Ho scritto in precedenza del mancato collegamento, da parte del sistema mediatico, tra il degrado ambientale e la curva in discesa della prospettiva di vita nei paesi occidentali.
Va osservato come questa voluta ignoranza indotta tra causa ed effetto c’è anche per quanto riguarda l’ormai disastroso riscaldamento globale. Nonostante tutte le evidenze scientifiche dimostrino che questo è prodotto dalle attività umane legate all’uso di combustibili (soprattutto fossili ma non solo, se pensiamo all’intensiva distruzione delle foreste per bruciarne il legname) è in atto una insistente, pervasiva e ben finanziata manovra informativa di negazionismo.
Gli interessi economici in ballo sono enormi, e hanno la capacità di orientare a piacimento l’opinione pubblica. Viene nascosto, perciò, l’impatto sul riscaldamento globale di tutte quelle produzioni e attività che non conviene andare a disturbare, anche se ne sono le principali responsabili, per concentrare l’attenzione solo sulla pretesa necessità di passare tutti all’auto elettrica, per rivitalizzare un mercato automobilistico ormai in crisi.
La riconversione energetica, poi: viene pubblicizzata solo quella che produce profitti privati, dopo decenni di “scientifico” smantellamento dell’intervento pubblico in tutti i campi, a dispetto di ogni logica umana. Così siamo attoniti spettatori dell’installazione dei pannelli solari a scapito del paesaggio e di centinaia di ettari di terra fertile, invece di utilizzare le aree già degradate da decenni di un precedente sviluppo dissennato, come le autostrade e le miriadi di capannoni industriali che devastano le periferie.
Per gli inceneritori di rifiuti, che costituiscono un’altra importante fonte di profitti, si è seguita la stessa linea di propaganda ben finanziata, presentandoli come unica possibilità esistente, con il nome assurdo di “termovalorizzatori”. Il nocciolo della questione è sempre quello: la logica del libero mercato deve prevalere su ogni altra cosa, anche se questa “logica” ha ormai evidenziato i suoi effetti nefasti sull’ambiente naturale, sulla biodiversità e, di conseguenza, sulla salute umana.
Ci sono tutte le prove scientifiche sul fatto che bruciare i rifiuti industriali e civili e i fanghi di depurazione, con qualsiasi tecnologia che non escluda del tutto l’emissione di fumi nell’ambiente, è più pericoloso di ogni altro tipo di combustione. Per il trattamento dei rifiuti non ci sono alternative alle tre R: riduzione della produzione di plastiche monouso e di imballaggi, riuso degli oggetti invece di gettarli, riciclaggio accurato di ogni materiale.
E poi indirizzare lo sviluppo economico verso queste attività, eliminando le produzioni che ormai si sono dimostrate dannosissime, come quella delle micidiali sostanze PFAS. Uno sviluppo teso inoltre a utilizzare sempre più razionalmente l’inesauribile fonte solare per la produzione di energia, senza l’uso delle combustioni.
È utopistico pensare a una politica che riconquisti la sua autonomia rispetto al potere economico imperante, ormai totalmente orientato a indirizzare la scienza a promuovere i suoi fini e l’informazione a coprire i suoi interessi distruttivi? Forse no, se consideriamo Politica con la P maiuscola quella dei nuovi movimenti per la salute e l’ambiente, che hanno capito che per contrastare il predominio di questo tipo di potere non basta la protesta generica, ma occorre essere ben attrezzati scientificamente e culturalmente.
Ottimo intervento