Buttiamola sul meteo-tattile. Vi ricordate quei discorsi tipo che in Sicilia c’è un altro caldo, quello secco, ed è meglio perché si respira e … panzane. Se ci sono quaranta gradi non si respira un bel niente.
Rivalutiamo invece il nostro caldo afoso appiccicaticcio. Rivalutiamo il petaisso, il collante panteista che ci unisce alla natura, agli indumenti, all’asfalto. Non è il brodo primordiale ma si avvicina.
Storia del petaisso. Parte prima.
C’è un’origine latina. Petere: chiedere, attaccare, contagiare. “El me ga petà na maeora”. Ma può diventare un semplice “El ga e man petaisse”. E lo sporco che si attaccava invincibile sulla vostra maglia nuova, pena messa?
Un bel peton, occhiuto e unto.
I petaissi. Parte seconda.
Non c’è solo una chimica di contatto umido con la vostra canotta ma anche un paio di fenomeni umano- vegetali. Vi ricordate, c’erano le vegetali petarioe, una specie di grumetto spinoso che si appiccicava ai calzini e poi finiva nella scarpa con relative maledizioni. Chissà se esistono ancora o se sono scomparse come le lucciole di Pasolini.
Umani. Aggiungiamo oltre all’individuo petariol e petaisso anche il petenea. Un tizio che vi sta incollato, umido e darente, ma in più è uno fastidioso, non tace mai, si lamenta e ronza e magari ha anche una voce un po’ in falsetto. Un parente così ce l’avete, un amico anche, e di lui non vi libererete mai, vi rimarrà sempre “petà dosso”.
Doman ciama piova. Tocca a “scravasso”
Unico …come sempre! Grande Hotel!