Per le parole dell’estate comincio con l’ovvio. “Sofego” è un caldo afoso, l’aria è pesante anzi di aria proprio non ce n’è. Cappa.  Nebbiolina. I gradi sono tanti ma sui percepiti c’è discussione, c’è una temperatura oggettiva oppure no? Perché voi ne percepite quarantadue e il cellulare, bontà sua, ne segnala trentadue?

 Il sofego ci limita. Ma non tutti. A Vicenza gli anziani Ieri sono andati lo stesso negli orti sociali e un paio li hanno portati via in ambulanza. Non sempre le verdure fanno bene. Il suocero di mia figlia ha ereditato un altro pezzo di orto sociale, molto ambito, perché il suo collega è morto (di vecchiaia). Adesso tutta la famiglia è impegnata per tenerlo a casa (legato) perché lui vorrebbe raddoppiare il raccolto e il suicida impegno lavorativo.

Il sofego, l’afa, l’effetto del soffocamento, è il culmine dell’estate, sono i giorni estremi, le piazze sono tutte per De Chirico, deserte e monumentali, i centri commerciali e i pronto soccorso sono i più frequentati.

Ma variamo su questa stagnante parola canicolare.

Ci vengono in mente subito le “verze sofegae”, un piatto non proprio consigliato in queste settimane ma che potrebbe affascinare magari servito fumante a pranzo. Variante? “Fasioi sofegai”.

“Lo ga sofegà co e so man” . Ecco in questi casi l’azione del soffocamento non è una percezione meteorologica ma una brutta sensazione di non respirazione “me manca el fià”. Gli strozzapreti non c’entrano.

Anche “sofegar el fogo” quello del caminetto, è una pratica poco usuale in questa stagione, ma tutti aspettiamo i tradizionali incendi estivi. Dolosi.

“Momenti me sofego con un bocon che me ze ‘ndà de traverso”. E qui tutti ci facciamo la fatidica domanda: come si pratica la manovra di Heimlich? E chi può segnalarci un amico su cui sperimentare la prima lezione?

 Torniamo all’iniziale “un cuò ze sofego”. Bere tanto e una processione per il bagno in base alla legge dei vasi comunicanti. Stare in casa nelle ore centrali. Copricapo e vestiti leggeri, chiari, e uso moderato del condizionatore. State già pensando a “Se no te ghe a moi te sofego” per le banalità?

Domani ci rinfreschiamo con le parole e passiamo a “scaldanee”. Oppure preferite un classico “petaisso”?

Otello Bison
Otello Bison scrive a tempo pieno dividendosi tra narrativa e divulgazione storica. Collabora al “ILDIARIOONLINE.IT” su temi ambientali e locali.

1 COMMENT

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here