Le informazioni che ci giungono dal resto del mondo civile suggeriscono la consapevolezza che per vivere bene tutto l’anno, e non soltanto nell’altrove dei brevi periodi di vacanza, ci sia l’esigenza di abitare in città che offrono spazi comuni quali biblioteche, cinema, teatri, piscine, palestre oltre a spazi verdi rispettati e condivisi da tutti.
Viviamo in una società con esigenze crescenti di socialità. I nostri anziani, sempre più longevi, devono sopportare lunghe vedovanze e la lontananza dai figli che per vari motivi, non ultima una migliore prospettiva di futuro, scelgono di vivere in altri Paesi.
In questo quadro sociale, che ha forti implicazioni con il benessere psicofisico, che tipo di città viene proposta dalle amministrazioni?
Sento spesso parlare di grandi progetti che per loro natura hanno grandi costi e grandi tempi di esecuzione e così ci si adatta ad abitare luoghi che non ci fanno star bene, a vivere in realtà provvisorie, a convivere con perenni “lavori in corso” che fanno crescere in noi la percezione di disgregazione della comunità.

Ma sono davvero i grandi progetti la strada per migliorare la qualità della vita?
Se guardassimo fuori dal nostro orticello potremmo magari copiare dagli altri qualche piccola idea invece di rifugiarci altezzosamente nel “non prendiamo lezioni da nessuno”, tanto caro a una certa politica.

Qualche considerazione su Mogliano.

Perché non mettere più panchine nei punti maggiormente frequentati del centro storico? Non occorre che siano di costoso marmo, bastano semplici panchine di legno che sono anche più confortevoli e simpatiche. 

E i cestini? Perché occorre fare chilometri per trovarne? Provate a cercarne uno nel nuovo bellissimo Parco della Cultura Caregaro Negrin di via Berchet.

E le aiuole di via Don Bosco? I fiori variopinti sono stati sostituiti da sassi grigi  per i quali evidentemente la manutenzione non serve.

E le piante di oleandro lungo il Terraglio o in via Ronzinella? Tagliate selvaggiamente a zero non si sa per quale motivo. Ma non eravamo la “città degli oleandri”?

Nel parco Caregaro Negrin ci sono una o due panchine mentre quello potrebbe essere un punto di sosta tra il centro e Piazza Pio X, una delle zone di Mogliano con più elevato numero di persone anziane: perché non mettere panchine anche nel vialetto che porta al parco da via De Gasperi?

Rastrelliere per biciclette: tra i troppi ciclisti e monopattinisti che ritengono che tutti i marciapiedi e la galleria Avogadro siano loro esclusive piste ciclabili e le bici accatastate ovunque su colonne, passeggiare in centro storico è tutto un esercizio di balzi laterali per evitare di essere investiti. Dove sono i vigili che devono vigilare? Adesso hanno il taser ma basterebbe una presenza più costante e un blocchetto delle multe per scoraggiare certi maleducati delle due ruote.

Alberi. I parcheggi della Coop e della Cadoro sembrano delle zone subdesertiche con dei poveri alberelli che mai offriranno ombra. Tutti gli studiosi del clima ci dicono che gli alberi saranno la nostra salvezza: perché piantare tipi di alberi che faranno ombra (forse) solo alle prossime generazioni e che non contribuiscono tanto quanto servirebbe a rigenerare l’aria che respiriamo?

Piazza Pio X (dove sono cresciuta) ha delle aiuole che nessuno può usare, mentre tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 era un luogo che traboccava  di bambini e ragazzini. Ora è il regno desolato degli anziani e del silenzio. Perché non creare dei giardinetti attrezzati con panchine che loro stessi potrebbero gestire, magari sotto la supervisione dell’amministrazione?
A Berlino i cittadini coltivano verdure nelle rotonde delle strade cittadine. In Gran Bretagna ogni angolino ospita una piantina e sui davanzali degli uffici i londinesi fanno crescere pomodori e basilico. A Stoccarda, negli asili i bambini coltivano gli orti e gli adulti rendono produttive grandi zone pubbliche altrimenti lasciate incolte.

Le piccole grandi idee in giro non mancano, basterebbe copiare. Come a scuola. Perché non lo facciamo?
Temo proprio sia una questione di cronico ritardo culturale verso la cura quotidiana del bene comune.

Cari amministratori, meno mega progetti e più cura. E’ più facile e costa meno.

Doriana Pavan
Temporary Manager Professionista specializzata nel passaggio generazionale, nel change management, nella crescita del potenziale e della leadership per manager e top manager. Business Coach certificata, ha conseguito la specializzazione in CBT, Cognitive Behavioural Therapy techniques rendendo ancora più efficaci i suoi interventi di business coaching. Ha un’ampia e lunga esperienza di lavoro in aziende strutturate e multinazionali. Bilingue italiano-inglese, ha maturato rilevanti esperienze nella gestione di team in progetti internazionali anche in presenza di forti aspetti di multiculturalità in Asia, Medio Oriente, Africa e Sud America. Ha avuto determinanti esperienze professionali in ambito sportivo ai massimi livelli a fianco degli allenatori di Sisley Volley, Rovigo Rugby e Valsugana Rugby e di alcuni giocatori della Benetton Basket. Ha maturato venticinque anni di esperienza in corporate training nell’ambito comunicazione d’impresa e sviluppo. Alle attività di training aziendale ha affiancato molti interventi come docente di comunicazione d’impresa in master internazionali con collaborazioni con Università degli Studi di Padova, Università Lumsa di Roma, IED Venezia, IULM Milano-Feltre, IUSVE Venezia.

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