Speciali della Fiat.
La Bianchina, chiamata così in onore della prima vettura costruita da Edoardo Bianchi, risulta una vettura completamente diversa dalla cugina torinese, molto più armoniosa, con parabrezza panoramico e codine posteriori verticali e cromature americaneggianti oltre a ben otto tinte bicolori a scelta per la carrozzeria. L’interno risulta molto curato e comodo con una inedita strumentazione, sedili rivestiti in tessuto o in vinilpelle. Abitabilità, visibilità e tenuta di strada sono nettamente migliori rispetto alla Nuova Cinquecento. L’intera parte superiore del tetto fino al lunotto posteriore è completamente apribile e ripiegabile e per questo questa prima Bianchina viene definita Trasformabile.
La vettura viene presentata il 16 dicembre 1957 al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano e di questo evento resta la famosa sequenza fotografica che vede riuniti attorno alla neonata i suoi quattro padrini: Gianni Agnelli, il presidente della Fiat Vittorio Valletta, Alberto Pirelli e Giuseppe Bianchi. Il prezzo di 565.000 Lire (15% in più della Cinquecento) non scoraggia il pubblico e la Bianchina ottiene subito un successo maggiore della Cinquecento, tanto che nel suo primo anno gli esemplari venduti sono già 11.000 (su un parco circolante italiano nel 1957 di meno di 1.231.000 automobili). La storia della vetturetta di Desio continua poi con la nascita di diverse versioni come la Trasformabile Special, la Cabriolet, la Panoramica, la Berlina 4 posti e il Furgoncino e si fermerà solo nel 1969, dopo 113.000 esemplari venduti, per lasciare il posto alla A112 sulle linee di produzione dell’Autobianchi, nel frattempo diventata a tutti gli effetti una costola Fiat.
A questo punto la domanda sorge spontanea: ma con una storia come questa vogliamo davvero ancora solo chiamarla “l’automobile di Fantozzi”?
Treviso 08 07 2024 – Grazie di questo contributo…