Alle soglie degli anni Settanta la Volkswagen non navigava in buone acque. Da diversi anni tentava di sostituire il suo modello fondamentale, il Maggiolino, senza raggiungere alcun risultato apprezzabile, i conti dell’azienda erano poco lusinghieri, la concorrenza interna (Ford e Opel) era sempre più agguerrita e tra la dirigenza di Wolfsburg, sede storica del marchio, cominciava a serpeggiare un certo nervosismo.

Quale vettura poteva prendere il posto di un mito universale come la vettura del popolo, progettata da Ferdinand Porsche nei lontani anni Trenta, ormai obsoleta nelle forme e nelle prestazioni?

A chi affidarsi per inventare linee e volumi nuovi che facessero entrare degnamente la casa tedesca nel nuovo decennio e soprattutto la facessero decollare nelle vendite?

I tedeschi lo ammettono con difficoltà ma qualche volta sono costretti a chiedere aiuto al genio italico e quella fu una di quelle volte. Nel 1969 i vertici della Volkswagen, il presidente Kurt Lotz e il direttore generale Carl Horst Hahn, si erano recati al Salone dell’Auto di Torino per cercare di cogliere le tendenze del mercato automobilistico e avevano selezionato sei auto di riferimento a cui ispirarsi.

Quattro di  queste erano state disegnate dal giovane designer Giorgetto Giugiaro che aveva da poco fondato la Italdesign (e che abbiamo già conosciuto su queste pagine come creatore della Fiat Panda).

Così il 2 gennaio 1971 Giugiaro venne convocato a Wolfsburg (dove si stupì di trovare una Fiat 128 completamente smontata che avrebbe dovuto servire da ispirazione per la futura auto tedesca) e incaricato di progettare una nuova serie di automobili in grado di risollevare le sorti della Volkswagen.

Detto, fatto e già nel 1973 venne presentata la prima di questa famiglia, la Passat, una vettura media a due porte, poi fu la volta di una coupé, la Scirocco, lanciata nel 1974 e infine arrivò toccò finalmente alla berlina, cioè la Golf, la vera erede del Maggiolino e il modello su cui puntare.

Durante l’estate del 1973 il designer piemontese inviò in Germania un modello perfetto nei dettagli e nelle proporzioni della nuova vettura e la risposta, molto teutonica, si risolse in una semplice telefonata: “Complimenti, abbiamo accettato la sua proposta”. Ma qual era questa proposta?

La drastica soluzione ideata da Giugiaro riguardava lo stravolgimento dell’intera immagine del marchio di Wolfsburg che passava dalle forme arrotondate del Maggiolino a stilemi inediti fatti di linee tese e volumi piani e spigolosi, proprio come gli origami giapponesi.

La Golf fu davvero un modello spartiacque che proponeva una carrozzeria portante a due volumi con portellone posteriore, motore di 1.100 cc da 50 CV in posizione anteriore trasversale raffreddato a liquido, moderne sospensioni McPherson, trazione anteriore e naturalmente un abitacolo spazioso, versatile, ben rifinito e funzionale.

Ma come in tutti i thriller che si rispettano l’imprevisto era dietro l’angolo e avrebbe potuto davvero sconvolgere la storia perché improvvisamente cambiarono i vertici della Volkswagen (che comprende anche i marchi Porsche e Audi) e subentrarono altri dirigenti, in particolare il direttore generale Rudolf Leiding che proprio non capiva la proposta italiana ritenendo che non avrebbe mai avuto successo.

Ma per fortuna non ci si poteva permettere di perdere altro tempo visto che già si stavano collaudando i prototipi della creatura di Giugiaro per cui, imposto qualche vincolo al progetto originario come l’adozione di fari rotondi al posto di quelli rettangolari che costavano troppo, la nuova vettura venne accettata e finalmente presentata nella tarda primavera del 1974 a Monaco.

Riguardo al nome Giugiaro racconta che avrebbe dovuto chiamarsi Pony ma che lui stesso rese noto ai tedeschi di essere stato incaricato precedentemente dalla casa coreana Hyundai di disegnare una utilitaria che avrebbe avuto quel nome per cui a Wolfsburg, obtorto collo, ripiegarono su Golf che in tedesco significa “golfo” ma ha anche un riferimento all’omonimo sport simbolo di dinamismo all’aria aperta.

E questo nome “di ripiego” portò davvero fortuna alla vettura visto che a ottobre del 1976, a due anni e mezzo dal lancio, veniva prodotto il milionesimo esemplare e la prima versione, prodotta fino al 1983 con diverse motorizzazioni, resterà a lungo fra le auto più vendute in Europa ed è oggi giunta all’ottava serie.

Ma quale fu il segreto di tanto successo? Il classico colpo di genio all’italiana: utilizzando larga parte della componentistica di Passat e Scirocco, Giugiaro aveva ridotto i costi di sviluppo e produzione della Golf consentendo di costruire una moderna compatta con un livello di qualità da segmento superiore.

A Wolfsburg ancora ringraziano.

Renzo De Zottis
Renzo De Zottis é nato a Treviso il 9 settembre 1954 e da qualche anno ha lasciato l'insegnamento nella scuola media. Collabora da lungo tempo con svariati mensili occupandosi prevalentemente di argomenti di carattere storico. Ha inoltre al suo attivo diversi servizi fotografici per le maggiori testate nazionali di automobilismo storico ed é stato addetto stampa in diverse manifestazioni internazionali del settore. Fa parte del direttivo dell'Unitre Mogliano Veneto e da almeno un ventennio svolge conferenze per questa associazione e per l'Alliance Française di Treviso.

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