Un uomo gentile e distinto, di formazione giuridica che nasconde, ma non troppo, un’anima rock e una grandissima passione per la musica. Massimo Panziera è un cantautore originario della provincia di Verona, attivo già da tempo nell’ambito di diverse band della zona come cantante e bassista. Nel corso degli anni, dopo essersi cimentato nella rivisitazione di svariate cover di grandi classici, ha deciso di scrivere i suoi testi sperimentandosi come paroliere e compositore. Abbiamo voluto fare una piacevole chiacchierata con lui per farci raccontare il suo percorso artistico.
Nelle tue canzoni sento il ricordo di cantautori passati, a chi ti ispiri?
“Collaboro con un’etichetta di Bologna che si chiama Areasonica Records, una piccola etichetta indipendente. Mi sono messo in gioco e sono arrivato dove sono ora con le mie forze. Sono anche nella classifica nazionale della musica “Indie” al 98° posto, con il mio nome d’arte MaximusP. I cantautori di oggi non mi entusiasmano molto, a parte qualcuno o qualche pezzo di Madame. Di solito si fa riferimento al rap o al trap, che sono generi che non prediligo molto, anche se mi rendo conto che i cantautori di oggi fanno parte delle nuove generazioni e parlano del clima che respirano. C’è effettivamente qualche eco del passato nei miei pezzi, infatti preferisco fare musica un po’ più melodica e produrre testi che dicano qualcosa, che non siano solo verbosità assoluta, parole messe in fila una accanto all’altra senza contenuti. In effetti non mi ispiro a qualcuno in particolare; ascolto musica da quando ero ragazzino, dal Rock Progressivo alla New Wave negli anni ’80 e ’90. Questi possono essere i miei riferimenti rielaborati dalla mia esperienza di vita personale.
Da quanto suoni?
Ho iniziato a suonare da quando avevo 17 anni in un gruppo e ho, successivamente, cantato in diverse band. Poi quest’esperienza è andata a scemare nel tempo e mi sono messo “in proprio” dalla fine degli anni ’90, anche se già prima scrivevo e componevo.
Quanti album hai inciso fino a questo momento?
Finora ho all’attivo tre album, sarebbero quattro in realtà, ma il primo, dal titolo “Oro Nero”, non è stato distribuito ufficialmente ma solo artigianalmente. In seguito, come solista, ne ho pubblicati tre e un paio di singoli. Ultimamente ho composto altri cinque/sei singoli già depositati presso SIAE per registrare un nuovo CD e il nuovo album, probabilmente, si intitolerà: “Another chance” (Un’altra possibilità). È il titolo di una canzone, ma in senso generale mi do un’altra possibilità nella vita. Forse tra un paio d’anni potrei dedicarmi completamente alla musica e farla diventare il mio lavoro.
Canti anche in inglese e ascoltando le tue canzoni, il sound sembra più vicino agli anni ’80 o ’90. Cosa pensi dei gruppi di adesso?
A dirti la verità non mi interessa molto il sound di adesso. Considerando il fatto che ascolto molta musica americana, sento ancora questo sound anni ’80 che circola all’estero e, poiché le mie canzoni vengono passate anche nelle radio straniere, se canto in inglese posso proporre questo tipo di suoni, di armonie. Ho un promoter, professionale, Alfonso Olivo, che si occupa di fare arrivare i miei brani anche al di fuori del nostro Paese.
Quale gruppo, in quegli anni, ti aveva coinvolto maggiormente?
Non c’è solo un gruppo; ci sono alcune canzoni di determinati gruppi che mi avevano colpito, ad esempio brani dei Cure, degli Spandau Ballet, dei Simple Minds, dei Duran Duran o addirittura dei Litfiba degli anni ’90. Devi considerare che quando uno è giovane e ascolta musica quel determinato tipo di sound gli entra dentro e se lo sente addosso per il resto della vita. La musica, come qualsiasi altra attività artistica va ad onde, ci sono periodi in cui raggiunge livelli più alti, poi si abbassa. Dagli anni ’60 agli anni ’90 possiamo dire che è stato il periodo migliore, poi sono sopraggiunti altri generi.
Che progetti futuri hai?
La registrazione di un nuovo CD. Ho iniziato a fare concerti e a metà giugno ero a Padova in un pub del centro storico: Il “Canevone”. Non faccio spesso concerti di sabato e domenica e se li faccio, di norma, sono unplugged, in acustico insieme ad un amico chitarrista. Con il gruppo al completo esco raramente solo in occasioni particolari.
Ti hanno mai proposto di partecipare a Sanremo?
No, io non ci ho mai pensato. In realtà ho un altro progetto: scrivo anche liriche e racconti. L’ultimo libro è stato edito da Cleup (Cooperativa Libraria Editrice dell’Università di Padova) e si intitola “I dialoghi” è uscito qualche anno fa e adesso ne vorrei pubblicare un altro. La musica ha un’assonanza intima con la poesia; anche le canzoni più banali sono, in realtà piccole poesie. Le occasioni per comporre e per creare sono tantissime e qualche volta addirittura di notte mi sono sognato la melodia, poi mi sono svegliato all’improvviso e mi sono messo a comporre. Io parto sempre dalla melodia e poi scrivo il testo, e tutto fa riferimento a ciò che ho vissuto.
Di cosa canti nei tuoi testi?
Canto, in primo luogo delle mie esperienze di vita, ma non in senso autobiografico; sono spunti che poi rielaboro guardandomi intorno, osservando ciò che succede nel mondo che mi circonda. Normalmente parlo di questioni esistenziali, rapporti amorosi, non tratto in maniera esplicita di argomenti politici, come facevano i cantautori degli anni ’70; le tematiche sono più intimistiche.
Come ti immagini in un futuro?
Tendo a vivere giorno per giorno, non faccio progetti a lungo termine in realtà. Qualche sogno di gloria l’ho avuto, ad esempio immaginarmi su un palcoscenico più grande di quelli che ho calcato sinora, ma non mi faccio grandi illusioni, anche perché dovrei essere supportato da un management di un certo tipo per raggiungere determinati risultati. Io faccio musica pop che, teoricamente, dovrebbe essere ascoltata da un pubblico giovane, ma, non essendo io più molto giovane (ride), faccio davvero fatica ad immaginarmi come l’idolo delle folle, per quanto possa produrre buona musica. Mi immagino più che altro di fare musica per altri, essendo sia autore che compositore dei testi potrei pensare di proporli a qualche personaggio delle nuove leve interessato al mio stile musicale. Ho avuto in tal senso qualche contatto con una ragazza, che non nomino, che ha partecipato ad “Amici” anni fa. Uno dei miei progetti potrebbe essere quello di fare il cantautore per altri. Posso pensare di proporre una mia canzone, o di scriverne una su mandato a seconda dell’argomento proposto dal cantante. Collaboro abbastanza spesso con un amico, Nicola Bonadiman, per gli arrangiamenti o per rielaborazioni di musiche su cui poi scrivo anche il testo. Non ho problemi a fare collaborazioni.
Che strumento suoni?
A 15 anni ho iniziato a suonare la batteria, dai 17 anni in poi ho imparato a suonare il basso per fare musica in un gruppo e oggi compongo alla chitarra. Sono stato un autodidatta a parte qualche piccola lezione sparuta, non ho mai seguito un corso completo di musica. Molto spesso mi avvalgo di un chitarrista molto valido, David Cremoni, quando devo registrare un disco. Abbiamo lo stesso tipo di gusti per le sonorità. I pezzi vengono registrati al “ Cat Sound Studio” di Badia Polesine, studio che ha trent’anni di vita ed è rinomato a livello internazionale specialmente per il jazz. Fa anche pop, io, infatti, ho sempre registrato lì. Conosco il, titolare che è, a sua volta, bassista e fonico, Mario Marcassa.